"Esigenze tecniche, fisiche e mentali del motociclismo veloce" è il nuovo libro di Chico Lorenzo, padre e allenatore del cinque volte campione del mondo Jorge, che presenta il suo "metodo Lorenzo". Una sorta di manuale su "come diventare campioni del mondo di motociclismo" che, se non fosse che ne ha già allenati tre, suonerebbe un po' pretenzioso. Sì, perché Chico dopo l'esperienza (burrascosa) con il figlio ha aperto a Maiorca una scuola di motociclismo, da cui sono usciti due campioni del mondo, Joan Mir e Izan Guevara, e un vice: Augusto Fernandez.
Risultati importanti, ottenuti però con un metodo che non a tutti piace o convince... Jorge stesso ha avuto un rapporto decisamente controverso con il padre, legato proprio al suo "metodo" che prevede fatica, privazioni e lavoro duro. "Adesso voglio iniziare una nuova fase del mio percorso di allenatore - ha dichiarato Chico alla presentazione del volume - voglio lavorare con atleti che abbiano la possibilità di diventare campioni e non solo con giovani piloti". In effetti l'unico che ha saputo vincere nel tempo è stato il figlio Jorge, mentre sugli altri piloti che corrono ora nel mondiale e che ha allentato dice che "andrebbero rimproverati. Hanno dimostrato di avere talento, di poter essere campioni, ma si stanno addormentando. Devono tornare ad avere l'atteggiamento che avevano quando non erano ancora campioni se vogliono tornare a vincere. Tutti e tre hanno qualità e carattere, hanno moto competitive, sanno cosa significa vincere... manca l'atteggiamento giusto".
E per non farsi mancare nulla ha parlato anche di suo figlio e, in particolare, del momento del suo ritiro: "A trent'anni era già stanco, perché era salito sulla moto che ne aveva tre. Non solo era stanco, ma pesavano tutti gli anni in cui non ha potuto fare le cose che facevano i suoi coetanei, perché devi sacrificarti, prenderti cura di te come se fossi un monaco. E poi anche il coraggio non è più lo stesso di quando si è giovani". Insomma, le basi del metodo Lorenzo sembrano essere sempre le stesse: sacrificio, fatica, lavoro e sofferenza. Però proprio nelle sue parole ci sembra di vedere il limite di questo metodo. Jorge ha vinto cinque mondiali, a trentadue anni si è ritirato "stanco" dalle (e delle) corse. Al termine della conferenza stampa in cui annunciava il ritiro alla domanda: e ora? La risposta fu "basta corse, adesso mojito e spiagge".
Gli altri campioni usciti dalla sua scuola sono, per sua stessa ammissione, finiti un po' nell'ombra. Possiamo pensare, a questo punto, che è un metodo che sfinisce i piloti, che fanno talmente fatica a raggiungere quel risultato che, una volta arrivati, non vedono l'ora di andare in pensione. Forse c'è un altro metodo, di un pilota che non solo ha vinto da solo più di tutti quelli cresciuti da Chico, ma che si è ritirato dieci anni dopo, che continua a essere presente nel motomondiale con un suo team e con tanti "suoi" piloti e lui stesso corre ancora in macchina. Per chi proprio non ci fosse arrivato (penso nessuno) parliamo di Valentino Rossi e della sua VR46 Academy. E non è che da quelle parti non si lavori, anzi, ma passione e divertimento sono i veri punti di forza. Si chiama imprescindibilità delle emozioni. Come diceva in tempi non sospetti Charles Péguy, poeta e scrittore vissuto a cavallo tra '800 e '900, "se vuoi costruire una nave, non radunare uomini solo per raccogliere il legno e distribuire i compiti, ma insegna loro la nostalgia del mare ampio e infinito".