Domenica a Melbourne il tramonto di una gara infinita, fatta di bandiere rosse e ripartenze, ha illuminato prima gli ultimi minuti di competizione e poi il podio di tre campioni del mondo, sopravvissuti a un Gran Premio a eliminazione pieno di critiche e domande. Max Verstappen, sul gradino più alto, il suo preferito, dominato senza veri avversari in questo momento perfetto della sua brillante carriera. Venticinque anni, due titoli mondiali già cuciti come stemmi al valore nella sua vita da pilota di Formula 1, uno vicino - nonostante il mondiale sia appena iniziato - ad essere conquistato. Numeri che fanno paura e che spaventano chi per raggiungerli ha lottato per tutta la vita, chi li vuole proteggere, chi non li ha mai avuti e chi forse non li avrà mai.
Sorride, Verstappen. Perché non dovrebbe? Mentre la Formula 1 cambia volto, e i suoi avversari si contendono il ruolo di seconda, terza o quarta forza nel campionato, lui mantiene solido il suo dominio. È rilassato, chiacchierone. Scherza con Fernando Alonso in conferenza stampa e non si preoccupa di far discutere, di non piacere a FIA, Liberty Media e a tutti gli altri. Non apprezza le spint race, non capisce la proposta di voler ridurre le prove libere, non accetta il cambio di DNA della Formula 1, e non ha paura di dirlo.
Una posizione da spalle dritte e sguardo fiero che Lewis Hamilton, felice di un secondo posto che segna il ritorno sul podio della sua Mercedes, ha imparato a mostrare negli anni del suo dominio in Formula 1. Anche lui, a Melbourne, si gode il cielo del tramonto australiano. Ha un sapore nuovo, non importa quanti podi e quante vittorie abbia già ottenuto in carriera. Quando una stagione parte in salita come quella della Mercedes, soprattutto dopo un anno da dimenticare per il team di Toto Wolff come quello del 2021, niente è dato per scontato. Chissà quante cose saranno passare nella testa del pilota più vincente della storia della Formula 1, in questi mesi. Mi dovevo ritirare prima? Lo devo fare adesso? Vincerò di nuovo? Salirò di nuovo sul podio? Ma c'è, è di nuovo lì. C'è speranza. Non c'è tensione sulla schiena del 38enne inglese, che abbraccia l'avversario di sempre, Fernando Alonso, chiacchiera nel retropodio, tra complimenti, aneddoti, considerazioni su una gara pazza.
Perché sul terzo gradino del podio c'è lui, il suo avversario di sempre. Il primo compagno di squadra, il primo nemico giurato, il solo che ha saputo criticarlo e acclamarlo insieme, con la stessa ferocia. Gelosia, forse, di quei record che Alonso non ha mai potuto conquistare. Rispetto, per quello che Hamilton ha sempre dimostrato. C'è tutto in un rapporto che dura e sopravvive dal 2007, che cambia, che migliora, che di tanto in tanto torna a peggiorare, che nell'abbraccio di Melbourne ha il sapore delle cose più belle, quelle che tornano.
Così mentre sul gradino più alto del podio siede senza problemi e preoccupazioni il più vincente della nuova generazione, protettori e ispiratori - tra simpatie e guerre passate - ci sono Lewis Hamilton e Fernando Alonso. Ancora loro, sempre loro. Solidi dentro a un tramonto australiano. Passato, presente e futuro di uno sport per cui hanno vissuto e che sono riusciti, ognuno a suo modo, a cambiare per sempre. Nemici giurati impegnati in un confronto che li fa sentire di nuovo vivi, competitivi, in lotta per qualcosa che amano dentro a un mondo fatto di velocità.
Un tramonto che non arriva mai, il loro. Un'ombra lunga che si allontana di continuo, che si sporta con il loro avanzare, che cambia nelle idee di futuro, di passione, di tempo dentro al mondo della Formula 1. Che sopravvive insieme alle stranezze di un rapporto che anche loro, soprattutto loro, non sapranno mai spiegare.