Piange, Alvaro Bautista. Si commuove sotto il sole dell’Indonesia, seduto sull’asfalto di Mandalika, tra la vegetazione tropicale di Lombok e con le crespe dell’Oceano Indiano alle spalle. Davanti a sé una miriade di fotografi; rubano l’istante in cui Alvaro – coi lucciconi – leva il numero nove dal cupolino della sua Panigale V4 per lasciare posto solamente all’uno, dorato. Bautista piange perché ha vinto il titolo mondiale a 37 anni. Il cinismo del mondo delle corse lo aveva già rubricato nella lista di quei piloti che, dopo aver sprecato la grande occasione, si sarebbero spenti in un cammino lento ma inevitabile sul viale del tramonto.
Bautista era stato campione del mondo 16 anni fa in 125cc e - per poco – aveva sfiorato il bis in 250cc, prima di una dignitosissima carriera in top class: nove stagioni tra Suzuki, Honda Gresini, Aprilia e Ducati. Poi il passaggio in Superbike proprio con Borgo Panigale; nel 2019 un esordio mozzafiato con undici vittorie nelle prime undici gare. Un titolo praticamente in tasca scivolato via nella seconda metà di stagione, tra errori, cadute ed un Jonathan Rea inappuntabile. Da quel momento una pausa di riflessione tra lo spagnolo e Ducati. Bautista si trasferisce in Honda e colleziona ancora cadute, botte, dolori. Torna in rosso definitivamente maturato, mantenendo il suo proverbiale istinto alla velocità e limandolo nei frangenti in cui esagerare, o “extravincere” come dice lui, comporta solo rischi inutili. Oggi Alvaro Bautista, 14 vittorie e altri 15 podi in stagione, ha vinto il titolo mondiale Superbike con la Ducati del Team Aruba.
Alvaro si è preso la gloria da campione, anche nel giorno in cui avrebbe avuto tutto il diritto di concedersi una timidezza, un riserbo, qualche manata di gas in meno, un piazzamento. Invece a Mandalika in Gara 2 ha cercato la vittoria, duellando prima con Rea e poi incrociando le traiettorie di Toprak Razgatlouglu, che alla fine ha avuto la meglio. Il nome di Alvaro Bautista ora si affianca a quelli di Troy Bayliss, Carl Fogarty, Doug Polen e Carlos Checa. Sono mostri sacri per qualsiasi ducatista, che in Superbike non gioiva per un titolo mondiale da undici anni, dal 2011 di Carlos Checa. Alvaro è il secondo pilota spagnolo ad iscriversi all’albo d’oro della SBK, una categoria storicamente dominata da piloti anglofoni e moto italiane. La Ducati, oggi, ha riportato in Italia un titolo che mancava dal 2014, quando Aprilia trionfava con Silvayn Guintoli.
“È una stagione pazzesca e la migliore di sempre per Ducati. Ovviamente non è stata una cosa per niente semplice conquistare i titoli di MotoGP e Superbike. Alvaro ha fatto un lavoro incredibile con tutta la squadra e con la moto” – commenta euforico Gigi Dall’Igna sotto il podio di Mandalika. L’avevamo anticipato, non senza scongiuri, che per Borgo Panigale questo 2022 potesse essere l’anno del triplete, un termine calcistico che lentamente si sta spostando dai prati all’asfalto. Ora debelliamo le scaramanzie, perché la Ducati quest’anno ha compiuto qualcosa di epico, e forse inarrivabile: ha vinto nel CIV con Michele Pirro (una simil Coppa Italia), in MotoGP con Pecco Bagnaia e in Superbike con Alvaro Bautista. Borgo Panigale che, per altro, ha anche sfiorato il trionfo nel MotoAmerica con Danilo Petrucci, una sorta di Coppa Intercontinentale che avrebbe elevato Ducati all’estasi definitiva. Forse, però, il segreto di Borgo Panigale risiede proprio qui. Nel non considerarsi mai arrivata, completa, definitiva appunto. Nel non porsi limiti anche quando domina e guarda la concorrenza dal tetto del mondo. Ducati, il rosso Ducati, non è ora all’avanguardia del motociclismo solamente per i successi di questo 2022, ma per il lavoro lungo e sofferto che ha portato ai trionfi, per l’approccio alle corse che Borgo Panigale ha prima rivoluzionato e adesso, nonostante le vittorie, continua ad evolvere, a sviluppare. Quella Ducati ormai prima della classe, e delle classi, nella produzione, nella logistica, nell’aerodinamica, nell’essenza del motore desmodromico, nella raccolta dati, nella scelta dei piloti, nelle soluzioni geniali che anticipano avversari e restrizioni regolamentari. La Ducati che non si ferma mai e va sempre oltre. Per trovare altri decimi, velocità, vittorie. La Panigale V4 che ha portato Alvaro Bautista al titolo mondiale Superbike è già stata dimenticata. Per il 2023 è già pronta la V4 R. Ancor più Rossa e potente.