Volevano concentrarsi sull’elettrico, magari non tutti, ma gran parte di quelli che decidono. Quando si chiede nel paddock il vero motivo della fine della storia di Suzuki nella MotoGP è così che rispondono più o meno tutti. Qualcuno aggiungendo argomenti, altri mettendoci sopra valutazioni personali. Ma la sintesi, per tutti, è una e è quella lì. Con, in più, l’ormai acquisita e verificata notizia che la scelta di dire basta alle corse non è stata presa all’unanimità e meno che mai senza fortissimi dissidi interni al colosso giapponese. Anche perché quella scelta è arrivata appena un anno dopo la vittoria del titolo mondiale. Erano pochissimi anni fa, ma sembra passato un secolo. E adesso Suzuki sarebbe addirittura pronta a tornare.
Perché nel frattempo il mercato è cambiato del tutto e pure le prospettive di futuro sono totalmente differenti a quelle che si potevano immaginare nel 2022. Prima di tutto c’è la bolla dell’elettrico che sembra definitivamente destinata a implodere, soprattutto per quanto riguarda le motociclette, visto che il mercato (ok, sarà anche una affermazione da beceri capitalisti) ha dimostrato di non volerne neanche sentire parlare se non per quanto riguarda la mobilità urbana e che pure l’esperienza della MotoE, nonostante il fuoco artificiale, sia rimasta su temperature tiepide al limite dell’imbarazzante. Tutto quello che Suzuki avrebbe voluto investire sull’elettrico, quindi, potrebbe oggi essere stornato su una produzione tradizionale. Con il mercato che nel frattempo ha riscoperto un imprevisto interesse per le moto supersportive. E’ lì che adesso si concentrano tutti e è lì che verosimilmente, senza le esagerazioni del passato con mega cilindrate e velocità improponibili per le strade di tutti i giorni, anche Suzuki concentrerà i suoi nuovi sforzi.
Tanto che oggi il grande capo, Toshihiro Suzuki, ha candidamente affermato: “Vincere in MotoGP è stato molto importante per noi. Tuttavia non servirebbe a niente continuare a farlo se non abbiamo una gamma completa e diversificata di modelli da offrire a tutti gli appassionati di moto. E non credo che siamo in quella situazione in questo momento. Per noi, è importante offrire rapidamente una gamma completa di prodotti che possa soddisfare i motociclisti di oggi. Poi, se tutto andrà bene, torneremo a correre e torneremo a vincere”. Significa, tradotto in termini semplicistici, che Suzuki tornerà a produrre supersportive in linea con ciò che chiede oggi il mercato e che, quindi, a quel punto, ma solo a quel punto, si potrà ipotizzare un ritorno alle corse giustificandone l’investimento. L’impressione, però, è che i tempi non saranno biblici. Perché è chiaro che un colosso come Suzuki non avrà bisogno di anni per offrire una gamma completa anche di moto con i mezzi manubri. E è altrettanto chiaro, almeno a sentire le voci che si inseguono nel paddock, che Dorna, così come Liberty Media, sarebbero pronti a ponti d’oro per riaccogliere la grande S che fu di Sheene, di Lucchinelli, di Uncini, di Schwantz, di Roberts e in ultimo persino di Joan Mir.
Solo che di posto, al momento, ce ne è uno solo e il 2027, che è l’anno in cui cambierà tutto e su cui quindi punterà chiunque vorrà entrare in MotoGP, è tutt’altro che lontano. E’ noto che BMW ha già espresso qualcosa di più di un semplice interesse e probabilmente il marchio tedesco ha già ottenuto una mezza “garanzia di benvenuto”. Con Suzuki che rischia la beffa di essersene andata per poi ripensarci quando gli spazi sono stati già tutti occupati. Ma c’è altro che potrebbe succedere, anche se nessuno se lo augura. E c’entra la tremenda crisi in cui KTM è piombata. La situazione sta prendendo una piega difficile, con RedBull che potrebbe non essere più così disposta a garantire gli investimenti per il racing di un marchio che è sull’orlo del fallimento. E al sistema potrebbe interessare e non poco favorire l’ingresso di un altro marchio europeo, BMW, in sostituzione di KTM, e riaccogliere il terzo produttore giapponese. Realizzando, di fatto, il sogno che da sempre è di Carmelo Ezpeleta: sei case costruttrici, di cui tre europee, Aprilia, BMW e Ducati, e tre asiatiche, Honda, Suzuki e Yamaha.