Non è Jorge Martín il campione del mondo 2023, ma dobbiamo dire grazie al madrileno se questa MotoGP ci ha tenuti incollati al divano sino all'ultimo semaforo rosso di una stagione lunga nove mesi e 42 gare, inaugurate da altrettante partenze al cardiopalma. È scattato a fionda anche oggi Jorge, con un solo obiettivo in testa: vincere, dominare e sperare che Bagnaia non facesse meglio di sesto. Secondo alla seconda curva, dai confini della seconda fila in griglia di partenza. Martín aveva solo Bagnaia di fronte a sé; l'ha mirato sin da subito con l'obiettivo di scavalcarlo e lasciare in mano al piemontese il destino di entrambi. La scia della Ducati rossa, però, ha aspirato Martín in fondo al dritto, all'inizio del terzo giro, costringendo Jorge a chiudere gli occhi, andare "lungo", e sperare che la sua ruota anteriore non inciampasse sul retrotreno del numero 1. Nella via di fuga della prima curva Jorge - dopo un attimo in cui Valencia è andata in panico - ci è finito da solo. È rientrato in ottava posizione, era il più veloce di tutti, si vedeva ad occhio nudo. Maverick Vinales, però, gli ha opposto una resistenza coriacea, inaspettata. Martín deve essersi ulteriormente innervosito e, dopo aver affondato il colpo su Maverick, non ha aspettato un secondo per replicare l'azione su Marc Marquez. Il 93, dall'esterno di curva 4, ha chiuso la porta. Martín ormai era entrato: contatto inevitabile. L'otto volte campione del mondo lanciato in aria e i sogni mondiali di Jorge Martín finiti definitivamente in frantumi.
Jorge Martín è stato senza dubbio il più rapido nella seconda metà di questo 2023. Ha trasformato un campionato che sembrava irrimediabilmente indirizzato verso Chivasso in una spettacolare lotta punto a punto, densa di talento, tensione e tattica. Forse l'esperienza di Pecco nella gestione dei momenti cruciali, quelli in cui ci si gioca un titolo mondiale, è stata decisiva. Perché Martín, sotto questo punto di vista, era un novellino (il titolo vinto in Moto3 nel 2018 era stato vinto con diverse gare d'anticipo, scaturito da una superiorità assoluta). Il madrileno si è giocato alla grande le sue carte: velocità pura impareggiabile, cattiveria agonistica invidiabile, coraggio, attributi, vantaggi mediatici e svantaggi pratici dell'essere in un team clienti. Eppure Jorge non è mai andato oltre i labili margini della correttezza, non ha mai trascinato la bagarre all'esasperazione. È stato protagonista di un Mondiale pulito, intenso, rendendolo sul finale appassionante. Un 2023 che, se non lo vede campione, incorona un futuro luminosissimo.
Per la prima volta in nove mesi da togliere il fiato Jorge Martín - all'ultimo incontro della stagione coi media - si è voltato indietro: "Il miglior momento della stagione? Difficile, le due vittorie di Misano sono state le mie gare migliori, senza dubbio. Anche per il fatto di aver trionfato nel giardino di Pecco, è stato impagabile. Poi quando siamo andati in India ho vinto la Sprint, e alla domenica sono arrivato secondo con la gomma sbagliata. Poi in Giappone ho fatto doppietta e lì per la prima volta ho pensato 'forse possiamo davvero vincere il Mondiale'. Dalla Thailandia al Qatar non mi sono divertito. È stata la prima volta in cui ho sentito questa particolare pressione del titolo mondiale, ho faticato molto mentalmente. Infatti penso che, quando riesco a divertirmi come ho fatto questo weekend, io sia il più veloce. Ho imparato questa cosa, e proverò a divertirmi dalla prima gara dell'anno prossimo (sorride). Se devo scegliere una gara dove ho perso il titolo? Forse ne devo prendere due, l'Indonesia e l'Australia. In quelle gare l'equilibrio è cambiato, dal poter essere cambiato con 20 punti di vantaggio sono passato ad essere secondo con 27 di distacco. Essere così forte in quel momento mi ha dato forse troppa confidenza, la sensazione di poter fare quello che volevo. Infatti a Phillip Island ho pensato di poter vincere con un'altra gomma, con cinque secondi su tutti. Ma in MotoGP non lo puoi fare, devi essere consapevole delle tue possibilità e delle potenzialità degli avversari. Quest'anno ho fatto tre errori la domenica su ventun gare. Il target è eliminare gli errori per l'anno prossimo, in questo modo porteremo sicuramente il campionato a casa".
Poi è stato il momento di analizzare i sei giri scarsi di una domenica che Jorge sperava finisse in ben altro modo: "Volevo sorpassare Pecco in curva 1, penso fosse la cosa migliore per provare a ribaltare un po' la situazione. Però sul dritto ho visto che era troppo rischioso attaccare subito, ma ormai ero già stato risucchiato dalla scia ed è stato uno dei momenti più tesi della mia vita. Ho pensato che l'avrei centrato e sarebbe stato un gran volo. Così ho provato ad evitare Pecco, ma all'esterno era molto scivoloso e ho perso un sacco di tempo. Poi ho cercato di rimontare e penso che avessi un gran passo. Sebbene stessi cercando di gestire le gomme facevo grandi tempi, e sinceramente non ho capito cosa Vinales stesse facendo. Era sesto, io lottavo per il titolo, e ha resistito oltremodo sebbene ieri avesse detto di essere dalla mia parte. Poi mi sentivo decisamente più forte degli altri, forse dovevo essere più paziente dopo aver sorpassato Maverick. Invece ho subito tentato l'attacco su Marc, pensavo di essere all'interno e di aver guadagnato la posizione, ma poi lui ha lasciato i freni e ha chiuso la traiettoria quando io ero già in curva e non potevo fare niente. Mi dispiace anche per la sua caduta, perché alla fine è stato un contatto di gara e perché era la sua ultima gara in Honda. Parlerò con lui, penso sia stata una combinazione di fattori, non è stata colpa sua ma nemmeno mia. Poi ho voluto stare da solo con il mio team e piangere un po' insieme. Ho promesso loro che saremo campioni del mondo un giorno. Ora sto cominciando a lasciarmi tutto alle spalle. È stata una grande esperienza quella di quest'anno, ora siamo un team molto più maturo e possiamo lottare per tanti titoli mondiali.
Infine non manca qualche dichiarazione piccante rivolta al team ufficiale. Jorge Martín in Pramac, anche con un titolo mondiale smufato, è un uomo felice: "Credo a livello tecnico e di materiale non mi manchi niente per poter vincere il Mondiale in Pramac, mancano un po' gli aiuti esterni perché in Ducati hanno il potere di controllare gli altri piloti. Penso che se avessi vinto il Mondiale con la Pramac avrei rafforzato ancora di più ciò che dice la classifica, perché siamo la squadra campione. Alla fine credo di aver già dimostrato tutto ciò che è sufficiente per poter passare in rosso, non devo dimostrare nient'altro per la Ducati ufficiale. Io sto molto bene dove sono ora e per il 2025 vedremo. Le voci sul mio spostamento nel team factory in caso di vittoria del titolo oggi? Sinceramente credo non avessero senso, perché se vinci vuol dire che sei nel miglior team e noi siamo la squadra migliore. Credo anche che forse non sarò mai in rosso perché fare più di così è complicato. Se non mi hanno ancora messo nel team ufficiale vuol dire che forse non mi metteranno lì nemmeno in futuro. Pecco ha meritato molto questo titolo, ha fatto un lavoro meraviglioso per tutta la stagione e gli vanno fatti tanti complimenti. Per quanto mi riguarda penso che possa anche essere un giorno da dimenticare, in cui si potrebbe piangere, difatti prima ho pianto. Ma la verità è che in questo momento, nonostante ci si immagini che io provi tristezza assoluta, rabbia, dolore, io in realtà sento felicità. Abbiamo fatto la storia, con 13 vittorie e non so quanti podi e quanti giri in testa. Credo di essere solo all'inizio, che avrò moltri altri anni per lottare per il campionato, il nostro obiettivo quest'anno non era vincere il titolo ma arrivare nei primi tre. Direi che è stato centrato alla grande, avendo tantissimi punti di vantaggio sul terzo e arrivando qui a Valencia con buone possibilità di vincere addirittura il Mondiale. Sono davvero orgoglioso di quello che abbiamo fatto, ho una squadra meravigliosa con cui spero di poter lottare per il titolo la prossima stagione. Di sicuro siamo stati i più forti nella seconda parte del 2023, questo me lo porto dentro".