In questi giorni - ve ne sarete accorti - è stata lanciata una campagna di sensibilizzazione sul Ddl Zan, il disegno di legge sulla tutela dell’omotransfobia bloccato in Senato dopo l’approvazione alla Camera. Personaggi dello spettacolo, della politica e dello sport hanno postato, ognuno a modo proprio, la foto che ha fatto il giro dei social: selfie, mano aperta e la scritta Ddl Zan sul palmo. Così ha fatto anche Irene Saderini, che però è stata attaccata duramente da una parte dei suoi follower. Quando l’abbiamo contatta per farci spiegare il suo punto di vista però, non era entusiasta: “Parlare di questi temi quando non ti toccano in prima persona è sempre un po autoreferenziale, non lo so, mi pare che ci si riempia facilmente la bocca. Del resto se non se ne parla fa male uguale”. E quindi eccoci, in una lunga telefonata che vi riassumiamo qui di seguito per parlare della legge più discussa degli ultimi tempi.
Ti sei schierata a favore del Ddl Zan.
“È una proposta che mi era già piaciuta a suo tempo, quando ci provò Nichi Vendola nel 1996, anche se poi non se ne fece nulla. Ecco, il Ddl Zan riprende quella proposta e la migliora. Penso che non bisognerebbe neanche parlarne, è semplicemente una cosa che andrebbe fatta. La seconda parte poi mi piace molto”.
Ovvero?
“L’articolo 8 per esempio, che propone che venga fatta una ricerca dell’ISTAT almeno una volta ogni 3 anni per rilevare gli atteggiamenti della popolazione sul tema. È importante. Anche l’articolo 5, che propone il 17 maggio come giorno contro l’omofobia, credo sia un’ottima cosa. Non è un altro gay pride né tantomeno una data a caso. Il 17 maggio è giorno in cui, nel 1990, l’OMS ha tolto l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali. E lì non ce l’aveva inserita il grande puffo ma l’Organizzazione Mondiale della Sanità… Quando l'ho scoperto sono rimasta molto colpita. Per concludere dico che i 4 milioni di euro stanziati per le pari opportunità, che poi sono quelli che fanno arrabbiare la gente, non mi sembrano neanche troppi”.
Ad ogni modo la tua foto ha fatto scoppiare una polemica tra chi ti segue.
"Quando l’ho pubblicata ho capito che c’era qualcosa che non andava. La gente è arrivata a scrivermi i peggiori insulti. Io quei commenti li ho eliminato e bloccati, perché l’Instagram è il mio e gente così non la voglio. Se la gente se ne vuole andare tanto meglio”.
I social hanno un po’ sdoganato questo comportamento: ti seguo perché mi piaci però devi comportarti come piace a me.
“Si fottano. Sono come quelli che si lamentano del McDonald’s perché c’è l’hamburger vegano: non ci andare più, vivremo comunque. Io ingenuamente mi auguro che si tratti, per non usare termini volgari, di una minoranza fatta di persone molto chiuse”.
Resta il fatto che ti sei presa una bella doccia di insulti.
“Certo, ma essere adulti è anche questo. Prendere delle posizioni, schierarsi, perché altrimenti possiamo restare sempre bambini. Non avere argomenti o punti di vista non è un reato, ma non lo è nemmeno il contrario. Viviamo in una repubblica democratica e abbiamo il diritto di esprimere le nostre idee. Certo, lo so anche io che se ti fai gli affari tuoi su Instagram è meglio. Però dipende anche da quanto ti importa. Se uno sta sui social per attirare follower è meglio che faccia dell’altro, come pubblicare la foto di un piatto di pasta o un primo piano del sedere".
Carlo Pernat dice che non esistono omosessuali nel paddock della MotoGP. Tu come la vedi?
“Non sono una negazionista del Pernat pensiero, ma perché non dovrebbero esserci? Mi sembra normale che ci siano dei gay in MotoGP. Però capisco che persone come Carlo - che sono cresciute in un’epoca diversa dalla nostra - possano dire una cosa del genere. Che poi se un pilota che ha vinto dei mondiali fosse omosessuale i suoi titoli sarebbero meno importanti? Certo che no. Negli anni che ho passato nel paddock ho sentito sempre molto scherzare su questa cosa ed ho anche assistito a scene abbastanza equivoche, ma tutto sommato non mi sembra niente di che. Lo vedo più un problema di chi ha un problema con gli omosessuali”.