C’è una di quelle frasi tormentone che suonano di banalità e che girano spesso sui social che suona più o meno così: nella vita non si perde mai davvero perché o si vince o si impara. Ecco, Pecco Bagnaia alla festa Ducati è sembrato l’interprete perfetto di quella massima abusata. Perché ha spiegato “alla Pecco maniera” che la metabolizzazione della sconfitta può avere una importanza maggiore anche della sconfitta stessa. Senza cercare scuse e, anzi, ammettendo pure che il pensiero alla ferita che brucia ancora ogni tanto ci va. Nel suo caso il pensiero è andato esattamente lì un paio di domeniche fa, quando Max Verstappen s’è messo in tasca un altro titolo mondiale della Formula1.
“E’ stato complicato vederlo vincere il quarto titolo – ha ammesso - Ho ripensato al fatto che anche io avrei potuto essere un quattro volte campione del mondo: mi ha semplicemente riportato alla sconfitta. Ma la sto vivendo come una opportunità, so che l’abbiamo perso noi e questo fa già la differenza”. Ci ha “sbattuto la faccia”, usa lui stesso questa espressione, ma non è concentrato sul male che fa e nemmeno sulle cause esterne. Tanto che rifiuta pure la provocazione su quanto sia giusta l’attuale assegnazione dei punteggi. “E’ vero – ha detto – che ho vinto undici GP su venti, ma è vero pure che con questa assegnazione dei punteggi è stato possibile giocarsi il titolo fino all’ultimo nonostante io abbia fatto otto zeri. Le Sprint sicuramente hanno mutato un po’ la situazione in termini di punti, forse ora bisognerebbe integrare dei bonus per la doppietta o premiare in qualche modo chi è il più veloce”. Lucidità e concretezza, quindi, per un ragazzo che sta già pensando a come riprendersi il numero 1, pur nella consapevolezza che sarà ogni anno più difficile.
“Credo che numeri uno nel box non ci siano e non ci debbano essere mai, la stagione parte sempre alla pari – ha spiegato rispondendo in qualche modo a quanto detto poco prima da Marc Marquez - con i piloti sullo stesso piano e con la stessa voce in capitolo, le cose cambiano durante la stagione e ogni anno si riparte da zero. Durante la stagione se un pilota è più avanti e l’altro più indietro è giusto lavorare per aiutare chi è davanti. La strategia di Ducati è sempre stata corretta e giusta verso i propri piloti, penso che Marc sia una persona estremamente intelligente e capirà subito quale sia il modo di lavorare che abbiamo”. Un modo di lavorare che non cambierà e che, come ha detto anche Marc Marquez, è probabilmente la vera grande forza di Ducati, con Pecco che arriva a ribadire che per lui sarebbe bastato anche solo un errore in meno. Analizzandoli tutti, uno per uno, ma senza dire quale è quello che gli brucia di più o quello in cui ha sentito di potercela fare. “E’ difficile sceglierli. Uno è Jerez: siamo riusciti a capire questa moto e tracciare un inizio perché fino a lì eravamo in difficoltà. Assen: gara fondamentale in fatto di spinta e motivazione. Malesia invece in negativo perché ci ha tagliato le gambe. Ma non ho nulla da recriminare, sono orgoglioso della squadra e della Ducati – ha ribadito - certe situazioni aiutano anche per altre cose, se avessi vinto non si sarebbe vista la sportività Ducati che è stata messa in dubbio negli ultimi tre anni. Ho sempre cercato di vincere, non accontentandomi, non è nella mia indole ma delle volte è meglio accontentarsi. Un errore in meno avrebbe cambiato le cose, ma serve sbatterci la faccia”.
E’ la lezione che Pecco Bagnaia si porterà dietro per sempre dopo questo 2024. Una stagione chiusa senza titolo, ma anche con una consapevolezza sempre maggiore di essere un campione vero. Tanto che alla domanda se ruberebbe qualcosa al suo amico e maestro Valentino Rossi, la risposta è secca: “Non gli ruberei niente, Valentino Rossi è Valentino Rossi. La cosa che lo ha sempre contraddistinto è stata la sua consapevolezza, credo di essere consapevole anche io del mio potenziale. Credo sia giusto lasciarlo lì dov’è: è intoccabile come pochi altri in questo sport e non ha senso provare solo ad ambire a essere simile a lui”. Il riconoscimento che gli basta, che si coccola e di cui è felice, per adesso, è piuttosto quello che gli ha donato la sua città premiandolo come torinese dell’anno: “E’ un motivo di orgoglio, credo che riuscire a portare Torino, una città legata esclusivamente al calcio, ai vertici della MotoGP sia molto bello. Quel premio è quasi sempre destinato a imprenditori o personaggi del mondo del lavoro, affidarlo ad un giovane sportivo è bello, sono contento”.