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In Australia il mondiale dice Pecco Bagnaia, che ci fa stare male come la nostra Nazionale (e il vecchio Valentino Rossi)

  • di Cosimo Curatola Cosimo Curatola

21 ottobre 2023

In Australia il mondiale dice Pecco Bagnaia, che ci fa stare male come la nostra Nazionale (e il vecchio Valentino Rossi)
Francesco Bagnaia è passato dai sette punti da recuperare di sabato scorso ai 27 di vantaggio di Phillip Island. È veloce Pecco, sempre attento all’occasione giusta, ma l’esplosività di Jorge Martín è difficilissima da tenere a freno. Così lui si ritrova a soffrire, esattamente come i grandi dello sport italiano

di Cosimo Curatola Cosimo Curatola

C’è una cosa, a pensarci, che accomuna le ultime due stagioni di Francesco Bagnaia, quelle corse per vincere il titolo: Pecco soffre. Lo fa nel 2022, quando nonostante una moto pressoché perfetta si ritrova a dover recuperare 91 punti. Lo fa pure quest'anno però, scoprendo che più difficile di vincere un mondiale c’è solo vincerne due di fila. Ieri era Fabio Quartararo, oggi è Jorge Martín. Era sembrata facile fino a Barcellona, quando tra le domande a fine weekend gli si chiedeva sempre del mondiale e lui rispondeva che era presto per pensarci. Aveva ragione: la caduta del Montmelò, Brad Binder che gli passa sulle ginocchia, la scivolata in India, Jorge che è un toro scatenato come Robert De Niro quando interpreta Jake LaMotta. Finisce che in Indonesia, dopo la gara del sabato, Pecco è a 7 punti da Jorge che guida la classifica della MotoGP per la prima volta in vita sua. Una buona metà dei piloti dà per favorito lo spagnolo. Poi le cose cambiano, Martín sbaglia e Bagnaia va a prendersi la vittoria dalla 13° posizione: forse, per il ritmo che aveva e le gomme scelte, Pecco avrebbe vinto comunque, anche se l’altro non fosse caduto. Valentino Rossi glielo aveva detto già a Jerez, quando per la prima volta Bagnaia era riuscito a vincere la gara dopo essere passato dalla Q1: deve soffrire un po’ Pecco, altrimenti poi si emoziona e finisce per distrarsi.

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Sta di fatto che, anche in Australia, Bagnaia sbaglia da subito mancando l’accesso diretto in Q2 per un niente, perché la gomma morbida sulla sua Desmosedici non funziona come ci si sarebbe aspettato. In qualche modo riesce a qualificarsi terzo con un giro a vita persa, di quelli che a lui non vedi fare tanto spesso: Pecco è un pilota che solitamente alla prestazione ci arriva di peso, è uno che in zona record ci trasloca proprio con camion di caschi rossi, quasi mai taglia il traguardo spremendo l’ultimo millesimo, eppure a Phillip Island è andata così. 

In partenza sembra di vederlo in difficoltà, passato subito da Fabio Di Giannantonio e poi in crisi a gestire Johann Zarco, che lo supera in staccata senza troppa fatica. Pensi che a Pecco sia venuto un po’ il braccino, che non voglia sbagliare. Che la velocità questo fine settimana non c’è. Invece le gomme cambiano tutto e lui, che ha passato la gara a chiudere il gas per non distruggere le gomme, chiude con un secondo posto fenomenale, frutto di un sorpasso da tiratore scelto su Jorge Martin alla curva quattro: passa Johann, si apre un varco e si infila anche lui. È roba di secondi, come un gol da numero 10: posizione, decisione, improvvisazione. Ed è qui che Pecco Bagnaia, a modo suo, ricorda le grandi imprese della nostra Nazionale.

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Quella che fatica, che ci mette il cuore, che non vince mai con il favore del pronostico ma lo fa spesso comunque, forte di quel pizzico di magia che cambia le cose. Nel nostro paese ci sono alcuni tra gli sportivi più vincenti al mondo, eppure è tutta gente che ci arriva col sangue e la fatica: guardate Gimbo Tamberi, Jannik Sinner. Guardate Valentino Rossi, che anche quando tutto andava bene fino alla domenica mattina avrebbe potuto finire la gara a metà classifica. Francesco Bagnaia non è il Brasile del calcio, è un piccolo miracolo come la Nazionale dei tempi migliori, una montagna di perseveranza con un tocco di fantasia in cima. Ogni tanto ci piacerebbe anche vedere i nostri competere con una superiorità spaventosa rispetto all’avversario. Eppure alla fine, ogni maledetta domenica, scopriamo che così c’è più gusto ad arrivare davanti.

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