E se Jorge Martín fosse il prossimo Marc Marquez? È la domanda che ci è balenata in testa vedendo From Heaven to Hell, uno speciale di circa trenta minuti prodotto da Dorna e visibile gratuitamente sul sito della MotoGP. Si tratta, manco a dirlo, della stagione 2025 dello spagnolo, roba così difficile da superare che Pecco Bagnaia a confronto ha passato i mesi a bagno nello champagne. Il documentario è girato bene, soprattutto nella prima parte: vediamo i cargo che atterrano in Malesia e le casse con le moto vengono svuotate, sentiamo il ritmo, la tensione, la realtà delle cose che fa fatica ad arrivare in tv e nelle sale stampa.
Il dramma di Jorge inizia subito, ovvero dopo 13 giri al primo giorno di test a Sepang. Highside, fratture, ambulanza, riabilitazione. Aprilia se la prenderà con Michelin. Niente di grave comunque, Martín riprende ad allenarsi e manca pochissimo alla prima gara dell’anno quando, in allenamento, cade nuovamente procurandosi diverse fratture. Salta quindi tre gare e saluta la possibilità di giocarsi il titolo. Rientra alla quarta, in Qatar, durante un mondiale che appariva già dominato dai fratelli Marquez, anche se ad Austin a vincere era stato Pecco Bagnaia. Jorge in Qatar perde la moto a fine gara e viene colpito da Fabio Di Giannantonio che gli era dietro. Frattura, pneumotorace e lunghe giornate in ospedale senza nemmeno poter volare in Spagna a causa della contusione polmonare. La fidanzata, Maria, dice che quando l’ha visto dopo l’incidente Jorge ha cominciato a piangere forte: “Era sicuro che sarebbe morto”, racconta. È una frase che fa il giro del mondo. E che spiega bene cosa significhi fare quel mestiere lì, motivo per cui è sempre più comprensibile il suo atteggiamento poco più tardi, quando ha cercato di scappare dall’Aprilia per firmare un triennale con HRC. Dalla notizia trapelata dopo il GP di Francia a Le Mans fino alla conferenza stampa in cui annunciava che sarebbe rimasto (a Brno) è successo di tutto, tra cui le belle gare di Marco Bezzecchi e l’Aprilia All Stars a Misano, quando i tifosi hanno comunque applaudito lo spagnolo.
Martín ne esce da uomo, con qualche lacrima in diretta e una dignità fuori programma: “Non è sbagliato raccontare di avere avuto dei dubbi”, gli suggerisce Antonio Boselli prima dell’incontro con i giornalisti. E così Jorge racconta la sua versione e non c’è che da applaudirlo. Poi però arriva il Giappone, Martín sbaglia la staccata della Sprint, butta fuori Bezzecchi e si infortuna nuovamente, stavolta alla clavicola. A fine anno avrà tagliato il traguardo di 4 GP, lo stesso numero degli infortuni subiti.
Lo speciale è ben fatto, anche se risolve la seconda metà di stagione in quattro minuti. Il punto è che a vedere questo Jorge Martín viene da pensare che da lui, nel 2026, potremmo vedere una rinascita di alto livello, roba alla Marc Marquez. Certo, Marc ha spalato fango per quattro anni dopo aver già vinto 8 titoli mondiali, eppure la motivazione che muove piloti così è la stessa. Jorge si è sentito deperire in un letto d’ospedale mentre gli altri correvano, ha pensato alla morte e ha visto il compagno di squadra prendersi le vittorie e la stima del paddock. Ma in termini di talento Jorge può farcela, può spingere fino a produrre un comeback micidiale e giocarsi ancora una volta il titolo. In breve, nel 2026 può essere il nuovo Marc Marquez. Chissà nel frattempo dove arriverà quello vecchio.