Arrabbiati, ma fiduciosi. A voler fare una sintesi in tre parole su come le principali testate austriache stanno riportando le notizie sulla tremenda crisi di KTM è esattamente questo quello che viene da dire. Perché la rabbia è proprio ciò che si percepisce per prima rispetto non tanto a KTM, ma al suo amministratore, Stefan Pierer. Quello che tutti si chiedono, di fatto, è come sia stato possibile che una azienda che è sembrata in crescita fino a pochissimi mesi fa e che per anni ha chiuso il bilancio addirittura con utili sia arrivata nel giro di così poco tempo sul lastrico. Nessuno lo dice esplicitamente, ma è come se la domanda che aleggia un po’ ovunque è se è stato detto tutto, o se tutto sta davvero come narrato. In effetti a non tornare non sono solo i conti. Ma la figura di Pierer continua a non convincere, soprattutto dopo il video diffuso nei giorni scorsi in cui, con tanto di espressione costernata, promette “torneremo più forti”.
Non si può negare, infatti, che Pierer è lo stesso che fino a venerdì scorso - quando i libri contabili di tre società che fanno riferimento a KTM sono stati portati in tribunale insieme a un piano di ristrutturazione da lacrime e sangue – definiva catastrofisti quelli che avevano provato a ipotizzare che non si trattasse solo di un “temporaneo momento difficile”. Tanto che oggi c’è addirittura chi parla della possibilità di una qualche misura cautelare per lo stesso Pierer, laddove dovessero emergere ulteriori responsabilità dirette sia rispetto a quello che sta accadendo, sia rispetto all’eventuale (ma tutta da dimostrare) “sparizione” di fondi. Ad oggi, però, sono solo ipotesi, visto che non sembrano esserci i presupposti per un intervento così diretto da parte della magistratura e visto che, comunque, Pierer sarà chiamato a intervenire anche in prima persona in questa prima fase del piano di ristrutturazione. Non è ipotizzabile, infatti, che l’imprenditore non metterà mano al suo stesso capitale anche per mantenere calmi i creditori e convincere le banche e il Governo stesso a dargli ulteriore credito.
Ecco perché al sentimento di rabbia verso “il timoniere”, si aggiunge comunque un atteggiamento di discreta fiducia. KTM, scrive ad esempio il DiePresse, è già quasi morta altre volte e sempre si è risollevata. Con Pierer o senza, quindi, c’è la concreta volontà di salvare tutto quello che si può salvare, anche provando a chiedere aiuto a realtà più lontane, ma molto solide economicamente. Cosa potrebbe davvero succedere? Difficile dirlo in questa fase, ma le cifre per cui KTM è esposta saranno difficilmente compensabili senza un intervento di qualche realtà extra europea. Attenzione, però, perché se da un lato è vero che l’azienda austriaca era già legata a doppio filo con la Cina e col colosso QJ Motors, le speranze di tutti sembrano piuttosto guardare all’India.
Il produttore Bajaj, infatti, è già azionista di KTM e quasi certamente è da lì che arriverà parte dei fondi necessari per tamponare il debito immediato che, come ha confermato anche Carlo Pernat proprio a MOW, dovrebbe ammontare a circa mezzo miliardo di Euro. Ciò che cambierà significativamente dalla fase successiva è piuttosto la produzione: non sarà de localizzata, almeno in una prima fase, ma sarà fortemente convertita con l’immissione sul mercato di prodotti – non solo moto – meno costosi e più competitivi dal punto di vista del prezzo. Perché, e questo sembrano averlo capito anche gli stessi austriaci, oltre all’invaghimento per l’elettrico – che ha portato a enormi investimenti e minuscoli ricavi – uno dei mali più grandi di KTM è stato proprio quello di non riuscire a essere competitiva sul mercato con modelli più accessibili all’appassionato medio.