Melbourne, tarda serata, Alexander Zverev, numero 6 del mondo, ha appena vinto il suo match di secondo turno agli Australian Open, una maratona durata 4 ore e 40 minuti, si presenta, come da prassi, in conferenza stampa, dove dovrà rispondere alle solite sulla partita, da parte dei giornalisti. La prima riguarda il suo avversario, se lo conosceva, visto che non lo aveva mai affrontato e in generale che tipo di giocatore gli fosse sembrato; il tedesco risponde, a metà tra il simpatico e l’arrogante, che non lo conosceva, anzi non l’avrebbe neanche riconosciuto se si fosse trovato nella stessa stanza con lui, una tipica risposta alla Zverev. Si passa alle domande in inglese, tutti si aspettano che si continui sulla stessa falsariga, ma la domanda della giornalista è ben diversa e sembra non avere nulla a che fare con il contesto in cui è pronunciata; riguarda infatti la possibile presenza di Zverev al processo che si terrà a maggio, in cui lui è accusato di violenza domestica. Il tedesco chiede alla giornalista di ripetere la domanda, sembra non aver capito bene, poi reagisce in modo stupito, “non è la domanda che mi aspetto dopo aver giocato 4 ore e 40, comunque non so davvero che dire, il processo è a maggio”. Si passa oltre, ma la domanda ormai è stata fatta e la risposta è stata data, non si può fare finta di nulla.
La vicenda che riguarda le accuse rivolte, da due ex fidanzate, ad Alexander Zverev, è oscura, non solo nei contenuti, dal momento che si parla di violenza domestica, ma anche nelle modalità; se provate a cercare informazioni sulla vicenda, vi renderete conto di quanto sia difficile trovare un resoconto dettagliato e completo di tutto quello che è successo, i principali media italiani hanno parlato della vicenda in modo superficiale, comprensibile dal momento che si parla di tennis (quindi di una nicchia, seppur di grandi dimensioni) e di un tennista straniero, eppure anche nei media internazionali, compresi quelli del settore, le informazioni sono incomplete e frammentate.
Riassumere la storia quindi non è facile, per farlo è necessario raccontare gli eventi per come si sono svolti, cercando di vedere, e questo è l’aspetto più interessante, come il mondo del tennis abbia reagito alla situazione. Il caso scoppia nel 2020, quando, tra fine ottobre e inizio novembre, un’ex fidanzata di Zverev, Brenda Patea, annuncia di essere incinta del tennista tedesco, aggiungendo però di voler crescere il figlio da sola; pochi giorni dopo, un’altra ex fidanzata, Olga Sharypova, prima con un post su instagram, poi con un’intervista rilasciata a Ben Rothenberg, pubblicata sul magazine Racquet, racconta di aver subito violenze da parte di Zverev. Il racconto di Sharypova è agghiacciante, si parla di violenze verbali e fisiche, di testa sbattuta contro il muro, tentativi di soffocamento e varie fughe dagli alberghi in cui alloggiavano per evitare situazioni peggiori. Il culmine del racconto però, è il tentativo di suicidio, avvenuto in una stanza d’albergo a Ginevra, in occasione della Laver Cup 2019. In seguito all’ennesimo alterco, Zverev colpisce con un cazzotto in faccia Olga, per poi abbandonare la stanza, la ragazza ha un crollo emotivo in cui tutto ciò che riesce a pensare è che non vorrebbe più essere lì, sparire, non importa come; trova dell’insulina nella camera (Zverev è diabetico) e, sapendo che su un corpo sano può provocare la morte, se la inietta, per poi chiudersi in bagno. Quando Zverev torna nella stanza e capisce cosa sta succedendo la prega di uscire, facendo intervenire anche un funzionario del torneo (che, per non rilasciare dichiarazioni in merito farà appello a una deontologia professionale che gli impone di non raccontare fatti privati dei giocatori) allo scopo di aiutarlo a convincere la ragazza ad aprire la porta, in modo che possano salvarla. Olga alla fine, confusa e in lacrime, apre la porta e i due riescono a salvarle la vita.
Nei giorni successivi alla testimonianza, Zverev taglia corto in risposta alle domande sull’argomento, dice cose strane vista la gravità della situazione (“in tanti cercheranno di togliermi il sorriso, ma sotto questa mascherina è smagliante”) e, dopo aver negato ulteriori commenti, qualche settimana dopo, a Londra, finalmente commenta la vicenda asserendo che “il modo in cui è stata descritta la nostra relazione in pubblico non è com’era. Non sono stato cresciuto così dai miei genitori. Sono veramente dispiaciuto che l’attenzione si sia spostata dallo sport che tutti noi amiamo, ovvero il tennis”.
Queste parole sono fondamentali per capire la vicenda, Zverev parla di “attenzione spostata”, come se, dal momento che abbiamo a che fare con un atleta di altissimo livello, tutto ciò di cui si dovrebbe parlare siano le sue prestazioni sul campo, indipendentemente dai comportamenti tenuti al di fuori. In un secondo momento il tedesco cambia parzialmente la propria strategia comunicativa, dicendo di essere disposto a dare il suo pieno appoggio alla creazione di una politica sulle violenze domestiche da parte dell’ATP. ATP che, dopo aver inizialmente ignorato la vicenda, avvia un’investigazione nei confronti di Zverev, conclusa, dopo un anno e mezzo, con la decisione di non prendere provvedimenti nei confronti del tennista tedesco, a causa di una mancanza di prove sufficienti.
Tre anni dopo le accuse di Olga però, Zverev si trova costretto a pagare una multa di 450.000 euro per lesioni personali, dal momento che è stata emessa un’ordinanza penale nei suoi confronti, alla quale il tedesco presenta comunque ricorso. La persona che sarebbe stata vittima di queste lesioni, seppur non nominata nel provvedimento, è Brenda Patea, ex fidanzata e madre del figlio di Zverev.
In un’intervista al quotidiano tedesco Suddeutsche Zeitung, avvenuta pochi giorni dopo l’ordinanza, la ragazza dichiara che la rabbia del tedesco, dovuta alla sua gelosia, più volte è sfociata in violenza fisica; i fatti, che non sono stati resi noti da Patea, per non anticipare i temi che verranno discussi a processo, sarebbero avvenuti a maggio 2020, in un Airbnb di Berlino, in cui Zverev avrebbe messo la ragazza con le spalle al muro, afferrandola per il collo durante il litigio. Secondo i documenti, gli amici di Patea avrebbero rilasciato delle testimonianze scritte in cui confermerebbero le ferite riportate dopo l’incidente, mentre, dall’altra parte, una perizia prodotta dal team legale di Zverev, dimostrerebbe come la dinamica dei fatti descritta da Patea non sarebbe compatibile con le ferite riportate. Il tedesco, che comunque rimane innocente fino a prova contraria, dovrà rispondere di queste accuse, (e di quelle di Olga, anche se solo in forma di affidavit, in quanto la ragazza, che ha dichiarato di volersi lasciare questa storia alle spalle, con ogni probabilità non testimonierà) in un processo che si terrà il 31 maggio (da qui la domanda della giornalista, riguardo alla sua presenza o meno).
Due considerazioni finali, dopo aver esposto i fatti, sono obbligatorie e riguardano la reazione del mondo del tennis alla notizia. Ebbene la reazione non c’è stata, nessuno si è esposto, tutti hanno agito come se non fosse successo nulla, i giocatori interpellati, Ruud, Dimitrov, Tsitsipas, Norrie i primi che saltano alla mente, hanno deciso di non esporsi; addirittura, il tedesco è stato eletto come membro del players council, ovvero rappresentante dei giocatori negli organi istituzionali ATP. Zverev è ovviamente innocente fino a propria contraria, nessuno ha il diritto di condannarlo prima del processo, ma fare finta di nulla, girare la testa per non vedere, sperando così che il problema scompaia, nascondere tutto dietro un silenzio quasi grottesco, non sembra essere la soluzione giusta, soprattutto perché al contrario - fuori dal mondo del tennis - tutti stanno parlando di questo caso, mediaticamente molto importante. L’unica a esporsi in qualche modo, con grande educazione e tatto è stata Iga Swiatek, numero uno del mondo, dicendo che, seppur l’argomento non la riguardi e non conosca bene la storia, promuovere a un ruolo istituzionale un tennista che sta affrontando delle accuse così gravi, non sia certamente positivo. Il tennis è uno sport che si basa sul silenzio, eppure in certi casi, è emblematico come quel silenzio cercato in maniera ossessiva sul campo da gioco, faccia così tanto rumore da dare fastidio, al di fuori di esso.