“Credo che ci siano cose infinitamente peggiori”. Jorge Martin conta le fratture e guarda indietro, senza dimenticare che essere un campione è pure saper riconoscere l’importanza delle non definitività. Ha visto il fondo da vicino, ma ha sempre saputo di poter risalire. Dopo l’incidente in quel maledetto kartodromo di Lleida – “caduta violenta, fratture complicate, costole che ancora fanno domande” – lo spagnolo ha vissuto un mese di buio: social silenziosi, prime gare saltate, il numero 1 sul cupolino Aprilia rimandato. Poi, come un risveglio in crescendo, il ritorno sui social, la sorpresa ad Austin, la voce che riemerge nel podcast di Aleix Espargaro. Ora, in esclusiva per Motorsport.com, svela il dietro le quinte di un incubo metabolizzato fino alla trasformazione in nuova energia.

“Se ci avessi pensato un paio di settimane prima, non avrei avuto la forza di andare ad Austin” – spiega. Un modo per dire che appena due settimane fa avrebbe detto no a tutto con quell’atteggiamento lì che si ha quando si sente che il mondo è appena crollato addosso. Quell’incidente sulla supermotard – “brutto, brutto davvero” – non è stato solo una questione di ossa rotte: “so cosa ho fatto e so che non lo rifarò più”. È stato un terremoto emotivo, un test per quella preparazione mentale di cui Martin ha fatto un vanto durante la cavalcata al titolo. “Lo psicologo? Mi ha aiutato, ma il vero lavoro l’ho fatto io. Senza quel training, sarebbe stato tutto più duro”. Tra le macerie, spunta un’illuminazione: “Marc e Pecco mi hanno detto ‘prenditi tempo’. Quando i rivali ti sostengono, capisci che lo sport è anche questo. Nel caso di Marc, quello che dice su questi argomenti ha molto valore, perché è stato infortunato per molto tempo. E lo dice con il cuore. È bello quando i tuoi avversari si interessano a te, perché fa capire che vogliono vederti in pista, a giocare con loro per le cose importanti. Quando si vede un collega che soffre, si entra molto in empatia con lui".

Il countdown per il GP del Qatar è partito, quindi, ma il pilota Aprilia non cade nella trappola della fretta. “Tornerò quando le condizioni fisiche me lo permetteranno. E non sarò al 100%. Non sarà una passeggiata, ma me la prenderò comoda senza esagerare”. La strategia? “Obiettivi chiari, crescita graduale, nessuna pressione di vittoria immediata”. Intanto, l’adattamento alla RS-GP prosegue a distanza: “Parlo ogni giorno con Rivola e Sterlacchini. Il potenziale c’è, Bezzecchi lo ha dimostrato”. Quello che manca sono i km in sella, il dialogo fisico con l’asfalto: “L’Aprilia ha fatto passi avanti. Ora tocca a me”.
Tra le cicatrici, Jorge ha trovato una nuova consapevolezza: “Quell’incidente non si ripeterà. Tornerò su quel circuito per affrontarlo, non per scordarlo”. E mentre i fisioterapisti lavorano su ossa e muscoli, la mente elabora lezioni preziose: “Ho capito che tutto passa. Anche il buio più profondo finisce”. La luce? Per il campione del mondo si chiama Losail International Circuit, primatappa del suo personalissimo calendario. Il numero 1 sul cupolino smetterà di essere un’ombra per diventare la nuova sfida perché, come sussurra lo stesso Martin, “essere campioni significa anche saper rialzarsi. Sempre. Credo che ci siano cose infinitamente peggiori. È chiaro che quello che mi sta accadendo è un incubo, ma il fatto di essere già stato campione del mondo me lo fa vedere con occhi diversi. È un ostacolo, ma poteva sempre andare peggio”.
