La crisi in cui è sprofondata KTM si può spiegare con quel momento in cui, presto o tardi, uno inizia a conoscere il mondo del lavoro: passano le ore, passano i giorni e pure i mesi e, ogni volta, è un po’ peggio di come te lo aspettavi. Le tetre previsioni degli adulti si fanno spaventosamente vere e la tua preoccupazione cresce di pari passo con la conoscenza sull’argomento perché non solo è tutto vero, è tutto per sempre. In breve, più ne sai e peggio è. D’accordo, torniamo seri: la crisi KTM è molto peggio di lavorare. Voci di corridoio riguardanti delle difficoltà del marchio austriaco circolano da tempo, noi le riportiamo dalla scorsa pausa invernale, eppure in questi casi è opportuno verificare le fonti e di fonti all’inizio di questa storia, evidentemente, non ce n’erano parecchie. Ora le cose sono cambiate.
KTM ha ammesso di essere in crisi, si parla di un buco di quasi tre miliardi ma, lo scriviamo su MOW, il problema non è il debito, che ad ogni azienda grande, sana e accesa può contrarre. Il problema è la liquidità, cinquecento milioni di euro che mancano adesso, da tirare fuori entro fine febbraio. In Austria c’è grande malcontento perché Stefan Pierer, che controlla la società, una cifra del genere per tenere a galla KTM l’avrebbe pure, ma evidentemente preferisce quella che da noi si chiama amministrazione controllata, seguendo un piano che prevede, tra le altre cose, il licenziamento di circa 500 persone. In Austria, di contro, si pensa all’arresto di Pierer, se non altro per prendere in mano l’azienda, per altro aggredendo i beni personali dell’amministratore delegato. Al contempo, dalla divisione racing si continua a proferire calma, i piloti hanno ricevuto una lettera in cui la dirigenza ammette la crisi e spiega che, comunque, le corse continueranno a esserci e che non c’è da preoccuparsi realmente circa il futuro dell’azienda.
Tutto bene, tutto giusto. Soltanto che questa di KTM, in effetti, continua ad essere una storia in cui più passa il tempo più i dettagli incupiscono il racconto, mettendo al centro una crisi profonda e apparentemente insanabile. C’è chi dice che il racing verrà sostenuto da Red Bull, chi pensa addirittura che tutta la situazione sia stata orchestrata volutamente dall’azienda stessa per giocare con il titolo, gli azionisti e i dipendenti, sulla falsa riga delle tante situazioni simili vissute anche in Italia. È notizia di ieri - riportata da Oriol Puidgement su Autosport, quindi con un buon grado di affidabilità - che KTM non aggiornerà più le proprie moto nel 2025, lasciando Pedro Acosta, Brad Binder, Enea Bastianini e Maverick Vinales in una situazione quasi disperata.
Il vero, grande problema di KTM è testimoniato anche dall’atteggiamento di buona parte dei media nei confronti dell’azienda, che fino a poco fa è stato un atteggiamento pienamente garantista. D'ora in poi le cose andranno diversamente. Questo succede perché sono tante, troppe delle informazioni che trapelano che in un primo tempo vengono smentite e poi finiscono per rivelarsi vere. Quando crolla un colosso i primi segnali sono piccoli, quasi impercettibili. Ed è una situazione che può andare avanti per mesi, addirittura anni. Poi di colpo tutto crolla in maniera secca, violenta e inevitabile.
Di conseguenza, le speculazioni si moltiplicano e sono sempre più motivate, nonostante potrebbe sembrare che sfiorino la fantascienza. Pensiamo a Pedro Acosta per esempio, che potrebbe ricevere (e accettare) un’offerta da Honda HRC già nelle prossime settimane. O Suzuki, che magari si ritroverà sfruttare il momento per un clamoroso rientro in MotoGP, così come BMW che avrebbe la grande occasione di rilevare il reparto corse degli austriaci e partire con un’ottima base per la sua campagna di sviluppo, anticipando di un anno il suo ingresso nel motomondiale. L’unica certezza, ora che il buco s’è trasformato in una voragine, è che di brutte notizie su KTM ne leggeremo ancora diverse, sempre di più, sempre più tristi. Se fossimo uno dei quattro piloti ingaggiati - in maniera scellerata - per i prossimi anni ci terremmo sì Ready to Race, ma da un’altra parte.