Vi avevamo parlato della diatriba che aveva coinvolto in maniera piuttosto singolare due emittenti radiotelevisive spagnole, la Dorna e un Jorge Martín (assolutamente incolpevole nella vicenda) che all'ultimo secondo è stato costretto a tirare il pacco alla trasmissione La Revuelta di Dravid Broncano per dare il meglio di sé nello studio del divisivo giornalista Pablo Motos, conduttore del programma concorrente El Hormiguero. In quella che è stata una lunga intervista concessa all'emittente Antena 3 (che paga a Dorna i diritti per trasmettere il Motomondiale), il neo campione del mondo della MotoGP ha ripercorso la sua storia, partendo dagli ultimi otto giri del gran finale di Barcellona: "Lì mi è passata la carriera sportiva davanti, mio padre che veniva alla mattina presto o alla sera dopo il lavoro in circuito, mia mamma che cucinava nei vari kartodromi. E’ stata dura, per cui questo campionato è anche per la mia famiglia e per tutti gli appassionati iberici. Sapevo che gli ultimi giri sarebbero stati eterni. A metà dell’ultimo ho cominciato a piangere e non sono riuscito a smettere fino a che non ho tagliato il traguardo".
Tra i momenti più interessanti dell'ospitata, quello in cui Jorge ha parlato del suo mental coach Xero Gasol, psicologo sportivo con cui ha cominciato a lavorare all'inizio del 2024. "Quest'anno ho lavorato molto con il mio psicologo, Xero, che mi ha aiutato a perdere la paura di non vincere, a correre senza paura di perdere e a farlo per l'illusione di vincere". Nel corso della stagione, Jorge aveva sempre rifiutato di approfondire l'argomento, di svelare i dettagli del nuovo percorso intrapreso. Col sorriso e con il titolo mondiale in tasca, ha spiegato perché: "Parlarne viene considerato un tabù, perché viene visto come un segno di debolezza. Nel 2023 ero veloce e vincevo, ma non mi divertivo. Ero in ansia e di notte non dormivo, dunque ho chiesto aiuto, a gennaio ho cominciato e nello spazio di due mesi la mia vita è cambiata. Temevo di non poter più lottare per un Mondiale, ma questo lavoro su me stesso mi ha dato una mano. Adesso la pressione riesco a sfruttarla ed è un privilegio avvertirla. Ho capito che bisogna vivere il presente e apprendere dal dolore del passato senza porsi domande sul futuro”.
Successivamente, in quello che per il numero 89 è stato un vero e proprio tour di interviste in giro per la Spagna, Martín si è concesso ai microfoni del Mundo Deportivo, dove ha misurato l'attuale livello agonistico della MotoGP, chiarendo una volta per tutte quanto sia difficile vincere il Mondiale con un Team satellite come Pramac: “Per chi non lo capisse, è come se un’azienda di 12 persone dovesse fare lo stesso lavoro di un’azienda di 200 persone. Alla fine è molto più difficile, ognuno deve fare il lavoro di dieci e, sì, è vero che a livello tecnico avevo la stessa moto di Pecco, non posso negarlo, ma a livello di persone e di informazioni che ti arrivano, che non sono reciproche, che vanno solo in una direzione, è molto diverso. La lotta con Pecco è stata molto intensa in questi ultimi due anni. È vero che abbiamo un ottimo rapporto e forse questo può far sì che non entri così tanto nella storia. Perché le forti rivalità non solo in campo, ma anche fuori dal campo sono sempre quelle che si ricordano di più. Penso però che il livello non sia più basso che in altri tempi. È come confrontare il modo in cui il Madrid giocava ora con quello di 20 anni fa".
Non potendo proferire parole sulle sensazioni riscontratte alla guida dell'Aprilia nei test di Montmeló (fino al 31 dicembre 2024 Jorge resta un dipendente Ducati), Martín ha concluso il tour mediatico in patria con una menzione per la bandiera spagnola, sempre sulle spalle del pilota di San Sebastian de los Reyes nel giro d'onore e sul podio dopo una vittoria: "La portavano sempre i miei genitori in circuito e quando ho vinto la mia prima gara in Moto3 l’ho voluta sventolare. Da quella volta è diventata una tradizione”.