Max Verstappen e Charles Leclerc si cercano, si inseguono, si studiano. Lo fanno da quando erano bambini, aspiranti piloti di successo tra i kartodromi di tutta Europa. Continuano a farlo ora, in Formula 1, mentre osservano quello che l'altro ha, o quello che invece gli manca, ponendosi domande silenziose su un futuro che tutti vorremmo poter sbirciare. Sono uno accanto all'altro sul podio di Abu Dhabi mentre le luci dei fuochi d'artificio illuminano l'ultima notte della stagione 2023, mettendo la parole fine in un campionato fatto di poche sorprese e una grande, assoluta, certezza: la superiorità della Red Bull numero 1, quella guidata senza sbavature dal campione del mondo in carica Max Verstappen.
Lo aveva detto durante i test invernali George Russell e la sua previsione, inizialmente così assurda e stonata alle orecchie di tutti i presenti, non si è avverata per una sola, unica, eccezione: "Red Bull le può vincere tutte", aveva commentato l'inglese di casa Mercedes, arrendendosi fin da quel momento alla superiorità schiacciante di una scuderia su tutte le altre. La gioia rossa di Singapore, con la vittoria di Carlos Sainz, ha beffato il cerchio completo del team di Horner ma non esistono altre parole per descrivere il campionato di Max se non quelle che sfiorano la perfezione. E lì, felice e sorridente sul gradino più alto del podio di Abu Dhabi, Verstappen per un attimo torna ad avere l'età che ha: 26 anni, tre titoli mondiali, la consapevolezza di una grandezza che è il vero privilegio del suo successo.
Una grandezza che gli permette di essere sempre se stesso, in pista o davanti alle telecamere, di esprimere con grande schiettezza ogni sua impressione, rischiando di suonare antipatico, ingrato o contraddittorio alle orecchie di chi lo ascolta. Eppure nell'unicità di un pilota che ricorderemo per essere così diverso rispetto a tutti gli altri, Max è anche e soprattutto questo. Un ex ragazzino catapultato in Formula 1 che è riuscito a smussare gli angoli del suo carattere in pista, trasformando una guida aggressiva in un'intelligenza tattica da grande campione, ma che tolto il casco è rimasto uguale a quello che era, dimostrando di non dover scendere a patti con gli altri.
Charles Leclerc lo guarda, da un gradino più basso del podio, e tutti vorremmo tornare a quando due monoposto simili ci davano la possibilità di vederli duellare alla pari, in un divertimento nostro, loro, di tutti. Leclerc che nell'ultimo fine settimana dell'anno è riuscito a leccare le ferite di un mondiale complesso, forse mentalmente il più duro da quando si trova in Formula 1, dimostrando ancora una volta il suo sconfinato attaccamento per la Ferrari nel tentativo di ottenere il secondo posto nel campionato costruttori, arrivando anche a pensare a una strategia - farsi passare da Perez, poi penalizzato di cinque secondi - che alla fine non ha però dato l'esito sperato. Se ne sta lì, a guardare quel pilota con cui è cresciuto, e osservandolo anche Charles assomiglia ancora al ragazzo che è sempre stato: di cuore, di grandissimo talento, innamorato della scuderia che lo ha accompagnato fino alle porte della Formula 1, profondamente legato a un sogno - quello di riportare in alto la squadra di Maranello - che lo rende amato nei giorni più duri come in quelli più felici della sua carriera.
Vicini nell'età e in un percorso di formazione che li ha messi lì, entrambi sul podio di una Formula 1 che porta i loro nomi in questa generazione, Charles Leclerc e Max Verstappen non potrebbero essere più diversi. Eppure si assomigliano, nella passione che hanno e che dimostrano, ognuno a modo suo. E nelle domande che sul finale di questo mondiale ci invitano a fare, nella speranza di vederli di nuovo l'uno contro l'altro. A divertirsi e farci divertire, come i bambini che sono stati, come i grandi piloti che sono.