Jannik Sinner ha vinto anche a Miami, nella domenica di Pasqua: a Dimitrov, nella finale del Master 1000 in Florida, ha lasciato appena 4 game in due set, ha alzato il trofeo del trionfatore e ha concesso a chi cura i suoi account social l'hashtag #13 nel rituale post di saluto con la coppa in mano, perché tredici sono i suoi successi oggi. L'Open di Miami è il suo secondo Master 1000 dopo quello di Toronto nell'agosto del 2023, sul cemento, laddove è partita non certo la sua carriera, ma la sua epopea mediatica.
Citando solo i successi, da allora si annoverano i 500 di Pechino e Vienna, la Davis vinta da trascinatore (un trionfo di squadra, ma la squadra era lui), l'Australian Open, il 500 di Rotterdam, appunto Miami. C'è pure la semifinale di Indian Wells da mettere nel conto per un atleta che, oggi, appare come la Ferrari ai tempi di Schumacher, e non certo per una questione di tinta: il Rosso che vince, come la Rossa che vinceva, prima della scalata si è trovato anche al centro di critiche insensate, pretestuose, stupide. Poi, col trionfo, tutti sul carro: Sinner è una lieta meraviglia e, come quella Ferrari, dà il senso del dominio in un percorso di vittoria inevitabile.
E cioè: aveva già un 500 (Washington, 2021) ed è arrivato il 1000, dopo il 1000 ci si attendeva lo Slam ed è arrivato a stretto giro, dopo lo Slam gli si chiedeva la top 3 ed eccola raggiunta. Attualmente, dopo Miami, Sinner è salito al secondo posto del ranking Atp, e così, piuttosto inevitabilmente, è partito il countdown su quando e dove raggiungerà il primo posto nel ranking mondiale. A dire la verità, esperti e veggenti studiano i numeri del 2023 per cercare il punto di caduta nel 2024 già da qualche mese, ma in questo momento il primato è un'ossessione tutta mediatica. Non quella di Sinner, che non ha mai fatto mistero di puntare proprio al numero 1. Primo indirizzo conosciuto? Un'intervista al Corriere del Veneto, dorso locale del Corriere della Sera, maggio 2019: Sinner non è ancora maggiorenne, ha da poco vinto il Challenger di Bergamo, è appena uscito al secondo turno dei suoi primi Internazionali d'Italia, è al numero 210 del ranking. Chi lo intervista, Francesco Barana, gli chiede quale sia il suo obiettivo. Risposta? Una, chiara: il numero 1.
Bene: ora che Alcaraz è stato superato e davanti c'è solo Djokovic, l'occasione è propizia per completare una scalata il cui countdown Sinner non ha cominciato da una manciata di mesi, ma da anni, e che in teoria potrebbe portarlo a salire in vetta entro l'estate perché, per come funziona il ranking, nella stagione della terra rossa il più grande tennista italiano di sempre ha da difendere meno punti rispetto a quelli che dovrà confermare Djokovic, e pure di quelli che sono chiamati a difendere Alcaraz e Medvedev, che sono alle sue spalle. Nei prossimi tre mesi insomma l'allungo su questi ultimi può diventare significativo e il sorpasso sul serbo è una possibilità tutt'altro che remota.
Detto questo, Sinner in questo momento è una macchina perfetta, ma anche le macchine perfette possono rallentare, o scegliere di farlo. È l'ossessione di cui sopra l'aspetto più deteriore, per i media, non certo per lui, perché ora va di moda attendersi la Luna da lui. Ma se, per qualche motivo, l'attacco al primo posto non dovesse riuscire nei prossimi mesi, avverrà più avanti, senza drammi, ma con il passo che lo ha visto ottenere e superare tutti i traguardi che andavano superati. Perché Sinner non è ingiocabile, lo sanno benissimo i suoi avversari: è ineluttabile, e (per gli altri) è anche peggio.