Uomo, pilota, padre. Sono le tre identità di Giancarlo Fisichella, che insieme fanno una delle personalità più ammirate del mondo del motorsport. Appassionato di motori fin da bambino, dopo i primi anni in kart è arrivato alle monoposto, fino ad essere uno dei migliori piloti italiani in Formula 1. Poi è iniziato il capitolo nell’endurance, con la Ferrari, che dopo quattordici anni guida ancora e con cui ha appena vinto il Campionato Italiano GT Endurance. Una vita di soddisfazioni sia dentro che fuori dalla pista, perché appena può, Giancarlo racconta della sua famiglia e di quanto sia legato ai suoi tre figli. Dalla vittoria in Malesia a quella duplice della 24h di Le Mans, fino alla più recente, a Monza con Arthur Leclerc e Tommaso Mosca - sub judice per giorni in attesa della risoluzione di un reclamo che ha messo in pausa anche la vittoria del campionato - ogni gara di “Fisico” è scritta nel grande libro della sua vita. E lui, come canta Jovanotti, si ritiene un ragazzo fortunato, perché in tutti questi anni di carriera di sogni ne ha realizzati più di mille e indietro non ci tornerebbe mai.
Dopo qualche giorno di incertezza possiamo finalmente dirlo: sei Campione Italiano di GT per la seconda volta consecutiva. Com’è andata questa stagione?
È stata una stagione difficile ma su cui mi sono potuto concentrare davvero bene essendo stato il mio unico impegno. Ogni volta che sono sceso in pista ce l’ho messa tutta, ho collaborato con i miei compagni di squadra e con il team per cercare di ottenere il massimo risultato. Abbiamo cominciato nel migliore dei modi a Vallelunga, vincendo la gara dopo essere partiti dalla pole position senza mai perdere la prima posizione durante le tre ore. Poi tra Mugello e Imola purtroppo siamo stati sfortunati e abbiamo commesso alcuni errori, quindi ci siamo giocati il campionato all’ultima gara. A Monza siamo sempre andati forte, ma sapevamo anche che i nostri avversari erano messi bene. Alla fine nonostante qualche contatto nell’ultimo stint siamo comunque riusciti a vincere sia la gara che il campionato.
A Monza è emerso il lato più feroce del campionato, con la lotta insieme alla Lamborghini che è stata molto discussa. Pensi che aver avuto una lunga carriera ti abbia aiutato a gestire l’emotività?
Ho tanti anni di esperienza e corro nell’endurance dal 2010, ho vinto due 24h di Le Mans, quindi riesco abbastanza bene a gestire la situazione anche se c’è sempre un po’ di pressione e di adrenalina, insieme alla paura di sbagliare. La squadra mi ha dato fiducia, lasciandomi essere sempre il pilota alla partenza, proprio per la mia esperienza e l’abilità che ho di stare nel traffico. Poi per me è sempre stato importante sapere il feedback di tutto il team, perché è necessario creare un’atmosfera di fiducia. In Formula 1 il tuo primo avversario è il tuo compagno di squadra, ma nell’endurance è essenziale andare d’accordo dato che si vince tutti insieme. Forse è stata proprio questa la nostra forza, ci ha reso costanti e sempre in lotta per la vittoria.
Quest’anno hai corso con due piloti giovanissimi, Arthur Leclerc e Tommaso Mosca. Com’è stato lavorare con loro?
Già nel 2023 avevo corso con Tommaso, abbiamo vinto insieme il Campionato Italiano GT e la stagione è stata estremamente positiva. All’inizio non lo conoscevo bene, sapevo che aveva già corso nell’endurance ma mi aspettavo di dovergli fare un po’ di scuola. Invece dopo il primo turno di prove libere mi sono reso conto che avevo un grandissimo compagno, un ragazzo veramente forte sia sul giro secco che sul ritmo di gara, oltre che molto educato. Ci siamo aiutati e dati punti di riferimento per tutta la stagione, vincendo il titolo. Quest’anno si è inserito Arthur, che non appena è salito in macchina si è adattato e ha capito come andare forte. Eravamo sempre tutti e tre in linea e sono davvero contento, anche perché se mettiamo insieme le loro età non arriviamo alla mia! Io li chiamo i “nipotini” ma è stato davvero bello correre con loro.
Qual è il consiglio più prezioso che gli hai dato?
Non hanno avuto bisogno di grandi consigli da parte mia, ci siamo sempre scambiati le opinioni per capire come dare il massimo. Ciò che posso dirgli è di continuare a fare esperienza e che le gare endurance non finiscono dopo la prima curva anche se sono già molto bravi e ben preparati, quindi per loro vedo un grande futuro.
Pensi che il mondo dell’endurance sia cambiato dal tuo debutto ad oggi?
Il bello delle gare endurance è che essendo così lunghe può succedere di tutto, basta pensare che con Gianmaria Bruni e Toni Vilander abbiamo vinto una 24h di Le Mans partendo ultimi. Più passano gli anni però e più il livello si alza, i team sono sempre più professionistici e le gare stanno diventando tante ore di qualifica, bisogna spingere dall’inizio alla fine. Adesso non ci si può permettere di gestire più di tanto il vantaggio.
E ci sono sempre più appassionati. Fa bene allo sport?
Allo sport fa bene. È come quando giochi una partita di calcio con il pubblico piuttosto che senza, è chiaro che fa piacere e ha tutto un altro sapore. C’è molta più attenzione adesso sui social e in televisione e questo fa benissimo sia alla Formula 1 che all’endurance, come a noi piloti.
Sono tantissimi anni che hai l’onore di avere il Cavallino sulla tuta. Cosa vuol dire rappresentare e guidare per un brand come Ferrari?
È sempre stato uno dei miei sogni nel cassetto e quando ho avuto la possibilità di correre in Formula 1 per la Scuderia Ferrari è stato bellissimo, anche se sono state solo cinque gare perché sostituivo Felipe Massa. Nel 2010 poi dovevo scegliere se rimanere nel mondiale oppure intraprendere la strada del mondo endurance con la famiglia Ferrari e ho scelto il Cavallino. Non me ne pento perché sento di averlo fatto nel momento giusto e ancora oggi infatti sono un pilota ufficiale del reparto Competizioni GT di Ferrari. Io ho ancora voglia di correre, quindi spero di poterlo continuare a fare.
E invece della nuova Ferrari 296 GT3 cosa ci dici?
È una macchina con un grandissimo potenziale, livellata dal BoP nei campionati ma capace di andare anche cinque secondi più forte di quanto va adesso. È una vettura incredibile che mi ha dato grandi sensazioni fin dal primo momento in cui l’ho guidata. Ho svolto anche dei test di sviluppo e ho capito il suo grande potenziale. Quest’anno lo abbiamo dimostrato anche noi nel CIGT, ma ha vinto già due 24h importanti, a Daytona e al Nurburgring.
Hai debuttato con le monoposto, hai corso in Formula 1 e sei stato protagonista nell'endurance. Qual è il ricordo più speciale per te?
Ce ne sono tanti, perché già anche il primo passo dal kart alla formula è stato indimenticabile, come il primo test che feci con la Ferrari. La mia prima vittoria in Formula 1 e le due 24h di Le Mans sono state speciali. Forse però il momento che mi è rimasto più impresso è stato quando nel mio primo weekend di Formula 1 sono andato al briefing dei piloti e avevo intorno a me Michael Schumacher, Gerhard Berger, Jean Alesi, Mika Hakkinen… tutti quei piloti che per me erano degli eroi, inavvicinabili, erano di fianco a me e io ero uno di loro. Non me lo dimenticherò mai.
Invece qual è secondo te la qualità fondamentale per un pilota che vuole arrivare lontano?
Non basta essere solo veloci in pista. Serve dedicarsi giorno e notte allo sport, sia sotto l’aspetto fisico che umano. Bisogna imparare ad interagire con gli sponsor, con la squadra. Ad esempio, in Formula 1 è così difficile arrivarci con solo venti posti in tutto il mondo ma anche facile durare poco.
Cambieresti qualcosa della tua carriera?
No, sono contento di quello che ho raccolto e di quello che ho fatto. Non tornerei mai indietro, anzi sono stato proprio fortunato.
Cos’è la paura per un pilota?
Quando si sale in macchina si ha paura di sbagliare e di non portare il risultato a casa, non solo per sé stessi, ma anche e principalmente per tutte le persone che lavorano nella squadra, sia in loco che in fabbrica. Ci sono centinaia di tecnici e addetti che si impegnano in tutti i progetti del motorsport, quindi se riesco a vincere è grazie a loro. Un pilota non ha né paura della velocità, né di farsi male. Anzi, se mai mi sentirò così vorrà dire che è arrivato il momento di appendere il casco al chiodo, ma per fortuna non ci penso proprio.
E invece cos’è la velocità?
La velocità è qualcosa che fa parte di me, sta nel mio sangue e circola per le mie vene da quando sono piccolino. Arrivare a 300 km/h so bene cosa vuol dire… non ti dico che la amo, ma sicuramente mi piace.
Chi è Giancarlo Fisichella?
È un ragazzo che ha coronato tanti sogni, di arrivare in Formula 1, correre per la Ferrari. Tutto quello che ho raccontato finora. Allo stesso tempo è anche un ragazzo normale, con una famiglia che ama e tre figli che sono la sua soddisfazione. Ho sempre cercato di stargli vicino, di dedicargli il mio tempo e quei cinque minuti passati insieme per andare a scuola, a calcio, a tennis, sono sempre stati importantissimi. Quando finivano le gare il mio primo pensiero era quello di voler tornare a casa per passare almeno un giorno con loro. Ha sempre fatto parte della mia mentalità.