Il primo, il più criticato, un idolo. Su Instagram lo seguono in trecentomila, con YouTube si avvicina al mezzo milione. Luca Salvadori è, in breve, quello che prima non c’era. In lui potete vedere il pilota che si espone sui social o lo youtuber che si misura in gara, è una questione di punti di vista. Di concreto c’è un grosso lavoro per coinvolgere il pubblico che comprende eventi, corse, sfide, storie. Un lavoro che spesso richiede di mettersi a nudo. Per il content? Anche, ma pure per sé stesso. Salvadori, milanese di classe 1992, parla di depressione e farmaci con la voce ferma, senza ipocrisia, eppure sulle donne che contano sul serio nella sua vita è riservatissimo. Detesta bere alcolici e ancora di più chi glielo fa pesare, in generale dice quello che pensa ben più spesso di quanto gli convenga. Questa non un’intervista a Luca Salvadori, è un pezzettino della sua persona. Lunghe chat su WhatsApp, incontri in circuito e chiacchiere da bar, per poi mettere tutto assieme in una serata intera passata davanti alla webcam del computer in tre: il direttore di MOW Moreno Pisto e chi vi scrive a chiedere e Luca Salvadori, primo content creator a correre in un campionato del mondo, a rispondere. Abbiamo parlato di corse, del suo video definitivo ma anche di tutto il resto: le sostanze che girano nei campionati in cui ha corso (“ma è la scoperta dell’acqua calda”), la dipendenza dal risultato, il perfezionismo ed il rapporto controverso con la stampa.
“Ho smesso con i farmaci per gli attacchi di panico quando ho capito che avrei corso un mondiale”
A che punto sei arrivato col bilancio della tua vita?
“Spero di non essere troppo noioso. Come essere umano cerco ancora di capire il perché dell'infelicità e della felicità delle persone. Ripenso a quando avevo vent’anni e avevo i genitori sul groppone a parlarmi di università, di fare questo o quell'altro. Alla fine di tutto però ero felice, avevo una marea di problemi - che poi sono quelli che si possono avere a quell’età - ma ero spensierato. Mentre cercavo di capire cosa fare della mia vita, come molti ragazzi a vent’anni, ho provato un po’ tutti i settori facendo gavetta nelle attività di famiglia e lì ho capito che non volevo essere il bamboccione stipendiato da una delle aziende di famiglia. Soprattutto però, non volevo essere il classico pilota nella scuderia del proprio padre, cosa che avrei potuto benissimo fare perché correvo nei kart. Volevo trovare la mia strada. Così ho cominciato ad inseguire il mio sogno dedicando un anno della mia vita a YouTube, solo quello e senza nessun tipo di distrazione per poter correre in moto e a fine anno tirare una riga. È andata bene. Dopo due anni ho cominciato a vedere i primi soldi veri, poi però è arrivato il Covid. Una mazzata nei denti”.
E lì come l’hai gestita?
“Ah sono impazzito di testa, ho fatto una sorta di passaggio nel purgatorio degli psicofarmaci per l'ansia e attacchi di panico. In un certo senso avevo raggiunto il mio obiettivo, eppure alla fine ero depresso. Un giorno ti svegli e dici ‘che cazzo c’è che non vai in me, ho 27 anni e ho tutto quello che voglio, sono anche riuscito a diventare indipendente dalla mia famiglia’. Invece ogni cosa diventa di una pesantezza infinita e non capisci il perché, ti ritrovi trascinato in una spirale di merda. Alla fine, dopo due anni e mezzo, ho smesso di prendere psicofarmaci. Quando smetti è come aprire una porta con dentro tutte le tue emozioni. Lì mi sono accorto di essere cresciuto, di aver sviluppato una mentalità diversa e di essere di nuovo felice nonostante il fatto che le mie responsabilità fossero cresciute. Poi è chiaro che non sarò mai completamente soddisfatto, però credo che questo faccia parte della natura umana, specialmente se sei una persona ambiziosa. Io voglio migliorare costantemente e cerco sempre di fare un passo in avanti, di tirare fuori qualcosa in più dai miei video e dalla mia vita… se guardo i primi lavori che ho fatto mi viene voglia di cancellarli da quanto mi fanno schifo”.
“Se non facessi video non potrei correre e se non andassi alle gare perderei di credibilità: serve equilibrio”
Hai sviluppato una dipendenza per visualizzazioni, iscritti, condivisioni e, in generale, numeri sui social?
“Assolutamente sì. Tutti dicono di non guardare i numeri, ma col cazzo che è così. Se fai cinquanta milioni di visualizzazioni, a fine anno vai dallo sponsor con un certo peso e da quello dipendono i tuoi introiti, il tuo business, le tue possibilità. Non è lo stessa droga della ragazzina insicura che conta i like, è peggio: io non sono dipendente dalle interazioni, ma dall’idea che ogni anno i miei contenuti debbano essere migliori, più visti, di qualità maggiore. Poi per carità, in questi anni su YouTube ho capito che inevitabilmente ci sono alti e bassi".
Torniamo indietro: che psicofarmaci prendevi per ansia e attacchi di panico?
“Escitalopram. Ed è strano perché io sono uno che non ha mai voluto prendere un antibiotico o una Tachipirina, però quando mi sono accorto dei segnali che mi stava mandando il mio corpo ho cambiato idea: extrasistole, aritmie cardiache, stomaco chiuso. Non riuscivo a mangiare più di 30 grammi di pasta e mi sentivo come se ne avessi mangiati 300. Il punto di non ritorno è stato dopo una trasmissione per Sky, mi hanno fatto una domanda e il mio cervello si è spento. Avevo dentro i miei demoni, mi sono bloccato e non ho capito più niente. Sai, in quei momenti vuoi ucciderti. La stessa cosa mi è successa al MotoFestival, pensavo di parlare ma non lo stavo facendo. Così all’inizio ho preso il daparox, ma dopo qualche giorno l’ho sospeso perché non essendo abituato a prendere roba chimica mi faceva impazzire, vedevo i draghi. A quel punto ho preso l’escitalopram e da quel giorno ho continuato per due anni e mezzo”.
Adesso invece di cosa ti fai?
"Adesso di niente per fortuna, sono completamente guarito. C’è gente che li ha presi per anni senza riuscire ad uscirne. Io ho smesso quando ho capito che avrei cominciato a correre un mondiale e che non c’era alternativa. Sono andato per gradi e ci ho messo un mese e mezzo a ripulirmi del tutto, anche se il momento più duro è stato dopo due settimane: lì il tuo corpo te li chiama e devi resistere. Quando smetti hai vertigini, nausea… non è una roba piacevolissima. Nel frattempo ti devi allenare e conviverci. Vado fiero del fatto di essere riuscito a smettere perché è stato molto, molto tosto. Non che avessi grossa scelta però, prima stavo male e ho fatto bene a prenderli, mi hanno aiutato. Ad un certo punto devi avere la forza di dire basta e uscire dalla comfort zone in cui ti rinchiudono le medicine”.
“Sono le storie dei piloti la vera bellezza: chi cerca la gloria, chi una redenzione, chi è alla sua ultima opportunità”
Hai avuto anche dei dottori che ti hanno guidato a smettere?
“In realtà la mia dottoressa mi ha detto che vista la mia situazione clinica avrei dovuto scalarli con molta più calma, continuando per un altro anno a dosaggi ridotti. Invece sapevo che sarebbe iniziato qualcosa di importante e non volevo essere dipendente da nulla, così ho preferito smettere del tutto per essere pulito prima dell’inizio della stagione. Ovviamente questa scelta non ha nulla a che vedere col doping, sarei stato liberissimo di presentarmi così in gara. Però ti senti annientato, fai fatica ad affrontare lo stress di un weekend di gara perché cambia anche la tua percezione della realtà. Se normalmente le tue emozioni hanno dei picchi, poco importa se positivi o negativi, con le medicine tutto si appiattisce”.
"Mi sento principalmente di destra, ma non riuscirei a votare per Meloni o Salvini"
Hai mai provato la cocaina?
“No. È una cosa che non ho mai fatto in vita mia. Ho una grande disciplina, ma non sono bravo a gestire i vizi e quindi cerco di proteggermi. A me dopo aver fatto sette ore davanti al computer l’idea di fare un’ora di corsa non fa impazzire, invece mi alzo e vado. Tra l’altro non sopporto i video motivazionali, quelli che trovi sui social: quanto dura quello stimolo lì, dieci secondi? La disciplina è un’altra cosa. Con i vizi faccio più fatica, per esempio sono il tipo che si allena di più per mangiare di più. Dato che mi conosco e so che uscirne per me sarebbe molto difficile queste sostanze non le provo neanche, non ne ho la necessità. Una volta a 17 anni ho fumato una canna per provare ma ho capito subito che non faceva per me: sono stato malissimo”.
Secondo te nei campionati in cui hai corso ci sono piloti che fanno uso di cocaina prima di correre?
“Dal mio punto di vista assolutamente sì, magari non prima della gara perché ti scoppia il cuore. Però ecco, so con certezza che ci sono stati degli episodi nei campionati a cui ho partecipato, ma è un po’ la scoperta dell’acqua calda”.
Senti, cosa ne pensi di tutti gli incidenti mortali nei campionati dedicati agli amatori?
"Ne hanno già parlato tutti allo sfinimento. Te la farò breve con un esempio su di me: non mi alleno come un professionista mattina e sera, ma bene. E arrivo stanco a fine gara nel National Trophy, che dura una decina di giri come nel campionato amatori. Non posso pensare che piloti avanti con l'età e con un lavoro normale, senza un allenamento specifico e dopo essersi sparati una fiorentina da due chili la sera possano arrivare a gestire un imprevisto in maniera lucida. Oltretutto per guidare uno di quei missili terra-aria, a prescindere dal fatto che potresti avere 18 o 50 anni, basta prendere la licenza sportiva senza alcun tipo di esame particolare: la danno a tutti dopo un quarto d'ora di cyclette".
Sei mai stato con una prostituta?
“No. Pagare per andare a letto con qualcuno la vedo come una sconfitta assoluta. Qualcuno potrebbe dire che si paga sempre e potrebbe avere anche ragione, però ecco… preferisco tenermi questa illusione”.
E influencer? Ne frequenti tante…
“Ma non dovevamo parlare di cose serie? No comment! (ride, ndr)”.
Goldigger? Si o no?
"Ormai non ci sono neanche più le golddigger, ci sono le fame digger, tipe che più dei soldi sono in cerca di notorietà: se proponessi loro 50.000€ o un profilo da 200.000 iscritti su Instagram non avrei dubbi sul fatto che tutte sceglierebbero il secondo. Alla fine, caro mio, ci sono frequentazioni che si traducono semplicemente in uno scambio: loro vogliono qualcosa da me e io voglio qualcosa da loro. E, in ogni caso, voglio specificare che nonostante tutto sono un inguaribile romantico. Ti dirò, ogni volta parto con le migliori intenzioni, poi finisce sempre... as always".
Colpa dei social?
“I social ti danno l’illusione che ci sia sempre una cosa migliore a due metri da te, ma non è così. Magari vedi il profilo di Cristiano Ronaldo o della studentessa più brava d’Italia - su cui basterebbe informarsi per capire che c'è altro sotto - e tu vorresti fare lo stesso, ma di Cristiano Ronaldo ce n’è uno solo. E questo succede a tutti i livelli, così ognuno viene spinto a mostrarsi migliore, più ricco e più impegnato di com'è realmente. È il consumismo delle relazioni, dei contenuti, delle apparenze. E te lo dice uno che questa roba la fa per lavoro e riesce a vedere questa situazione sociale in maniera molto fredda. Quando ti sei creato la tua realtà fittizia da esporre agli altri in un primo momento ti senti bene, ma quando arrivi la sera nel tuo letto a fare i conti con la realtà diventa dura da gestire. Ma senza troppa introspezione, quando ti arrivano le rate da pagare per la vacanza a Ibiza sfruttata fino all'ultimo post... forse un dolorino intercostale lo senti”.
Torniamo alle cose serie: hai mai fatto una cosa a tre?
“Allora, diciamo che questa domanda me l’avevate fatta anche tre anni fa, quando era il mio sogno erotico. Adesso non lo è più, fatti i tuoi conti (ride, ndr.)”.
Ti hanno mai chiesto cose un po’ strane, da pilota? Tipo farlo indossando gli stivali da gara.
“Ah, quello no. Però mi è successa più volte un’altra cosa, forse perché in questo periodo la donna sta cercando, giustamente, di guadagnarsi la parità dei ruoli all’interno della coppia. Beh, ora non ridete troppo: mi è stato proposto più volte di provare lo strap-on (risate)”.
E non l’hai fatto?
“Ma no, è un po’ troppo per me. Al massimo una volta sono stato con una che studiava urologia che ha usato il dito, devo dire niente male. Aveva preparato tutto per bene e sapeva cosa fare, devo ammettere che c’era una certa maestria. Però anche lì… Se poi ti trovi quella che va un po’ alla cieca rischiano di essere dolori, a quel punto è meglio evitare”.
Cosa pensi veramente degli omosessuali?
“Diciamo che come esistono eterosessuali molto fastidiosi, che hanno atteggiamenti esagerati - gente che fa catcalling per fare un esempio - ci sono degli omosessuali che ostentano questa cosa e magari a me danno fastidio. Recentemente ho scoperto di avere un amico omossessuale: non mi sono accorto di nulla finché non me l’ha detto lui perché è una persona riservata, tranquilla e con nessun bisogno di ostentare le sue preferenze sessuali. Io non ho problemi se un ragazzo gay ci prova con me, dico ‘no grazie’, senza drammi. Ma devo dire che l'esibizionismo un po’ mi infastidisce, come quel ragazzo che si è presentato al Pride con una bambola… vabbè, avete capito, era in un vostro video”.
"Qualcuno che mi sta veramente sul cazzo? Selvaggia Lucarelli"
Sì, ce lo ricordiamo anche noi. Senti, che rapporto hai con le tue ex?
“Beh, quando si chiudono le storie per me si chiudono e basta. Anche se il sesso con le ex è il miglior sesso di sempre, ogni volta”.
Cosa pensi del Generale Vannacci?
“Penso che sia una persona cresciuta in ambienti con valori molto tradizionali - genitore 1 e genitore 2, capito? - ma se la devo dire tutta, essendo un militare di alto grado credo che non sia assolutamente stupido, anzi. Penso invece che abbia fatto una clamorosa mossa di marketing: Vannacci ha sfruttato la frustrazione di gente che non vuole seguire il pensiero del femminismo estremo, del politically correct e via dicendo, strizzando loro l'occhio con questo libro. Al contrario delle influencer che si mettono a frignare rimangiandosi tutto però, lui è rimasto sulle sue posizioni perché sapeva che l'opinione pubblica sarebbe passata alla svelta all'Orsa Amarena o a Free Barbara D'Urso”.
Per chi vota Luca Salvadori?
“Ok, sembra una risposta diplomatica ma - giuro - pur essendo principalmente ispirato da una destra liberale - in questo momento non mi sento per niente rappresentato da chi c’è al potere, non riuscirei a votare per Meloni o Salvini e nemmeno per il centro o la sinistra. Purtroppo sono un astenuto, mi dispiace ma è così.”
"Onestamente ho un certo risentimento verso quella cricca di giornalisti vecchio stampo"
E del PD di Elly Schlein che pensi?
"A mio modo di vedere il PD rappresenta degli ideali molto importanti come l’uguaglianza e la tolleranza, a guidarlo ci vorrebbe qualcuno con i piedi ben ancorati per terra. Quello era Bonaccini, non la Schlein che prende lezioni di armocromia a 4.500 euro a botta mentre pensa al salario degli operai, ma chiaramente stanno cavalcando un’onda diversa. Ognuno può essere di qualsiasi orientamento sessuale e io sono per il vivi e lascia vivere, il problema semmai è che da una parte vedo una gran fuffa e dall’altra un pochino più di coerenza. Dal mio punto di vista, finché ci sarà la Schlein alla guida del PD, la destra può stare tranquilla nonostante tutti gli errori che sta facendo in questo periodo”.
C’è qualcuno che ti sta veramente sul cazzo?
“Selvaggia Lucarelli. Non ha mai una causa in cui crede fermamente, a lei non frega un cazzo, vuole solo parlare del tema del momento e sfruttarlo a suo vantaggio. Non ha mai uno spirito critico in base a quello che vive, spara nel mucchio, è la fabbrica del flame. È la regina delle battaglie monetizzabili”.
Beppe Sala è un altro dei tuoi bersagli.
“Io abito a Milano, vivo la quotidianità e sono infastidito da questa propaganda continua: come fai a parlare di una Milano sicura e bella? Area B, C e chissà che altro sono lì soltanto per fare cassa, infatti per tornare a casa ora pago centinaia di euro l'anno. La cosa che mi sta più a cuore è la sicurezza, Milano ormai è il Bronx. Finalmente Sala si è reso conto di aver sempre sottovalutato la situazione. Dove abito io, giusto l'altra sera hanno picconato due vetrine - e abito in centro - per portarsi via la roba... sarà stata la percezione. Mi metto anche nei panni di una ragazza che da una certa ora in poi non può più uscire di casa tranquilla. Anche se spesso la gente si limita a grandi discorsi teorici e non fa mai i conti con la realtà: Carlos Sainz è andato in giro con un orologio da mezzo milione ed è un suo sacrosanto diritto, oltre ad essere parte del suo lavoro perché Richard Mille è uno sponsor. Però sei consapevole del rischio che corri e ti conviene prendere delle precauzioni: se per Sainz basta uscire senza orologio, magari una ragazza - che può uscire come le pare, perché è un suo sacrosanto diritto scegliere come vestirsi - è costretta a scendere a compromessi per sentirsi più sicura. Dico di più, è la stessa cosa per i ragazzi: alle due di notte non passi dal Bosco di Rogoredo. È giusto? No, ma questo è il mondo reale, non quello fatato che viene raccontato a noi".
"Elodie non è il mio tipo, lo giuro! Ma se ci fate il titolo mi ammazzano"
È finito il mondiale MotoE. È stato il tuo calvario?
"Molto spesso le persone non ammettono i propri fallimenti, ma è innegabile che non è questa la stagione che volevo correre. I motivi sono diversi: infortuni, situazione tecnica, imprevisti... e il mio adattemento alla moto e alle gomme. Sinceramente mi aspettavo di trovarmi più avanti assieme al mio compagno di squadra che è campione del mondo, invece io, lui e i miei sostituti (Gutierrez, Migno, ndr.) non siamo mai arrivati in posizioni importanti. Penso mancassero diversi pezzi del puzzle, in fin dei conti le corse non sono mai uno sport individuale. Detto questo mi prendo tutte le responsabilità di non aver performato, perché in ogni caso il pilota deve fare la differenza nonostante tutto. Lo rifarei? Sì. Lo rifarei sapendo tutto questo? Sicuramente no. Questa non è la mia categoria e nemmeno la mia moto".
E adesso cosa cerchi?
"Io cerco redenzione. Il bello del mio lavoro, intendo quello che mi fa guadagnare bene, è raccontare esattamente questo tipo di storie. Sai che palle vincere o perdere sempre? Riparto dal punto più basso e la cosa più difficile adesso sarà aspettare questo inverno prima di prendermi la mia rivincita. Vi lascio un piccolo spoiler: nel mondiale per forza di cose sono stato un po' limitato nel raccontare i dietro le quinte e le mie esperienze, nel 2024 voglio ripartire dal motociclismo secondo il mio punto di vista. Vero, autentico e sincero".
Quindi nel 2024 correrai un nuovo campionato?
“Se non facessi così non potrei correre e se non andassi alle gare perderei di credibilità, devo cercare il compromesso perfetto, un equilibrio difficilissimo da ottenere, perché non dimentichiamoci che alla fine ho tirato su tutto questo cinema per fare della mia passione un lavoro remunerato".
Correresti mai una wildcard in MotoGP?
"Sarò anche una persona ambiziosa, ma non sono un sognatore e non correrei una wildcard in MotoGP, al limite in Superbike. Piuttosto con la MotoGP farei un test, quello sì: raccontare cosa vuol dire salire su un prototipo come quello e provare la motocicletta più veloce del mondo - perché Ducati è campione del mondo - sarebbe tanta roba davvero. Dovrei tirare fuori una roba da Netflix, di sicuro una cosa del genere non capiterebbe due volte. Oh, sto un po’ fantasticando”.
Che rapporto hai con i giornalisti?
“Onestamente ho un certo un risentimento verso quella cricca di giornalisti vecchio stampo ai quali, ai tempi della Superstock 600, dovevi leccare il culo per essere considerato. Se non eri simpatico potevi anche fare la gara della vita ma per loro non esistevi. Adesso che il media sono diventato io me ne frega meno di un cazzo. Ora quelli che una volta non mi davano spazio pregano per un video insieme, per una prova o per qualsiasi tipo di attività. È una gran soddisfazione, ma non dimentico: li ho segnati tutti dal primo all’ultimo. Ripeto, adesso il media sono io. E non sai quanti giornali importanti prendono soldi da Bruschetta la Salamella per raccontare le sue gare alla coppa ammiocuggino. Ma di sicuro mi sbaglio, eh: lo scriveranno perché è interessante, non per quei quattro spicci in più (ride, ndr)”.
Andrea Iannone torna in Superbike: come lo vedi?
“Lo vedo bene lì, stile Petrucci. A parte Bautista, la situazione in Superbike nel gruppo è molto eterogenea e può essere interessante. Secondo me Iannone fa molto più scalpore sul podio in Superbike che nelle ultime tre posizioni in MotoGP”.
Ti chiamano per fare Top Gear, devi portare due persone. Chi chiami?
“Fede Perlam e Alberto Naska”.
Che rapporto ha con la morte Luca Salvadori?
“Più che dalla morte, sono spaventato dall’idea di rimanere a metà, per esempio in sedia a rotelle. In questo sport il rischio è all’ordine del giorno e penso sia durissima da accettare, perché in un paese come il nostro con problemi economici, sociali e via dicendo chi ha una disabilità viene trattato da schifo. La società tende ad abbandonare gli ultimi e questo per me è sbagliato, spaventoso e molto triste”.
Come sogna di morire Luca Salvadori?
“Facendo quello che più mi piace, senza accorgermene. Oppure godendomi la mia vita fino a novant’anni e andarmene alle Maldive, su di una spiaggia bianca. Non vorrei soffrire, vorrei che fosse indolore”.
E cosa scriveresti sulla tua tomba?
“Like a Sir, perché no. In qualche modo racchiude tutto me stesso”.