Il dubbio era di averlo già scritto: “in Honda non si dorme”. E in effetti era già stato scritto. Solo che Alberto Puig l’ha detto di nuovo, a distanza di poco più di una settimana, dopo l’ultimo test a Jerez. E’ il segno che persino lui, il manager spagnolo che ci mette la faccia per HRC, ormai non sa più cosa dire. E è costretto a ripetere le stesse cose. “Non siamo dove vorremmo essere. Nel test abbiamo provato molte cose e i nostri quattro piloti hanno portato in pista soluzioni diverse, ma ancora non ci siamo. Non siamo dove vorremmo essere”.
Una ammissione senza nascondersi, la sua, con Puig che però, pur ostentando meno sicurezza del solito, ci tiene a ribadire che gli ingegneri giapponesi stanno lavorando sodo e che “l’unica cosa da fare è continuare a lavorare alla ricerca di una soluzione”. Un modo per rinnovare la piena fiducia all’azienda che gli paga lo stipendio – e che l’ha tenuto al timone anche in questo mondo in cui il timoniere è sempre il primo a saltare – ma pure una involontaria confessione di qualcosa che ormai è sotto gli occhi di tutti: si va per tentativi. Persino in Honda. Perché una strada chiara non c’è e perché comunque il nuovo regolamento che entrerà in vigore dal 2027 suggerisce di non investire troppo in un nuovo progetto che tra appena due anni non potrà più essere neanche sviluppato.
E’ qualcosa che un Alberto Puig, che fa il manager, può anche capire e condividere. Ma è pure qualcosa che chi fa il pilota non capirà e non condividerà mai. Ecco perché il grande dramma di Honda, oggi, non è tanto avere una moto meno performante di tutte le altre, ma trovare qualcuno che possa avere la pazienza di aspettare davvero. Quel qualcuno, di sicuro, non è Joan Mir, il cui manager sta suonando a tutti i campanelli possibili per garantire all’ex campione del mondo una nuova sistemazione, fosse anche in una squadra privata e con uno stipendio notevolmente ridotto. Chi ha sposato la causa, invece, sono Johann Zarco, ormai a fine carriera e intenzionato a garantirsi anche un dopo, e Luca Marini, che è ancora relativamente giovane e sembra voler diventare una sorta di punto di riferimento di un progetto a lungo termine, come fu Andrea Dovizioso per Ducati. Due che, anche se per ragioni diverse, sono stati disponibili a non concentrarsi sull’immediato, con Honda che però non può permettersi di aspettare il 2027 senza fare niente. O, peggio, facendo cose che continuano a rivelarsi sbagliate. Il prototipo portato in pista a Jerez da Stefan Bradl è stato bocciato da tutti e questo non aiuta nella ricerca di altri due piloti, magari di nome e che abbiano un peso anche dal punto di vista del marketing, che possano sostituire Mir e Nakagami.
Chi non s’è fatto problemi a dirlo è Lucio Cecchinello, da sempre al timone del team satellite di Honda che, proprio rispondendo a una domanda sul mercato piloti, come riportato dalla testata spagnola Motosan, ha spiegato: “E’ difficile accettare di vedere la propria moto nelle retrovie nonostante tutti gli sforzi. Al momento abbiamo un impegno con la Honda per il 2025 e stiamo discutendo del rinnovo. Per quanto riguarda Nakagami, è prematuro parlare di sostituzioni, visto che le priorità sono altre . Naturalmente, la mancanza di risultati non è colpa sua. Lo stesso vale per Marini. Prima di pensare a cambiare piloti dobbiamo sistemare la moto”. Solo che anche per sistemare la moto c’è bisogno di essere impeccabili e di saper aggirare ogni tipo di difficoltà e in Honda, invece, si fanno i conti pure con problemi che in passato non sarebbero mai sorti. Come quello che ha fatto saltare il test a Barcellona previsto per la settimana successiva a quella del GP delle Americhe. A svelare quello che è accaduto – ossia un nuovo pasticcio - è stato lo stesso Cecchinello: “Avremmo dovuto fare dei test a Barcellona, ma c’è stato un disguido logistico per il trasporto dei materiali dagli USA all’Europa e è saltato tutto. Recupereremo il tempo perso con un altro test privato che faremo al Mugello subito dopo il fine settimana di LeMans”.