I test della MotoGP sono sempre un bel momento, perché il paddock lavora ad un ritmo più rilassato rispetto al weekend di gara: i piloti, che per istinto guardano sempre avanti, ai risultati del giorno prima non ci pensano più, di giornalisti ce ne sono meno, i tempi sono dilatati. In breve, le giornate di test sono tra le più godibili in questa MotoGP frenetica e sempre alla rincorsa dello spettacolo. Così durate i test ti puoi prendere una mezz’ora per guardare i piloti fare prove di partenza, discutere nel box con chi ci lavora, scattare foto alle nuove componenti, osservare i piloti in una curva piuttosto che in un’altra. Nel lunedì di Jerez c’erano, oltre a tutto questo, tre ragazzi appoggiati al guardrail della corsia box con la stessa espressione di chi è appena uscito da una doccia fresca dopo un lungo allenamento: rilassati, un filo stanchi e con niente da dimostrare. Trattasi delle prime linee dell’Official Pecco Fan Club, ragazzi impegnati nei circuiti europei per gestire il merchandising di Bagnaia, chiacchierare con i suoi fan e soprattutto guardare da vicino quel loro amico che oggi, di fatto, è l'uomo più veloce al mondo su di una moto. Hanno 25 anni e grazie alle corse sono entrati nell’età adulta passando da uno scivolo di velluto: hanno una vita piuttosto diversa dai loro coetanei e tutta l’aria di chi sa godersela. Così, mentre i piloti provano nuovo materiale, ne approfittiamo per scambiare un paio di battute con loro. “A me avete già intervistato”, dice uno dei tre, Gioele, sorridendo. Hanno ancora in testa la bella vittoria di Pecco sul circuito spagnolo e si godono il sole in attesa del volo di rientro. Emanuele guida la compagnia, parla svelto e si gira una sigaretta tra una risposta e l’altra. Alessandro - che gli altri due chiamano Pina - racconta le sue emozioni con grande trasporto. Gioele, invece, è uno preciso, parla meno e interviene solo sui dettagli, ma dei tre è quello che conosce da più tempo l’amico. Nella foto di apertura Emanuele è in alto a sinistra, a fianco c'è Alessandro e sotto a tenere la bandiera c'è Gioele.
Siete le fondamenta dell’officiai Pecco Fan Club. Come è andata?
“Abbiamo iniziato tanti anni fa, ma non c'era mica l’idea di creare il fan club, quello è venuto abbastanza naturale. Eravamo un gruppo di amici che da sempre seguiva Pecco alle gare. È diventato un po’ più ufficiale nel 2017”.
Ma come è cominciato tutto?
“Era il 2013”, risponde Emanuele. Alessandro torna ancora più indietro: “Lo seguo da quando corre nelle minimoto e poi un poco alla volta sono andato nel resto d’Italia. La prima volta all’estero era il 2012 per il CEV, a Jerez. C’era un gran vento. Da lì ho capito che volevo andarci sempre, le gare dal vivo sono sempre un’emozione, anche se va male”.
Andavate a scuola con lui?
“Sì, ma Pecco a scuola è meglio non raccontarlo”.
Beh, invece dovete raccontarlo… difficilmente proverà il test di medicina a settembre.
“Diciamo che facendo il CEV aveva tanti impegni, gare in Spagna… ogni tanto la scuola passava in secondo piano, anche se per il resto andava benissimo. Eravamo sempre seduti lontani perché vicini diventavamo un problema. Era un po’ pilota anche a scuola Pecco, quando c’era da fare bordello aiutava, non sembra ma in realtà lui è uno molto scherzoso”.
Quindi come rispondete a chi dice che Pecco Bagnaia è un pilota serioso?
“Mah, ognuno è fatto a modo suo, lui magari ci mette un po’ ad aprirsi con la gente. Col pubblico è un po’ più riservato, ma con noi è un personaggio notevole”.
L’impressione è che quest’anno col titolo abbia acquisito una consapevolezza diversa. È così ache per voi?
“Si, però queste cose magari non le notiamo tanto perché per noi è un amico, non facciamo tanto caso ai cambiamenti. Sicuramente è diverso, vincere un mondiale ti dà tanta sicurezza e capisci che puoi starci dentro, che è il tuo. Quando ha vinto le prime gare ci ha detto che qualcosa era cambiato, ed è proprio vero che vincere aiuta a vincere”.
Quand’è che la storia del fan club si è fatta seria?
“Nel 2017, mentre Pecco era al primo anno di Moto2 con Sky. Con loro abbiamo deciso di ufficializzare la cosa e ci siamo messi a creare la struttura aprendo la prima sede a Chivasso, Pecco ha fatto il muratore con noi: ci ha creduto un sacco dandoci una grossissima mano… ci sono ancora i video da qualche parte di noi che montiamo i mobili, imbianchiamo le pareti. Lui vuole mantenere un rapporto famigliare con gli appassionati, ma ovviamente più vai avanti e più diventa difficile. Nei primi anni facevamo le cene tutti assieme, ora la cosa richiede più lavoro anche perché cerchiamo di metterlo sempre nella condizione di stare sereno: un conto sono gli impegni di un ragazzo che corre in Moto2, un altro quelli di un campione del mondo della MotoGP che corre nel team ufficiale”.
A voi fa un po’ impressione il suo successo?
“È difficile farci l’abitudine, ogni tanto succedono cose pazzesche. L’anno scorso per esempio, quando ha vinto a Misano: siamo andati a mangiare i tortellini in un posto vicino al circuito, eravamo a pranzo assieme, traquilli. All’uscita la gente ha cominciato ad inseguirlo -ma in macchina, mica a piedi - per avere un autografo senza nessuna possibilità di prenderlo poi. Ma la più bella forse è stata al Mugello l’anno scorso. Noi non lo vediamo tanto come il pilota, lo conosciamo come amico. Fatto sta che lui vince e lancia un guanto o una saponetta - a parte le mutande quella volta deve aver lanciato tutto - e la gente si è tuffata a prenderlo in gruppo, era una bolgia. Quando abbiamo visto questa scena abbiamo detto ok, è successo qualcosa”.
Succede mai che vi telefoni dicendo ‘oh, mi hanno prestato una Lamborghini!’ o cose del genere?
“Lui è un lord inglese, quindi non ti dice niente. Ti fa ‘esci? ti passo a prendere?’ e magari si presenta con una macchina spaventosa e a quel punto ti tocca fare ‘sto giro in macchina…”
Come è stata la festa di Valencia?
“All’inizio eravamo molti, una sessantina. Poi siamo stati tra di noi tutti insieme, ma diciamo che la festa vera l’abbiamo fatta a dicembre in un baretto, tra amici. Una cosa tranquilla però”.
Vi chiede mai consigli?
“No, ma quando chiediamo noi delle cose a lui Pecco è sempre molto disponibile, prova a spiegarci tutto. La verità però è che con lui non parliamo tanto di moto, anzi quasi per niente”.
Seguirete tutte le tappe europee?
“Sì, e ogni tanto ci diamo il cambio. Le gare più belle però sono quelle in Italia, lì quando esci dal paddock vedi la gente completamente impazzita. A Misano c’erano più di quattromila bandiere per lui, la gente con gli striscioni, le inquadrature in televisione… Quella roba vale più di una vittoria, ci siamo emozionati fino a piangere. E la verità è che lui se lo merita davvero, ha fatto tanti sacrifici ed è sempre molto disponibile con chiunque. Questa cosa passa, la gente allo stand ci dice di ringraziarlo”.
Quanti mondiali deve vincere Pecco Bagnaia?
“Il più possibile, ma già questi due sono stati una cosa pazzesca. Ma abbiamo ancora stampato il ricordo di Valencia, quando il giorno della gara siamo arrivati alla mattina per mettere le bandiere. Erano le sette, ci siamo guardati e abbiamo pianto un po’. Poi quando sei lì un po’ rimani nella tua bolla e non te ne rendi tanto conto, ma a un’ora della gara comincia a salirti l’adrenalina”.
Voi fate la Domizia-Carola, guardando la gara dall’applicazione coi tempi?
“Uno di noi sì, guarda le gare sull’excel. Un altro deve commentare tutto, l’altro ancora sta zitto in tensione a fumare mille sigarette. Io (Alessandro) a Valencia ho solo pianto, per tutta la gara. Ho visto il primo giro e poi non ho mai smesso. Sembrava di essere in un film, agli ultimi due giri non capivamo niente. È arrivata Dorna e ci ha dato le magliette, abbiamo solo sentito ‘entrate, entrate’: la gara era finita senza che ce ne fossimo accorti”.
Un regalo da fare a Pecco?
“Un bel paio di Jordan, oppure qualcosa per la cucina. Magari anche una cena fuori. In tanti invece ci scrivono delle lettere, o delle foto da far autografare e questo è sempre bellissimo. Quando torna a Chivasso gliele facciamo firmare e poi le rispediamo. Anzi, ultimamente ne arrivano un po’ meno, infatti se qualcuno vuole può scrivere a Corso Galileo Ferraris 136 a Chivasso, Torino”.
Cosa fate se vince quest’anno?
“Non ci pensiamo neanche, ma anche quando vince le gare non è quello che conta davvero. È il tutto che ci riempie il cuore. E anche la festa non è da organizzare, esce fuori sempre da sola”.
Vi è mai venuto in mente di fare qualche scenetta come faceva il fan club di Valentino Rossi?
“Quest’anno qualcosa vedrete! Abbiamo avuto delle belle idee, bisogna vedere se si potranno fare…”
Ma lui è come un laureato quando vince, lo potete obbligare a fare la qualunque!
“No, non possiamo obbligarlo, però magari senza dirglielo… glielo possiamo sbattere lì e a quel punto può solo accettare”.