Ci piacciono i colpevoli, i rimproveri, le lamentele. Per ogni tragedia, ogni disastro e ogni dramma ci piace trovare qualcuno su cui scaricare le colpe, dimezzando l'angoscia e aumentando la rabbia. Così è da sempre e così è anche questa volta mentre il cuore dell'Italia ancora lotta per riemergere dall'acqua alta da cui è stata travolta. L'Emilia Romagna e i suoi abitanti si rimboccano le maniche e scavano, nuotano, cercano soluzioni impossibili, piangendo per morti, dispersi, feriti. Case che non esistono più, ricordi persi dentro ad armadi allagati, pavimenti ricoperti di fango.
Li intervistano, quelli che riescono a parlare, e la forza di questo popolo è disarmante, fatta di una pasta che dovrebbe lasciare tutti senza parole: un papà racconta di avere un figlio di quattro mesi, quasi scusandosi, perché "purtroppo non eravamo preparati, ci mancavano latte e pannolini". Basta il sole di un giovedì finalmente sereno però a rimetterli in piedi, con la schiena dritta di chi davanti al dolore risponde con il lavoro. A Cesena lungo le strade ricoperte di fango gli abitanti cantano "Romagna mia" mentre con stivali di gomma e scope già pensano a ripulire la loro città.
È questo lo spirito di chi davvero oggi potrebbe concedersi il diritto di piangere, cercare colpevoli, avere solo rabbia addosso, veleno da sputare dopo aver perso tanto, troppo. E invece no. In Emilia Romagna si lavora, si pensa già a come andare avanti.
Così tra le strade di Faenza, uno dei comuni più toccati dall’alluvione di questi giorni, ad aiutare i cittadini c'è anche un giovane giapponese che di emiliano, nelle vene, non ha molto. Lo spirito però è decisamente quello giusto. Yuki Tsunoda, pilota di Formula 1, ha vissuto sulla propria pelle il dramma di Faenza: lo ha visto, era lì. E vedendolo non ha potuto fare altro che sentirlo come suo. Ha assistito alla distruzione di una città, la sede della sua scuderia Alpha Tauri, all'annullamento di un Gran Premio, allo slittamento delle priorità di tutti, le sue comprese.
Che sia stato il vissuto di questi giorni, o la cultura giapponese di grande altruismo da cui proviene, ma Yuki a Faenza è rimasto. Anche giovedì, il giorno in cui sarebbe potuto ripartire in sicurezza così come molti altri hanno fatto lasciando Imola e dintorni, il pilota ha scelto di restare. Come gli uomini del suo team è sceso in strada, ha pulito, ha lavorato, ha fatto qualcosa di molto diverso rispetto a quello che avrebbe pensato di fare in un giovedì altrimenti dedicato alle interviste in pista.
Spirito romagnolo per un grande cuore giapponese, in una lezione di vita, di rispetto e di impegno che dovrebbe servire a tutti noi. Per chi da casa propria - con ancora il riscaldamento acceso - si lamenta del cambiamento climatico che avrebbe causato questo disastro, della mancanza di competenze del governo, delle regioni, dei comuni che non avrebbero gestito bene la pulizia dei fiumi, o l'inizio dell'emergenza. Per chi dal proprio divano dice "ogni anno è la stessa storia", "ogni volta che piove finisce così". Per chi sottovaluta la gravità di questa tragedia, compreso un meccanico Red Bull di 27 anni oggi al centro delle polemiche per aver pubblicato sui social un video in cui minimizzava il disastro della regione.
A lui, e a tutti quelli che preferiscono trovare colpevoli al posto di soluzioni, lamentele invece di aiuti, andrebbe mostrata la fotografia di Yuki a Faenza. Che di un popolo e di una terra non sue si è preso cura, con gentilezza, amore e i piedi nel fango.