Per dare un'idea della superiorità di Marc Marquez a Le Mans si possono utilizzare tanti numeri e combinarli in diverse frasi. Potremmo dire che nel suo peggior settore - il T4 (ci sono tre curve a destra) - riesce comunque a registrare il sesto miglior intertempo delle Prequalifiche. Potremmo certificare che in simulazione gara, con dura davanti e morbida dietro, il suo best lap è stato 1'30"530 (contornato da tanti altri giri sotto al muro dell'uno e trentuno, parete pressoché invalicabile per tutti gli altri), crono che gli sarebbe stato sufficiente per ottenere il nono tempo di giornata, guardare l'ultimo quarto d'ora spalmato e rilassato sulla seggiolina del box Ducati e risparmiare un paio di gomme soft. Eppure Marc, con l'errore di Jerez ancora fresco in mente, sembra voler restare il più lontano possibile dai peccati di hybris: il time attack l'ha fatto eccome, culminandolo con un 1'29"855 che diventa nuovo record del Bugatti (sessanta millesimi meglio della pole 2024 di Jorge Martín) e miraggio per tutti gli altri piloti della MotoGP.
E pensare che Le Mans è storicamente e dichiaratamente una delle piste più ostiche per i gusti di Marc, che tra le pieghe destrorse e i cambi di direzione stretti dei Paesi della Loira ha sempre trovato materiale per perfezionarsi, per affinare i suoi punti deboli. Al termine di questo venerdì francese, invece, sembra che il 93 non abbia difetti, nervi scoperti: la differenza abominevole la fa nel terzo settore, nella staccata dopo il rettilineo posteriore e nella esse comunemente detta Chemin aux boeufs, dopodiché è tra i migliori in circolazione praticamente dappertutto, sia che abbia gomme nuove o alla frutta, sia che utilizzi il telaio vecchio o quello testato nel lunedì di Jerez, sia che il cielo mandi pioggia (prevista per domenica alle 14 e già presentatasi sotto forma di goccioline innocue alla fine delle FP1 mattiniere) o sputi raggi di sole. Il talento di Fabio Quartararo, spinto da un pubblico che si prepara ad invadere Le Mans per puntellare un'affluenza che già nel 2024 era stata da record, riesce a limitare i danni del gruppo compatto di piloti chiamati ad inseguire: 177 millesimi di distacco rendono Marquez meno inarrivabile di quanto sembri, col Diablo che ha mostrato una costanza sul passo gara assolutamente in linea con la prestazione nel time attack e con quanto fatto vedere due settimane fa a Jerez. Rispetto all'Andalusia, invece, Pecco Bagnaia pare aver compiuto un piccolo passo in avanti: l'1'30"039 (184 millesimi dal compagno di squadra) siglato a tempo quasi scaduto è incoraggiante se si considera che pochi minuti prima il 63, seduto nel box rosso, lamentava a Cristian Gabarrini l'ormai ricorrente mancanza di feeling all'avantreno, che invece diventa fonte più evidente di una difficoltà nel momento in cui si vanno a spulciare i passi gara, dove Pecco - a differenza di Quartararo e Vinales - non è mai riuscito ad abbattere il muro dell'uno e trentuno.
In quarta e quinta posizione troviamo le Gresini di un ottimo Fermin Aldeguer e di un Alex Marquez più sottotono rispetto a Jerez. Con un hot lap tutto cuore e istinto, nei minuti finali, Jack Miller graffia un grandissimo sesto tempo, davanti alla KTM di Pedro Acosta e di Maverick Vinales, che riscontriamo in ottava piazza solo a causa di una scivolata al Chemin aux boeufs tra il primo e il secondo tentativo del time attack (il potenziale per rientrare nei migliori tre di giornata, altrimenti, sarebbe stato abbondantemente a disposizione). Nono Franco Morbidelli, protagonista di un venerdì falcidiato da una piccola scivolata d'avantreno al mattino e da problemi all'abbassatore al pomeriggio, davanti a Marco Bezzecchi, che a bandiera a scacchi esposta ha strappato la top ten a Luca Marini. Il numero 10, autore comunque di un venerdì positivo, si giocherà l'accesso alla Q2 domattina alle 10:45 con i compagni di marca - Johann Zarco e Joan Mir, rispettivamente 12° e 14°, sono scivolati nell'ultimo quarto d'ora - con un Enea Bastianini (tredicesimo) che ha in Le Mans una delle piste preferite, con le Trackhouse di Ogura e Raul Fernandez apparse piuttosto in difficoltà (a parte qualche lampo del giapponese al mattino), con Alex Rins, Brad Binder (anche lui nel ghiaione alla Esses Bleu) e con un Fabio Di Giannantonio che facilmente vorrà dimenticare questa giornata. Per il romano del Team VR46 tantissimi problemi in ingresso curva, dove ha ravvisato una GP25 troppo "alta" (Diggia utilizza anche un angolo di sterzo più stretto rispetto agli altri ducatisti) e lontana da quel contatto con l'asfalto che garantisce fiducia.
