Sull’addio della Suzuki alla MotoGP si è scritto già tutto. Lo abbiamo fatto quando la notizia ha cominciato a circolare durante i test di Jerez, mentre sembrava ancora una sparata raccolta male da qualche giornalista, fino all’ultima gara a Valencia, vinta da Alex Rins proprio sulla moto azzurra. Livio Suppo era arrivato in Qatar, firmando il contratto qualche settimana prima, con idee nuove e l’approccio di sempre, approccio che nel momento più buio l’ha convinto a provare strade poco battute per salvare la squadra. Quando da Ezpeleta è arrivato un secco “no”, lui ha ripreso a lavorare per trovare una nuova sistemazione ai suoi uomini, gli stessi che Davide Brivio aveva scelto per competenza e passione: alcuni guadagnavano meno rispetto ad altri team, ma si sentivano a casa, davano tutto. Poi arrivavano le vittorie, la prima - straordinaria - a Phillip Island e quella ancora più clamorosa a Valencia, appena qualche ora prima che le GSX-RR venissero messe in una pressa per diventare costosissimi fermacarte.
Anche del rispetto per le decisioni arrivate dal Giappone si è detto tutto, specialmente ascoltando chi in quel team ci ha lavorato e non ha mai avuto parole dure nei confronti della dirigenza: un silenzio da signori. Così a parlare ci pensano i giornalisti, gli appassionati, la gente che Suzuki l’ha sempre vista come qualcosa di speciale perché ci hanno vinto Kevin Schwantz, Marco Lucchinelli, Barry Sheene: gente che alle corse ha dato uno spirito diverso, potente. Icone del motorsport che vanno oltre ai numeri e niente di meno. A questo si aggiunge il titolo vinto nel 2020 contro ogni pronostico, un sapore speciale.
Ora che dal Giappone hanno deciso di staccare la spina però, lo faranno su tutti i fronti, senza distinzioni. I social chiudono, ed è un peccato perché su Instagram @suzukimotogp era una pagina diversa, aperta coi fan e attenta a regalare dei backstage che per un appassionato possono essere dei bei regali. Stessa cosa su YouTube, dove venivano pubblicati una lunga serie di contenuti originali. Senza questi contenuti però, gestire i social non avrebbe senso. Chiuderli, buttando via anni di lavoro, ne ha ancora meno. A maggior ragione per il sito,www.suzuki-racing.com, aperto nel lontano 1999 e pronto a chiudere per sempre insieme agli altri canali dal 31 dicembre 2022.
La prima considerazione da fare, quella democristiana, è che mantenere aperti questi canali ha un costo che non si misura tanto in denaro quanto in risorse umane: chiudere il reparto corse significa rinunciare anche a chi gestisce la comunicazione. Ma se di contenuti nuovi non ne escono perché non lasciare tutto al suo posto come fosse una vecchia vetrina? In un mondo in cui esistono persone disposte a spendere migliaia di euro in opere d’arte virtuali, questi contenuti potrebbero tranquillamente diventare una sorta di museo. Al che arriviamo alla seconda (nonché meno accreditata) ipotesi: in Suzuki stanno puntando sull’elettrico e si vergognano di aver fatto le corse. Non vogliono ricordarlo a chi ci sarà in futuro, perché il futuro sarà altro. Cancel culture dunque, praticamente impossibile. Così veniamo alla terza ipotesi: in Giappone sono semplicemente str***i, “strambi” per chi non ama la censura. Davvero si possono cancellare anni di corse così, con un colpo di spugna? È un peccato, perché chi ha lavorato duramente al progetto non lo merita. Così come non lo meritano gli appassionati, che hanno un mese di tempo per guardare, scegliere e scaricare le immagini più belle dal sito e dai social. Magari, ce lo auguriamo, sarà solo un lungo arrivederci.