Si nota subito quanto a Rocco Mazzola e Pietro Delli Guanti piaccia raccontare della loro stagione. Scherzano e si guardano complici, ma quando bisogna parlare delle loro avventure nel motorsport si fanno seri, pronti a raccontare delle loro piccole grandi carriere che nel 2024 hanno preso una strada importantissima. I due talenti scelti da Audi Sport Italia, insieme a Tresor Competition, si sono giocati il titolo italiano nel campionato GT Sprint fino all’ultimo round, dove si sono comunque laureati vice campioni della serie promossa da Aci Sport, sorprendendo tutti in più di un’occasione. Infatti, nella loro stagione di debutto non si aspettavano di andare subito a caccia del campionato, soprattutto sfidando campioni del mondo GT con il coraggio di due esperti: invece, gara dopo gara sono riusciti a costruire una stagione che li ha portati ad essere i due giovani italiani di cui parlare perché davanti a tutti nel Campionato Italiano, che negli ultimi anni ha fatto da palestra a coloro che sono diventati alcuni dei migliori piloti del panorama endurance, come Antonio Fuoco e Mattia Drudi.
Abbiamo parlato con loro la mattina dell’ultima gara del weekend, in scena a Monza insieme al resto dei principali campionati nazionali, e l’intervista doppia racconta di due ragazzi che, nonostante i vent’anni e la consapevolezza di dover fare ancora tanti sacrifici, sono più che determinati nel realizzare il proprio sogno. Delli Guanti tra i due è quello più spigliato, un po’ più a suo agio vista la sua esperienza anche nel GT World Challenge, ed è quasi sempre il primo a prendere la parola, mentre Mazzola, un po’ più timido, aspetta che il suo compagno abbia finito di parlare ma diventa subito un chiacchierone, soprattutto quando deve raccontare dei momenti più emozionanti della stagione. In pista invece i due sono decisamente sulla stessa lunghezza d’onda e i sorrisi in casa Audi quest’anno non sono certamente mancati: ecco com’è andata la chiacchierata con Rocco e Pietro.
Iniziamo con una domanda facile: come vi siete appassionati al mondo del motorsport e come avete iniziato a correre?
Pietro: Mio padre correva, sia in moto che in macchina tra rally e GT, quindi l’ho sempre seguito fin da piccolino in pista finché non mi sono appassionato anche io. Poi i ruoli si sono invertiti ed è diventato lui a seguire me e a supportarmi nella mia carriera, dando sempre il suo 100%.
Rocco: Anche nel mio caso c’entra mio padre, che è addirittura più appassionato di me. Una volta mi ha portato a vedere una gara di GT a Misano e quando è finita gli ho detto che volevo correre anche io. È stato proprio lì che ho capito che volevo fare il pilota. Di solito infatti sono i piloti che devono convincere il papà a farli correre, ma nel mio caso è stato lui a convincere me.
Ve la ricordate la prima volta sul kart? Eravate un po’ spaventati o fin da subito vi siete sentiti nel vostro elemento?
Rocco: Certo, io ero contentissimo! Tra l’altro non era nemmeno chissà che gara, eravamo in tre a partecipare ma per me è stato bellissimo lo stesso.
Pietro: Io addirittura l’ho vinta la mia prima gara! Hanno squalificato il primo e io ero arrivato secondo, quindi tra i dieci che eravamo ho vinto io. Sono partito subito carico infatti!
Cosa vuol dire per un bambino correre in kart a livelli importanti? Si sente già una certa responsabilità?
Pietro: Per me è sempre stato bellissimo perché sono sempre stato consapevole del fatto che quello che facevo io non potevano permetterselo tutti. È fuori dalla quotidianità della maggior parte delle persone. Il motorsport è uno sport bellissimo ma può essere anche uno dei più duri quando lo si fa ad alti livelli, serve dedizione e toglie tanto tempo alla vita privata. Forse la cosa più difficile per un bimbo è proprio quella, accettare il sacrificio.
E quando vi siete resi conto che volevate fare questo nella vita?
Rocco: Nel momento in cui siamo saliti sul kart penso che nessuno di noi abbia pensato già a voler diventare un pilota professionista, o almeno io non lo sognavo nemmeno. Crescendo poi si inizia a capire che effettivamente si può fare, anche se bisogna mettere in conto tutte le difficoltà del caso. Per me il momento chiave è stato arrivare nel mondo delle macchine, dove ho realizzato che sì, è davvero difficile, ma che quella possibilità di realizzare il mio sogno esiste e vale la pena lottare per realizzarlo.
Fin da piccoli bisogna fare i conti con tante cose nel mondo del motorsport. Budget, sacrifici, disciplina, coordinare gli studi: per voi è sempre stato semplice o ci sono stati dei momenti in salita?
Pietro: Per me ci sono stati tanti momenti difficili. Quando mi sono trovato in paddock grandi come quello dei campionati di kart europei mi sono confrontato con piloti completamente diversi da me, che avevano anche il doppio del mio budget. Lì sapevo che le cose un pò’ si sarebbero complicate. L’importante però per me è stato affrontarli senza pesantezza, cercando di vedere comunque il bicchiere mezzo pieno e credendo comunque in me stesso.
Rocco: Per me il motorsport è sempre stato lo stimolo più importante nella mia vita. Mi ha dato la forza di voler andare bene a scuola anche se avevo delle difficoltà, dandomi disciplina. Quindi forse nel mio caso è stato più un antidoto per i miei momenti difficili fuori dallo sport.
E avete mai pensato di abbandonare?
Rocco: Mollare il motorsport mai… la scuola sì!
Pietro: Io l’università! Però ecco, scherzi a parte il motorsport finché ne avrò possibilità non lo mollerò mai.
Entrambi avete avuto qualche esperienza in monoposto ma alla fine è stato il GT a conquistarvi. Come mai?
Pietro: La maggior parte dei piloti passano in GT per via del budget, per una mancanza economica e anche per noi è stato così. Ad oggi però personalmente non mi pento e non mi manca per niente il mondo delle formule perché mi sono letteralmente innamorato del GT e delle gare endurance.
Secondo voi il mondo dell’endurance in questo momento è quello che dà più opportunità ai giovani di poter diventare piloti professionisti?
Pietro: Sì, è così. Basta pensare che in Formula 1 ci sono solo venti sedili, nel mondo delle ruote coperte invece c’è almeno il doppio della disponibilità. Per ogni macchina ci sono più piloti, ogni casa costruttrice ha più equipaggi e c’è proprio più spazio per crescere.
Questa è stata una stagione di debutto in più sensi per voi. Nuovo team, nuova macchina ma anche nuova categoria, la GT3 PRO nel Campionato Italiano GT: com’è stato iniziare così?
Rocco: Appena ho ricevuto la chiamata del team sono stato contentissimo. Poi quando ho scoperto che avrei avuto Pietro come compagno di squadra, uno di quei piloti che conosco da tantissimo e che stimo, ho capito che sarebbe stata una bella stagione. Tra l’altro gli obiettivi erano abbastanza contenuti, perché essendo il nostro primo anno nella categoria PRO volevamo principalmente fare esperienza e percorrere più chilometri possibile. Alla fine abbiamo lottato per il campionato fino alla penultima gara, quindi…
Pietro: Peccato non essere riusciti a chiudere in bellezza, con la vittoria del titolo italiano, ma comunque se guardiamo al lavoro fatto insieme durante tutta la stagione non possiamo non essere soddisfatti.
Anche l’abbinamento Mazzola-Delli Guanti è tutto nuovo ma tra voi è nata subito una bella amicizia. È importante avere un compagno di squadra con cui si è in confidenza?
Pietro: Non è essenziale, ma sotto certi punti di vista fa la differenza. Qui si corre in due, quindi bisogna saper lavorare bene insieme per andare nella stessa direzione. Più c’è confidenza e più possiamo parlare con tranquillità e chiarezza, quindi alla fine influisce parecchio sul risultato.
Rocco: Il motorsport poi è uno sport di squadra, soprattutto il GT, quindi è importante avere qualcuno di compatibile con cui guidare. Pietro per me quest’anno è stato anche una guida, sono cresciuto tantissimo in termini di prestazioni ed è sicuramente anche grazie all’amicizia che abbiamo instaurato.
E come si prepara una gara quando si è in due a dover guidare?
Pietro: C’è sicuramente tanto lavoro da fare. Noi riguardiamo spesso i nostri onboard prima della gara per osservarci l’un l’altro e prendere i giusti riferimenti. Poi parliamo tantissimo di tutto quello che potrebbe succedere in gara, dalle penalità che potrebbero darci o degli ostacoli che potremmo trovare. Invece nel tempo libero durante la giornata cerchiamo sempre di fare almeno una prova di pit stop, essendo che dobbiamo scambiarci alla guida in maniera rapida e agile, così che in gara arriviamo con la sicurezza di averlo provato almeno una volta.
Rocco: Prima del weekend di gara invece lavoriamo tanto sul simulatore, che ci aiuta a prendere confidenza con la pista anche se, ovviamente, non è uguale alla vettura, quindi non conta quanto i test che facciamo durante la stagione budget permettendo.
Qual è stato il momento più bello finora?
Rocco: La vittoria al Mugello è stata magica. Siamo partiti in prima fila e abbiamo giocato di strategia, prima è salito Pietro e poi il secondo stint l’ho fatto io. Mi sono ritrovato primo a dettare il ritmo ma con il nostro diretto rivale in campionato attaccato agli scarichi. Siamo stati metà gara a battagliare e tagliare la linea del traguardo primo nonostante tutto è stata una sensazione incredibile. È stato un po’ come vincere il campionato.
Siete i due giovani italiani che più si sono fatti notare quest’anno: sentivate la pressione?
Pietro: Certo, quella c’è sempre, ma allo stesso tempo eravamo davvero tanto determinati perché volevamo andare a prenderci questo campionato con il sorriso e con la consapevolezza di aver fatto una stagione bellissima. Avevamo voglia di dimostrare il 100%.
Rocco: Diciamo che in questo caso eravamo più gasati che altro, potevamo arrivare davanti a due professionisti come Jens Klingmann e Raffaele Marciello, che sono piloti ufficiali BMW, mentre noi invece siamo al nostro primo anno insieme. Sapevamo anche che non sarebbe stato semplice, ma ci siamo quasi riusciti ed è comunque bello.
E secondo voi per il motorsport italiano cosa vuol dire aver avuto due talenti così competitivi davanti a tutti?
Pietro: Secondo me vuol dire tanto perché i piloti italiani da sempre hanno molta meno disponibilità economica rispetto al resto, infatti sono pochissimi quelli che corrono nei mondiali ed è difficile trovarli. Anche nel Campionato Italiano stesso non siamo tantissimi, soprattutto giovani, quindi è una soddisfazione per noi poter portare la bandiera italiana in alto e speriamo che lo sia stato anche per chi ci ha seguito.
Anche in Formula 1 stiamo vedendo tanti giovani debuttare, tra cui Kimi Antonelli, con cui siete cresciuti insieme in pista. Cosa pensate del suo debutto con la Mercedes?
Rocco: Siamo contentissimi per loro, anche perché è il sogno di tutti arrivare in Formula 1. D’altra parte sono quelli che sono riusciti a dimostrare il loro talento e a cogliere anche tutti i momenti di fortuna, quindi anche un po’ più bravi di noi se possiamo dirlo! Kimi Antonelli lo conosciamo dai tempi del kart, lui ha sempre dato il massimo anche quando magari non aveva i mezzi migliori per farlo e se lo merita tantissimo quel sedile. Stesso discorso vale anche per Gabriele Minì, un altro italiano che potrebbe portare la nostra bandiera in alto.
E voi ci avete mai pensato alla Formula 1?
Pietro: Certamente, da piccoli lo sognavamo come tutti. Poi è un sogno che svanisce man mano che si cresce e si capiscono le dinamiche di questo sport. Per me sarebbe altrettanto bello arrivare nel mondiale endurance, nel WEC, o nella categoria massima del GT World Challenge… quella è la nostra Formula 1.
Invece quali sono i vostri progetti per il futuro? Tra dieci anni dove vorreste vedere Rocco e Pietro?
Rocco: Sicuramente come piloti ufficiali di qualche casa costruttrice nel GT World Challenge o nel WEC, magari a correre alla 24h di Le Mans.
Cosa consigliereste a chi sogna di fare il pilota?
Pietro: Correre a questo livello richiede tanti sacrifici e impegno, ma bisogna coordinarlo al divertimento, perché serve anche quello. Quindi consiglierei di divertirsi e di non dare mai per scontato quello che si fa, perché già essere qui nel Campionato Italiano GT è una responsabilità importante, figuriamoci man mano che si scalano le varie serie.
Invece ai piccoli Rocco e Pietro che iniziavano a muovere i primi passi nel mondo del motorsport cosa direste?
Pietro: Questa è una domanda difficile, ma forse al piccolo Pietro direi di inventarsi meno scuse. Sarei dovuto essere un po’ più concentrato in alcune occasioni.
Rocco: Io invece gli direi di non mollare mai e di non perdere la determinazione e la speranza, perché i risultati arriveranno e un giorno sarà il pilota che ha sempre voluto essere.
E l’un l’altro? Dopo una stagione insieme, un augurio per il futuro…
Pietro: Sicuramente di continuare così, perché abbiamo lavorato davvero bene, usando la testa che ci ha aiutato a migliorare velocemente. Replicare e migliorare!
Rocco: E di essere anche un po’ più ordinati, visto che è uno dei difetti di Pietro…