Negli anni di Valentino Rossi e Jorge Lorenzo hanno vinto tutto quello che c’era da vincere e dire “M1” in MotoGP significava dire “perfezione” un po’ come succede adesso quando si parla di Ducati Desmosedici. Poi il futuro ha cominciato a arrivare e in Yamaha è rimasto innescato il freno della supponenza, perché i risultati continuavano comunque a arrivare e perché nel frattempo un ragazzino francese con un talento mostruoso riusciva a vincere un altro mondiale, nonostante fosse evidente a tutti che guidasse sopra i problemi di una moto ormai vecchia. Nel mezzo c’è stato pure il Covid, con tutto quello che è potuto significare per una casa giapponese, e c’è stata una crisi economica globale che ha spostato inevitabilmente l’attenzione verso la sostanza, piuttosto che verso quell’effimero che in qualche modo possono essere le corse.
Risultato? In un paio d’anni la Yamaha è diventata il brutto anatroccolo della MotoGP, in compagnia dell’altro grande colosso giapponese rimasto: Honda. Hanno dovuto correre quasi un mondiale a parte, dietro a tutti gli altri, provando a progettare una rinascita. Ma non una rinascita tecnica, bensì una rinascita che prevedesse proprio un modo totalmente diverso di lavorare. Non hanno vinto, sono rimasti indietro, ma hanno reso evidente al mondo che la loro stagione è stata in crescita e che la volontà di invertire la marcia anche in maniera decisa e violenta c’è stata e c’è. Fabio Quartararo, che nel frattempo ha ritrovato il sorriso, l’ha detto più e più volte, pure riconoscendo che probabilmente ci vorrà ancora del tempo. E adesso l’ha ribadito anche il suo compagno di squadra, Alex Rins, aggiungendo un particolare che vale più di mille motori nuovi, appendici aerodinamiche e parti per far performare la moto. Quale particolare? Questo: in Yamaha adesso sanno chiedere anche scusa. Roba che sarebbe stata impensabile ai tempi di Valentino Rossi e Jorge Lorenzo. E la vera rivoluzione, anche rispetto a una Honda che arranca ancora e che sembra totalmente smarrita, è esattamente questa.
“Per tutta la stagione ho faticato a trovare il grip – ha raccontato Rins - Quando non ce l'hai, la moto non frena come vorresti, perdi le traiettorie o, peggio, surriscaldi e distruggi la gomma anteriore. Ho parlato di questo con Max Bartolini e Massimo Meregalli e loro si sono scusati per non essere stati in grado di risolvere questo problema”. Due nomi, Max Bartolini e Massimo Meregalli, che sono le vere prime firme della rivoluzione Yamaha. Il primo, arrivato direttamente da Ducati, ha preso in mano il timone tecnico, mentre l’altro, che c’era già da prima, ha finalmente potuto “fare l’italiano”. Avere, cioè, un approccio più sperimentale e meno basato sul metodo, che poi è esattamente ciò che Valentino Rossi, forse avendo previsto già tutto, chiedeva proprio a Yamaha negli ultimissimi anni della sua infinita carriera.
Il resto, ormai è evidente, lo faranno il lavoro e pure il tempo, che comunque resta fondamentale per colmare un gap che negli anni è diventato significativo. Il nuovo motore V4, che è l’altra grande rivoluzione di Yamaha, è pronto e ora bisognerà costruirgli intorno un prototipo del tutto nuovo e il paradosso, adesso, è che sono quasi i piloti a predicare prudenza. Ma è così che deve essere e non il contrario, in un momento storico in cui non c’è tempo per assicurarsi la garanzia della certezza.