La MotoGP, le corse, i piloti: roba veloce, velocissima. Viaggia forte anche quello che ci gira intorno, soldi e decisioni, e in un attimo velocità e fortuna diventano fondamentali. Lo sanno benissimo i piloti, tutti scaramantici dal giorno in cui scoprono che la sfiga può farti perdere una gara. Prendi una curva a cinque chilometri in meno degli altri e arriverai dietro, prendila a dieci in più finisci col muso a raspare la ghiaia. Pochissime eccezioni. Lorenzo Baldassarri ha vinto la prima volta nel mondiale a Misano 2016, battendo Johann Zarco e Alex Rins mentre correva in squadra con Luca Marini: oggi tutti e tre sono in MotoGP mentre lui è in Supersport 600. Era arrivato a tanto così dal mondiale e poi, forse, quando vincerlo gli avrebbe dato un posto in MotoGP, tutto è andato male ed è rimasto in Moto2. A provarci e a farsi il sangue cattivo, a soffrire. A dire ‘forse non è il mio’. Poi qualcuno gli ha suggerito di prendere un’altra strada, più lunga e faticosa, per arrivare lassù, in MotoGP. Baldassarri è passato alla Supersport 600, come qualche anno prima aveva fatto anche Andrea Locatelli. E ad Aragon, alle prime due gare della stagione, ha regalato spettacolo: veloce, concreto, maniacale. All’ultima curva di Gara1, contro Dominique Aegerter, tira fuori una manovra mai vista. In Gara2 chiude al secondo posto. Ti obbliga, insomma, a seguire la Supersport 600 con un'attenzione che non credevi possibile. Poi torna a casa a dormire in seguito a due giorni di insonnia: quando gli telefoniamo si è svegliato da poco.
"Ero arrivato al punto in cui non andavo proprio più. Neanche un giro, due curve. Mi sentivo un idiota"
Partiamo dalla fine: come è stato il rientro a casa?
“Bello, perché finalmente sono riuscito a dormire un po’. Le scorse notti invece sono state insonni”.
Avevi addosso la tensione del debutto?
“Ero molto sul pezzo. Più che la tensione, perché mi sentivo tranquillo e so che avevamo il potenziale per fare bene, è stato perché ci tenevo. Volevo dare tutto e sapevo che le cose stavano andando bene come non succedeva da un po’. Come gli esami a scuola, magari alle elementari non hai gran voglia, ma se arrivi alla tesi di laurea ci stai più attento e magari non dormi”.
Mi ricordo quando sei salito per la prima volta sulla Yamaha R6 del Team Evan Bros, quando hai detto di aver ritrovato il gusto di andare in moto. Come l’hai vissuta?
“Ero emozionato, carico come un bambino al parco giochi. Nel weekend di gara poi c’è tensione, non è come girare da soli a Misano. Però si sono riconfermate le stesse sensazioni, anche in qualifica: ero convinto di prendere paga sul giro secco e invece sono stato veloce anche lì. Non vedevo l’ora di guidare, ero in ansia, ma un’ansia positiva”.
Hai un talento spaventoso, ma è arrivato un momento in cui la gente diceva ‘non è buono’, ‘non va forte’. E dopo tante gare difficili, tornando a casa, forse finisci per crederci anche tu. Come ne sei uscito?
“Avevo un gran peso sulle spalle che avrebbe potuto affondarmi totalmente. Ero arrivato ad un punto, l’anno scorso, in cui non è che andavo male ad una gara o sbagliavo una qualifica, non andavo proprio più. Neanche un giro, due curve. Mi sentivo un idiota. E la sera, quando vai a dormire, te le fai due domande. Quest’inverno non è stato facile, ma da quando ho messo il sedere su quella moto e con quel team ho avuto come un flashback. Le stesse sensazioni di quando vincevo in Moto2. Poi anche a Misano, con il motore standard, mi sembrava proprio di essere tornato al 2016, quando vincevo. E mi sono chiesto cosa fosse successo nel frattempo”.
Secondo te perché? Le gomme così dure, un telaio difficile da interpretare, il motore Triumph?
“Un’insieme di cose. Il motore Triumph mi è piaciuto da subito, quando l’hanno cambiato ho vinto due gare, prima in Qatar e poi in Argentina. Poi c’è stato un continuo cambiamento di gomme, telai… Io mi sono un po’ perso perché il mio target era vincere e avevo la vittoria del campionato così vicina che, quando mi si è smontato tutto, ho accusato il colpo. Con le ultime modifiche alle gomme il team non è riuscito a supportarmi, a stare al passo con gli aggiornamenti. Questa è la verità. E per me è stata dura. Poi l’anno scorso ho ricevuto un altro colpo basso che mi ha portato ancora più giù. Una difficoltà che mi sono portato addosso anche al primo test con Evan Bros. Anche lì, all’inizio, mi sono sentito un incapace. Poi strada facendo mi sono tolto dei pesi e sono arrivato a ritrovare l’attitudine”.
Quel profumino di velocità che ti fa andare forte con naturalezza.
“Si, è quello spingere che tu stai andando forte ma nemmeno te ne accorgi. Mi mancava, mi mancava molto”.
"In MotoGP è tutto più televisivo, girano attorno interessi, soldi. Ma l’anno scorso non mi cagava più nessuno, ero uno sfigato"
Hai fatto anche un percorso con uno psicologo o sei salito sulla moto e ad un certo punto l’hai trovata tua?
“Io ci ho sempre lavorato e devo dire che ha dato una mano. Ora c’è un ragazzo che mi segue da un po’ e con lui non ci fermiamo agli esercizi per i riflessi e via dicendo, andiamo anche sul fattore psicologico. Questo mi ha aiutato a vedere un po’ il bicchiere mezzo pieno, a imparare anche da un anno disastroso come il 2021. Quell’anno ero a tanto così da smettere, forse però mi ha fatto la pelle dura, ora mi sento addosso una corazza”.
Parliamo delle due gare di Aragon: quell’ultima curva con Aegerter è stata spaventosa.
“È stata una figata perché mi è venuto anche il numero. Io scherzavo con i ragazzi del team, gliel’ho detto: ‘obbiettivo spettacolo, del resto non mi interessa nulla’. Ed è andata così, non sono stato molto a ragionare. Ho rischiato, l'ho fatto anche all’ultimo giro quando potevo accontentarmi del secondo posto. Invece l’ho persa prima davanti, alla 7, e poi all’ultima curva… Ero convinto che Aegerter avrebbe provato a fregarmi, ma mi sono detto ‘non ti lascio neanche un millimetro all’interno, se vuoi mi devi girare attorno all’esterno, ma sarà dura’. L’ho chiusa di brutto, solo che sono entrato un po’ forte e c’erano 20 Km/h di vento che portava fuori, quindi l’anteriore ad un certo punto ha mollato. Non so neanche io come l’ho tenuta, ma ero lì al centodieci per cento. Ho avuto anche un po’ di fortuna, ma ero sul pezzo e dopo una gara così non potevo andare per terra. L’ho tenuta con tutte le forze, è arrivato Aegerter e ho fatto sponda come nei videogiochi. Lì è partita dietro, davanti, un casino…”
Il circo vero! In Gara2, invece, sei stato più conservativo.
“Si, è stata una gara un po’ più di gestione. Ero un po’ più al limite col davanti ed ero convinto di averla in tasca, ma ho sottovalutato Aegerter all’ultima curva. Mi sono detto ‘questo lo sa che sono un matto, non ci riprova a buttarsi all’interno’ e invece s’è buttato. Ho provato a incrociarlo, ma ho dato troppo gas e mi è partita dietro. Ho lasciato lì quei trenta millesimi”.
L’obiettivo quest’anno è il titolo.Oltre a Dominique Aegerter chi sono i più pericolosi? C’è il turco, Can Oncu, e anche Nicolò Bulega che ha fatto un percorso simile al tuo…
“È un campionato da non sottovalutare. Aegerter è quello con più esperienza ed è in un team, come il mio, che ha una grande storia nel campionato. Lui è quello da tenere più d’occhio. Anche il turco è talentuoso, va forte, è un bel matto. Ma le altre moto non sono da meno: la Ducati è in crescita ed è normale che MV Agusta ha fatto un po’ fatica alla prima gara. Però hanno un gran motore, ogni tre gare ci sarà il bilanciamento tecnico e Ducati ha già fatto il primo podio. Bisognerà tenerli d’occhio”.
In termini di paddock invece quando cambia la vita del pilota? Molti raccontano che fuori dalla MotoGP le corse sono diverse, Danilo Petrucci ad Austin ha raccontato che nel MotoAmerica dorme in tenda ma che le gare in moto hanno un altro sapore. Tu hai sentito questa differenza?
“Mah, io non ho sentito tanto questo salto. Negli ultimi anni con il covid il paddock della MotoGP era molto più tranquillo. Di base in MotoGP è tutto più televisivo, girano attorno interessi, soldi. Ma l’anno scorso non mi cagava più nessuno, ero uno sfigato e sinceramente non ho sentito granché questo salto. Però l’approccio è un po’ diverso, a partire dalla squadra. A livello di professionalità sono uno spettacolo, ma la vivono un po’ più all’antica: più passione, meno tensione. La MotoGP in questo senso è più vicina alla Formula 1”
"Ci sono riuscito, mi sono rialzato e sono andato a vincere. Dalle stelle alle stalle e ritorno, è sempre questione di un attimo"
Tra due settimane correte ad Assen. Come la vedi?
“Interessante, saremo in casa degli avversari perché il Team Ten Kate è olandese. Ma a me e al mio capotecnico piace il layout, gira a nostro favore. L’obiettivo è ancora una volta lo spettacolo, andare forte e fare qualche gara intelligente senza esagerare. Del resto parleremo più avanti”.
Guardi ancora la MotoGP?
“Si, la guardo sempre perché rimane il mio sogno. La Moto2 la vedo con un po’ più di rigetto ma la seguo lo stesso, perché comunque è la mia passione, mi piacciono di brutto le moto”.
Come hai vissuto il GP di Austin? Marc Marquez ha fatto una gara incredibile.
“Bastianini mi ha sorpreso, sapevo che avrebbe fatto bene ma non pensavo che avrebbe potuto fare tutta questa differenza rispetto alle Ducati ufficiali, che invece sono un po’ in difficoltà. Dai test sembrava che avrebbero vinto a mani basse, invece ci sono delle case - come l’Aprilia - che sono venute fuori forte. E sono contento per loro perché in Argentina hanno fatto una gara spaventosa. Adesso è tornato forte Bastianini, mi fa un gran piacere ma, lo dico senza cattiveria, forse mi dà anche un po’ fastidio perché non mi vedo così lontano da quel sogno. Ora si è allontanato, ma rimane sempre un sogno acceso e si può avverare. Non molliamo niente”.
Chi vince il mondiale della MotoGP?
“Mi metti in difficoltà, non c’è un vero leader a fare la differenza. Quartararo sta facendo fatica, Marquez non lo vedo molto in forma… Non mi sbilancio, al massimo dico Bastianini, va fortissimo ed è davanti nel mondiale”.
E in Superbike?
“Mi piace di brutto Cionni Rea, è un grande, ma dico Toprak Razgatlioglu. E comunque sono tre cagnacci mica da ridere, sono proprio degli animali e le gare della Superbike mi piacciono da matti. Bautista secondo me ha il pacchetto migliore, ma gli altri due…”.
Non so se sei tipo da tatuaggi celebrativi. Ma in caso, quando sarebbe il momento di tatuarti una fenice?
“La rinascita, dici. Potrei farlo anche adesso, però non ne ho bisogno, io lo sapevo. Sono sempre io. L’ultima curva ha rispecchiato un po’ il mio passato in Moto2, cresci fino arrivare all’apice e poi - pam - caschi per terra e ti rialzi. Lì ci sono riuscito, mi sono rialzato e sono andato a vincere. Dalle stelle alle stalle e ritorno, è sempre questione di un attimo”.