L’eleganza fidiaca, quasi assente, di Ivano Bordon. La rete custodita dal volto antico di Lido Vieri, figlio di un pescatore di Piombino. Walter Zenga campione e ultrà in democratica alternanza, saltato dall’educazione sentimentale di altro piombinese come Nedo Sonetti ai derby da vivere con collanina, ciuffo al vento ed esultanza sul prato di San Siro. E poi Pagliuca, Toldo, Handanovic in una lista in cui anche Frey e Alberto Fontana hanno almeno un paio di parate da fotografia. Anche a voler escludere Onana, situazionista da roulette russa abbonato a yascinismi o disastri, l’Inter ha da almeno mezzo secolo portieri straordinari. La società fa un notevole affare in estate, ma aspetta troppo per capire come occupare una casella che vale dieci punti a stagione. Per sostituire Onana si fanno tanti nomi: il migliore del mazzo per distacco, Keylor Navas, resta a Parigi prigioniero di uno stipendio arabico e alla fine arriva il meno caro del giro, Sommer. Che è un discreto portiere, ma insomma. Succede così che dopo un mese di requie Sommer sbagli, che l’Inter non uccida il campionato, che il Sassuolo spenda il suo giorno della marmotta a Milano (in trasferta con l’Inter vince sempre) e che si scopra che nonostante sentenze, titoli, crisi di nervi e funerali anticipati, il campionato è apertissimo.
Il Milan cambia il numero degli addendi, ma vince ancora. Lo fa con grande semplicità a casa di un Cagliari poverissimo e quindi chissà. Però lo fa con le seconde linee, dimostra che l’estate non è trascorsa invano e intanto è primo. Guarda la Juventus dall’alto, ma quell’alto è basso. Sono solo due punti: quindi, niente. La Juve fa quello che deve. Gioca male, ma merita. Un po' perché il Lecce non osa (avrebbe potuto?) e un po' perché Chiesa decide di fare Chiesa. Il Lecce recrimina e con qualche ragione sull’episodio del gol. Sulla scena del delitto non tutto torna e Sticchi Damiani, il presidente che è salentino, è serio, ci tiene e ha i conti in ordine, si incazza. Lo ascoltiamo e se chiudiamo gli occhi sentiamo la voce roca di Franco Jurlano, presidente del primo Lecce in A. Lo vediamo con il cappotto di montone, furibondo, dire cose terribili sull’eterna lotta tra Davide e Golia senza enfasi. In una verità da presa diretta che non c’è più e che non tornerà. Chi non è nostalgico non sa cosa si perde. Senza teatro ci chiudiamo in casa.
Per questo con la destra indichiamo a dito Osihmen e con la sinistra mettiamo in tasca lo spettacolo di sempre. Presidenti ciarlieri in attesa di incoronazione, agenti bramosi, calciatori nomadi inclini al tradimento. The same old story senza la quale forse non sapremmo di cosa parlare. Rudi Garcia, un po' esangue, si riprende il Napoli, scopre che la vetta è a un soffio e dopo una settimana di insulti (lo abbiamo visto accusato anche di possedere un passaporto francese) vince il premio simpatia. «Non vi preoccupate per me» dice Rudi e a lato del guizzo accatasta qualche necessaria bugia sui buoni rapporti in famiglia. Vince Sarri, così e così, ma almeno vince. Primum vivere deinde philosophari. Siamo alla quinta giornata, ma già si respira l’isteria della primavera avanzata. Ci salva la bellezza. Ci salvano Khvara e Berardi. L’allegria di provarci, il ritorno al cortile. Paulo Sousa aspetta davanti al cancello. Forse la settimana prossima non lo faranno giocare. Così vanno le cose quando devi volare a diecimila metri, ma in mano hai il biglietto di un autobus.