Trent’anni, un sogno realizzato e un altro che tutto pensava tranne di poter realizzare. Il nome? Ivan Nesta, telecronista di motorsport per Sky e, da qualche giorno, la voce che ha raccontato la prima vittoria vera da pilota di auto da corsa di Valentino Rossi. Il video di quell’ultimo giro a Misano accompagnato dalla sua voce, dalla sua emozione e da quella tecnica narrativa un po’ a cavallo tra Fabio Caressa e Guido Meda è virale da domenica ormai, ma a noi di MOW, che fermi non ci possiamo stare neanche con questo caldo, quel racconto in quella clip non è bastato. E a Ivan siamo andati a rompergli le scatole. Per farci raccontare ancora. E di più…
Cosa vuoi che ti racconti? E stata un’emozione che non si racconta.
In cronaca però le parole le hai trovate...
Sai quelle cose che dopo ore e ore ancora non sei pienamente cosciente d’aver vissuto davvero? Ecco, a distanza di poco più di 24 ore io sto in quello stato lì. Se faccio questo mestiere è perché da ragazzino Valentino Rossi mi ha fatto innamorare del motorsport. Volevo fare il telecronista di motorsport perché sognavo dentro la voce di Guido Meda che raccontava del 46, mentre guardavo le gare con mia mamma. Insomma, dirò pure la frase che diciamo in tantissimi, ma con Valentino Rossi ci sono cresciuto. Ecco perché se riguardo il video di domenica o i tanti filmati che girano ora sui social mi escono i lacrimoni. Paradossalmente, per quanto può essere stata tanta, domenica in cronaca l’emozione è stata minore. Lì sai di dover essere professionale, di avere il dovere di raccontare, anche se non nascondo che un po’ mi sono commosso. In cronaca le parole escono in maniera più facile, adesso mi viene da dirti solo che un’emozione così non si riesce a raccontarla e basta. Anche perché è arrivata in un fine settimana difficilissimo per me
Cioè?
Ho avuto un grave lutto in famiglia. L’ho saputo appena arrivato in circuito e mi sono chiesto a lungo se non fosse il caso di tornare a Roma, la mia città, e farmi sostituire. Però era come se sentissi qualcosa dentro che i diceva di restare lì a fare il mio lavoro e ho pensato che anche la persona cara che avevo appena perso mi avrebbe dato lo stesso consiglio. Alla fine ho preso la decisione di restare a Misano, di non andarmene e di fare comunque il mio lavoro, raccontando la gara del Fanatec GT
Ti aspettavi che Valentino Rossi potesse vincere?
Ultimamente è cresciuto tantissimo, i progressi che fa sono evidenti di gara in gara, ma oggettivamente non pensavo che la vittoria sarebbe arrivata così presto. Non ci sono aggettivi per descrivere Valentino Rossi.
Sei tra quelli che non credevano potesse fare bene anche con le auto?
Ci speravo, ma con lo spirito di chi crede nelle favole. Non significa che non ci credevo, ma avendo raccontato il Fanatec anche l’anno prima, avevo la percezione piena del livello e del fatto che tra i campionati GT, WEC compreso, è probabilmente quello più impegnativo di tutti. Mettiamola così, ci speravo, ma avevo coscienza che sarebbe stato veramente difficile. L’ho pure dichiarato all’inizio dell’avventura di Vale. Non certo per sfiducia nei suoi confronti o perché non lo considero capace, ma semplicemente per età, per fame che dopo tutto quello che ha vinto poteva anche non avere, per caratteristiche degli altri piloti e per il livello, veramente molto alto, di questo Fanatec. Poi, però, alla primissima gara ho avuto occasione di intervistarlo e m’è bastato guardarlo negli occhi per capire che stavo sbagliando e che la favola era possibile davvero. Uno con quegli occhi lì, uno che quando ti guarda ti trasmette tutta quell’intensità, non solo può fare bene ovunque, ma non ha proprio limiti
Che significa?
Dovresti guardarlo per capirlo fino in fondo. Si percepisce immediatamente che non sta lì per cazzeggiare, che il marketing non c’entra niente di niente e ha un atteggiamento da ragazzino che vuole carpire ogni segreto, capire ogni cosa. Sta lì e vuole imparare. Imparare per vincere. C’è riuscito domenica a Misano e, fidati, ci riuscirà ancora.
Realisticamente, dove potrebbe arrivare?
Io non mi sorprenderei più di nulla. E’ chiaro che se uno guarda l’età, la back road degli altri piloti e il livello – che è oggettivamente molto molto alto – viene da dire che Valentino Rossi, anni 44 e un’intera vita a fare tutt’altro, potrà togliersi soddisfazioni importanti anche nelle gare più prestigiose dell’endurance. Se invece lo guardi negli occhi, senza tenere conto di tutto il resto, ti viene da dire che uno così può arrivare pure in Formula1. Ha quella fame di chi ne vuole sempre ancora e di più. Ora, realisticamente, non sarà la Formula1, ma non mi sorprenderei davvero se gli riuscisse qualche altro mezzo miracolo. E è una cosa bellissima, perché il messaggio di cui è interprete nello sport, e probabilmente non solo nello sport, è qualcosa di altamente formativo. Forse Valentino Rossi andrebbe insegnato a scuola, per lo spirito che ha, per la voglia che ci mette e pure per l’umiltà che dimostra. Nel fanatec ci sono piloti che farebbero bene davvero anche in Formula1, talenti pazzeschi e con la metà dei suoi anni: lui è Valentino Rossi, è stato Valentino Rossi, eppure sta lì a provare a batterli e pure con l’atteggiamento di chi ha qualcosa da imparare da loro.
Eppure c’è già chi grida al complotto e ha tirato fuori una mezza teoria sul BoP che sembra del tutto simile a quella del gommino di quando correva in moto…
Il Bop è il sistema che bilancia le prestazioni delle auto in questo tipo di campionati. Se prendiamo singolarmente un’Audi R8, una BMW M4, o anche una Ferrari 296 e una qualsiasi delle altre macchine solitamente utilizzate nell’Endurance, non hanno chiaramente le stesse prestazioni. Quindi serve qualcosa che bilanci, per equiparare un po’ il livello e garantire equità e spettacolo. Ecco, è chiaro che quando uno vince gli altri mettono subito in dubbio il BoP. E’ così pure da prima di Valentino Rossi e se andiamo a guardare è così un po’ da sempre nella storia di tutto il motorsport. La verità è che questa cosa del BoP lascia il tempo che trova, roba che può avere un senso nel chiacchiericcio social, ma che non sta in piedi nella realtà dell’Endurance.