Ieri sera lo Juventino Arkadiusz Milik, all’ultimo secondo della partita giocata allo Stadium (per la cronaca si trattava di Juventus - Salernitana terminata 2-2) ci ha confermato quello che noi - sintonizzati sulla finale mondiale di volley, ma con un occhio fisso sulla serie A - in fondo da qualche ora iniziavamo a capire, ma non avevamo il coraggio di dircelo. E cioè che i polacchi esultano troppo presto. Sono convinti di vincere, festeggiano anzitempo e invece, poi, no. Certo in casa loro, nella finale che gli sarebbe valsa il terzo titolo iridato consecutivo, facile farsi prendere dagli entusiasmi. Ma come nella più classica delle barzellette vintage, alla fine arriviamo noi italiani a guastare la festa alle altre nazioni. E così è stato pure stavolta. Quasi un anno esatto più tardi, nello stesso palazzetto dello sport che ci ha visto vincere il titolo europeo (contro la Slovenia) l’ItalVolley maschile ha aggiunto una nuova vittoria nella sua bacheca, tornando a vincere un quarto di secolo dopo un campionato del mondo (l’ultima volta era successo nel 1998). E così, senza sentire il peso del pubblico casalingo, giustamente avverso, e senza mai perdere il controllo di una gara rimasta perennemente nelle mani dei nostri atleti (3-1 il risultato finale, con il primo set vinto dai polacchi) ora abbiamo quattro mondiali in bacheca (proprio come la Polonia) e davanti a noi c’è soltanto l’Unione sovietica (non è un refuso) che tra il 49 e l’82 ne ha conquistati sei. Salvo sviluppi inquietanti dello scacchiere geopolitico mondiale a cui forse è meglio non pensare, il futuro è ora nelle nostre mani e abbiamo dalla nostra parte la giovane età media di questa squadra per poter mettere altri titoli in cascina e andarci a prendere altre soddisfazioni. A iniziare (nessuno lo dice, ma il pensiero è costante) dalle olimpiadi parigine del 2024. Forse questa mattina, dopo i festeggiamenti, possiamo svegliarci e raccontarci che questo gruppo è forte e che è quello giusto per provare a liberarci da quell’ossessione olimpica che dura ormai da troppo tempo.
Alla fine di questa cavalcata mondiale resta un nome sopra tutti gli altri, quello del capitano Simone Giannelli, classe 1996, proclamato miglior palleggiatore e miglior giocatore assoluto del torneo. E a incoronarlo c’è anche un ex CT della nazionale, bronzo olimpico a Londra 2012, Mauro Berruto sul suo profilo Instagram: Questo ragazzo è il palleggiatore più forte del pianeta. Perché ha un talento fuori scala e perché quando parla usa sempre il "noi". Simo, saresti diventato un campione in qualsiasi sport, ma tu sei la pallavolo. Quella che doveva essere una nazionale sperimentale, che doveva avere bisogno di tempo per crescere e maturare tra i cocci olimpici di Tokyo, si è rivelata la più bella realtà sportiva italiana degli ultimi anni. Ragazzi giovani, allenatore visionario e coraggioso, quel giusto mix di attributi da tirare fuori nel momento del bisogno e una guasconeria da ostentare quando il clima si fa pesante e non resta che affrontare il presente guardandolo in faccia e prendendolo di petto. Proprio lui l’italiano guascone che vince e con lui vince l’Italia intera come recitava una celebre canzone degli Elii perché alla fine tutto – se vogliamo – si riduce a una semplice fotografia: c’erano un italiano, un polacco e un palazzetto dello sport tutto esaurito. Il finale lo sappiamo già. Ci ha fatto ridere, abbracciare e non ce lo scorderemo mail.