Amministrazione controllata e piano di ristrutturazione. Sono definizioni che possono dire poco ai più, ma che nel vocabolario degli industriali hanno un significato ben preciso: situazione disperata. E’, di fatto, quella in cui si trova KTM e il gruppo padre Pierer Mobility, con le carte depositate negli uffici dei tribunali austriaci che raccontano uno scenario ben diverso da quello “preoccupante ma non troppo” descritto fin qui da Stefan Pierer e dagli altri manager dell’azienda. Si dice che serva, complessivamente, mezzo miliardo di Euro entro la fine del primo trimestre del prossimo anno. E’ notizia dei giorni scorsi – riportata anche su MOW – della smentita di un interessamento diretto di Red Bull sul salvataggio dell’azienda, con il colosso delle bevande energetiche che, però, s’è impegnato a garantire tutto il sostegno possibile, e forse anche qualcosa in più, per quanto riguarda il racing.
Red Bull, insomma, metterà le ali al marchio nelle corse, ma viene da chiedersi che ne sarà di tutti quelli – e si parla di migliaia di famiglie – che resteranno a terra. E, sia perdonato il francesismo, con il cu*o per terra. Visto che ci sono da pagare gli stipendi degli ultimi due mesi rimasti arretrati per molti dipendenti. Tanto che in Austria, almeno leggendo vari articoli sulle principali testate nazionali, l’opinione pubblica sembra non aver preso benissimo la notizia che il colosso delle bevande energetiche continuerà a sostenere con investimenti complessivi di almeno tre decine di milioni di Euro il racing di un marchio che nel frattempo, dopo aver ammesso di aver sbagliato molto di quello che si poteva sbagliare, chiude stabilimenti, blocca la produzione e manda a casa lavoratori. E adesso il timore di tutti è che, viste le reazioni, Red Bull possa ripensarci e scegliere di chiudere i rubinetti. Perché, a volerla dire con un esempio, è come se a cena ci fosse il migliore e più costoso vino possibile in tavola, ma mancasse anche un misero pezzo di pane per sfamare tutti i commensali. La questione, insomma, è anche un po’ morale.
Il patron di KTM, Stefan Pierer, però, ha continuato a ribadire che “il racing non è a rischio”, che “ci saranno aggiustamenti”, ma che in particolare “l’impegno in MotoGP continuerà a essere un punto cardine del piano di ristrutturazione”. Parole che al momento potrebbero suonare di garanzia per i piloti ingaggiati: Pedro Acosta, Brad Binder, Enea Bastianini e Maverick Vinales. Ma che non bastano a suonare di futuro nemmeno per le sole corse tanto da non convincere tutti in Austria, soprattutto dopo la notizia, riportata dalla testata motorsport.com, dell’annullamento dei test per la MotoGP in galleria del vento previsto per le prossime settimane e dopo le indiscrezioni che circolano sulla messa in stand-by del lavoro che si era cominciato a portare avanti per il prototipo del 2027, quando le regole della MotoGP cambieranno radicalmente imponendo anche una nuova cilindrata.
Bisogna considerare, però, che potrebbe essere solo la riflessione di un momento. La necessità di mettere uno stop alla luce di una vera e propria crisi industriale e riorganizzarsi almeno per quanto riguarda il racing con pesi differenti. Infatti, Red Bull da sempre – e senza mai agire sotto traccia – ha provato a proporre anche per la MotoGP il modello della Formula1. Competizioni, quindi, più svincolate dai meri brand delle case costruttrici, con il colosso delle bevande energetiche che, di fatto, oggi potrebbe avere proprio l’occasione nella situazione in cui si trova KTM. Facendo sì, appunto, che si parli sempre più di Red Bull come squadra vera e propria e non di title sponsor del team di una specifica casa costruttrice. Solo in questa chiave si può spiegare la scelta di farsi carico di investimenti enormi associando il proprio nome a quello di una azienda che al momento è letteralmente in ginocchio. E potrebbe non essere un male, o comunque qualcosa da vedere solo in chiave negativa, visto che comunque la visibilità garantita dalla MotoGP, il lavoro portato avanti con la Rookies Cup e l’esposizione mediatica aiuterebbero, se Red Bull riuscirà nel suo piano, anche a riposizionare un marchio che ha già scritto la storia nell’off road e che non merita di scomparire.