Jaume Masià vince il titolo della Moto3 al suo sesto anno nella categoria. Non è successo per caso, lo spagnolo ha spesso lottato per vittorie e titoli e quest’anno - guidando una Honda contro uno stuolo di KTM - ha messo in piedi un recupero da applausi a partire da metà stagione. In Qatar ci è arrivato con tredici punti di vantaggio su Ayumu Sasaki e ha vinto gara e titolo dopo aver fatto l’impossibile per ostacolare il rivale assieme al compagno di squadra, Adrian Fernandez. È un peccato, perché Masià aveva la velocità e il talento per portare a casa il mondiale con classe, magari davanti al pubblico di casa all’ultima gara dell’anno e senza aiuti. Inspiegabilmente invece, ha scelto di prendersi un avviso per cattiva condotta dalla direzione gara - roba che non si vedeva da tempo - e, non pago, di aizzare una polemica sulla gestione sportiva di Dorna una volta arrivato in sala stampa per parlare del titolo appena festeggiato. “Ho visto i messaggi della Race Direction, però non me ne sono preoccupato”, ha detto subito.
I colleghi austriaci di Speedweek, che hanno assistito alla scenata dello spagnolo, riportano così quello che avrebbe dovuto essere il suo momento d’oro, quando con l’adrenalina ancora in circolo Masià ha cominciato a cercare la polemica: “Dal GP della Malesia abbiamo adottato la strategia di far correre Adrian Fernandez dietro a Sasaki in gara, ma gli organizzatori sono venuti nel box a vietarci questa strategia. È stato sbagliato perché Adrian non ha fatto altro che corrergli dietro”.
A sentirlo così viene quasi da pensare che Jaume veda il mondo al contrario: di giochi di squadra è piena la storia nel mondo delle corse, ma sono cose che vengono fatte senza troppi proclami e accettate in quanto tali. Come è possibile che lui non sia il primo a rendersi conto che avere un aiuto esplicito per il campionato danneggia la sua immagine oltre che il campionato stesso? E cosa dovrebbe dire Sasaki, che invece si è trovato battuto dal compagno di squadra proprio mentre era a caccia del mondiale proprio perché queste sono le corse? Ad ogni modo, le idee di Masià continuano a sembrare fuori luogo anche quando parla del suo avversario: “Sinceramente sono scioccato da questa organizzazione e dalla gestione gara. È uno scherzo, è un circo e noi siamo lo zoo. Capisco che la MotoGP sia uno spettacolo (più che uno sport, ndr) e che le squadre vogliano piloti di determinate nazionalità, ma questo è ingiusto. Capisco anche che debbano vendere i diritti d’immagine, che debbano fare soldi altrimenti poi non ce ne sono da dare ai team. Io comunque sono rimasto molto deluso quando gli organizzatori hanno detto che Adrian non poteva stare dietro a Sasaki. Se analizzi questa cosa e ci pensi bene è uno scherzo. Dire di lasciare in pace un pilota e prenderne di mira un altro è grottesco”.
Qui ci sarebbe poco da commentare, se non una breve spiegazione sul suo punto di vista, così lontano dalla realtà da necessitare, forse, una piccola traduzione: per Masià Dorna deve vendere i diritti della MotoGP anche in Giappone, quindi far vincere un pilota giapponese è nei suoi interessi. Non ci si può arrabbiare, spiega, perché con i diritti TV Dorna paga le squadre, inclusa la sua Leopard. Ma se il problema è un motociclismo che diventa spettacolo (e non uno sport individuale) come può pensare che chiedere l’aiuto di un compagno di squadra possa rendergli onore? Il tutto, infine, sfocia con una scarica di nazionalismo in sala stampa, quando (sempre secondo Speedweek) Masià entra in sala stampa urlando: “Viva España!”, Concetto che subito sviluppa così: “Siamo il paese migliore, con il clima migliore, la gente migliore e la compagnia migliore, è per questo che tutti vengono in Spagna ad allenarsi. Siamo l’invidia del mondo perché abbiamo il talento e i circuiti”.
Il tutto come se Dorna non fosse spagnola e gli organizzatori osteggiassero in ogni maniera i piloti spagnoli. Magari non vengono aiutati, ma lasciare intendere che ci sia in atto un complotto contro gli spagnoli (da parte di spagnoli!) è un discorso che non sta in piedi. Specialmente considerando che in Qatar, per motivi religiosi, il Prosecco sul podio non lo porta nessuno.