La notizia è di oggi e l’abbiamo anche approfondita: KTM ha bloccato lo sviluppo della RC16 per il 2025. Non significa, sia inteso, che chiuderà anche con le corse, ma semplicemente che, ancora una volta, il dichiarato non corrisponde con quanto poi accade veramente. E che, proprio come abbiamo già scritto, il clima di sfiducia intorno a KTM in questo momento di profondissima crisi deriva quasi più da questi atteggiamenti che dall’oggettività dei fatti, visto che ad oggi è vero che tre società di KTM sono in amministrazione controllata con 3 miliardi di debiti, ma non la società che si occupa del racing. Il problema, però, è che la trasparenza è mancata sin dal giorno zero del periodo buio e adesso sono in tanti a non credere a quello che viene raccontato.
Il punto, però, non è esattamente questo. E’ un altro e riguarda le avvisaglie che forse c’erano state e che tutti, anche noi che raccontiamo le corse, avevamo quasi preso un po’ come normalità. Solo che adesso, tra affermazioni che non corrispondono a verità e annunci che poi si rivelano in maniera del tutto diversa, viene da chiedersi se il grande male di KTM sia proprio il modo in cui ha trattato le persone anche nelle corse: piloti da allevare e scartare alla prima difficoltà, tecnici assunti e poi mandati a casa senza troppi patemi e, ora, anche appassionati a cui raccontare tutto e il contrario di tutto. Sì ok, il titolo è forte e siamo stati pesanti. Ma oggi, alla luce di tutto quello che sta succedendo, a chi non viene in mente, ad esempio, Iker Lecuona? Era una promessa, un baby fenomeno e lo hanno portato in MotoGP prima del tempo, giovanissimo e caricandolo di ogni aspettativa, poi, dopo appena due anni, l’hanno scaricato come l’ultimo dei brocchi. La stessa cosa è successa con Fernandez e, peggio, ancora, con Remy Garner, portato in MotoGP da campione del mondo di Moto2 e letteralmente scaricato dopo neanche mezza stagione con la prospettiva di ridare una moto a Pol Espargarò.
A proposito: di Pol Espargarò vogliamo parlare? Riaccolto “a casa” con grandi proclami dopo la parentesi in Honda e tenuto in sospeso per una stagione intera in cui tra l’altro aveva pure rischiato la pelle. Continuavano a garantire che una sella per lui ci sarebbe stata, certi che avrebbero avuto la possibilità di schierare almeno una moto in più, ma poi, quando ormai era tardi per cercare qualsiasi altra soluzione, gli hanno detto che la moto per lui era quella del collaudatore. Scaricato anche lui come l’ultimo dei somari, ma con la supponenza di fargli comunque guadagnare qualche soldo. Però, se non dovesse bastare, possiamo andare anche un po’ più indietro. E magari ricordarci di Danilo Petrucci. Uno che aveva vinto con Ducati e a cui avevano garantito che nel Team Tech3 avrebbe trovato una moto perfettamente identica a quella degli ufficiali, salvo poi metterlo in sella a una RC16 con i telai dell’anno precedente e a cui non erano stati nemmeno tolti i graffi, rimasti ben visibili per tutta la stagione. Uno che, dopo tutto, è rimasto lì accontentandosi di una KTM vecchia di un anno per andare a fare la Dakar e che con quella moto ha scritto un record senza precedenti vincendo una tappa, mettendo la firma su una impresa epica, ma pure su un assegno. Sì, l’assegno che ha dovuto staccare per potersi mettere quella KTM vecchia e vincitrice di una tappa della Dakar in salotto, visto che a regalargliela non ci hanno pensato nemmeno. Un altro che potrebbe parlare, ma almeno a lui due anni interi li hanno concessi, è stato Jack Miller, tenuto sul dubbio fino a rischiare di restare a piedi.
Dispiace dirlo e forse l’analisi è particolarmente cattiva, ma il vero fallimento nel racing di KTM – al di là di come evolveranno le cose e di tutto quello che potrà ancora venire fuori – riguarda altro: il modo in cui trattano le persone. S’è visto anche nelle continue affermazioni poi ritrattate o smentite (pure dai fatti) circa la grande crisi che sta investendo la loro azienda, ma s’è visto anche nel modo in cui hanno chiuso i rapporti, ad esempio, con Fabiano Starlacchini e Francesco Guidotti. Al primo avevano detto che avrebbe preso pienamente in mano il timone di un progetto, salvo poi metterlo nelle condizioni di andare via e quasi facendolo passare come un assenteista che non voleva trascorrere abbastanza tempo in Austria. All’altro, invece, l’hanno fatta ancora più grossa, dopo che per due anni gli ha mandato avanti il box, comunicandogli la scelta di non rinnovargli il contratto poco prima che lo sapessero i giornalisti e comunque abbastanza tardi da poter avere ancora il tempo di piazzarsi altrove. E con una dichiarazione da parte di Pit Beirer che dovrebbe far riflettere: “Ci dispiace per Francesco, ma non abbiamo raggiunto con lui i risultati sperati”. Quali risultati, con una moto che negli ultimi anni è diventata meno performante e con piloti che, visti i precedenti, non hanno potuto mai dormire tranquilli?