In quattro anni di infortuni, recuperi e rientri, su Marc Marquez si è sentito di tutto. Ora, mentre la sua Honda sembra lontanissima dal mezzo con cui ha vinto sei dei suoi otto titoli mondiali, c’è chi dice che dovrebbe cambiare moto, magari ritirarsi. C’è poi chi, come Alvaro Bautista, gli suggerisce di rivedere il suo stile di guida per adattarsi meglio agli sviluppi tecnici delle ultime stagioni: l’aerodinamica non è più un aiutino, è una parte fondamentale della moto ed in quanto tale va a modificarne il comportamento, rendendo più difficili i sorpassi e le staccate per chi si trova in scia ad un altro pilota.
Mentre è probabile che Marquez stia già lavorando per adattarsi a questa nuova era della MotoGP, che comunque potrebbe finire nel 2026 con l’introduzione del nuovo regolamento tecnico, ci sono buone possibilità che in termini di approccio alle corse Marc non abbia nessuna intenzione di cambiare. La prova tangibile di questo suo approccio l’abbiamo avuta nelle ultime gare prima della pausa: le cinque cadute al Sachsenring lo avevano persuaso a rinunciare, a smetterla con i rischi in un momento in cui c’era tutto da perdere e nulla da guadagnare. Invece appena cinque giorni più tardi - con infortuni di vario genere con cui fare i conti - Marc si è presentato ad Assen con l’intenzione di correre. Non importa che abbia deciso poi di ritirarsi con un passaggio dai medici, solo il fatto che abbia avuto l’idea di salire in moto lascia intendere quanto in realtà sia cambiato poco rispetto al 2020 e al conseguente rientro dopo la frattura rimediata a Jerez. Altro che ritiro, altro che approccio conservativo in attesa di tempi migliori.
Marc Marquez è testardo. Non ha un piano, non ha intenzione di fermarsi. Viaggia dritto come un treno senza pensare al domani, con il bersaglio grosso negli occhi e l’ossessione per il risultato. È vero che ha traslocato, cambiato manager e trovato una fidanzata, ma nelle corse, in pista insomma, resterà sempre così, un violento scommettitore. Giovane per sempre, anche ora che sta affrontando quella che per ogni atleta d’altro livello si può riassumere come la crisi dei trent’anni: il fisico non è più quello di prima, gli avversari nemmeno e tutto diventa più difficile.
Davvero c’è chi si aspetta che rinunci a correre? che abbandoni il sogno? Non lo farà. Così come non comincerà mai a correre stando attento a non cadere, a non farsi male. È giusto così, lo diceva anche Loris Capirossi nel suo libro: il giorno in cui ti viene paura è anche quello in cui decidi di smettere. Ecco perché Marc Marquez ha finito per strappare un sorriso a tutti in questi anni, anche a chi non gli ha ancora perdonato il 2015. È, come lo definì Meda in tempi non sospetti, un cabroncito, un vero testardo. Quello che si dice in giro però è vero: o cambia approccio o rischia di finire male. L’unico modo per far si che, un domani, lasci le corse con relativa serenità, è sperare che torni competitivo e che venga battuto dalle nuove generazioni.