Le tragedie sono altre e mai come ora così visibili, ma nel calcio la storia si tramuta spesso in farsa e così, oggi, in Italia è il giorno dei meme sulla pastasciutta: ovvio e logico, perché la hybris di chi fa il fenomeno quando vince poi diventa la risata che lo seppellisce quando perde. 24 marzo 2022, l’Italia è fuori dai Mondiali per la seconda volta consecutiva, non è stata capace nemmeno di raggiungere la finale del playoff - quella se la giocheranno il Portogallo di Cristiano Ronaldo e la Macedonia del Nord di tanti dignitosi mestieranti martedì - e, come una Grecia qualunque, vivrà la più iconica manifestazione calcistica internazionale dal divano, ma con i galloni di campione d’Europa. Con una differenza: se nel 2004 la Grecia che trionfò all’Europeo si percepì come sorpresa inattesa e la sua vittoria fu percepita alla stregua di un miracolo, quella dell’Italia l’estate scorsa è stata invece all’insegna di una rappresentazione quasi revanscista. Di lì il cafone scherno agli inglesi, sconfitti a Wembley, sulla pastasciutta da mangiare in abbondanti quantità per arrivare al livello degli azzurri.
Bene: l’Inghilterra al Mondiale in Qatar, il prossimo autunno, ci sarà, l’Italia no. E, soprattutto, l’Italia non ha alibi: se nel girone di qualificazione, dopo l’apoteosi europea, pareggi 1-1 con la Bulgaria, 0-0 e 1-1 con la Svizzera e 0-0 con l’Irlanda del Nord, se nelle ultime tre partite - avversari: Svizzera, Irlanda del Nord e Macedonia del Nord, mica Francia o Germania - segni una sola rete, puoi solo maledire te stesso e la storia che ti sei raccontato. Quale storia? Quella che ci ha accompagnato nel corso della passata estate, la storia di una Nazionale che da outsider ha ottenuto un successo indiscutibilmente meraviglioso ma inatteso e imprevisto, ha consentito di autoavverarsi alla sua profezia e si è crogiolata poi nella convinzione di avere risolto tutto. Ecco, oggi nessuno mette in dubbio la goduria e i meriti di quell’Europeo, ma forse è il caso di ritrovare equilibrio: avere superato la semifinale e avere alzato la coppa vincendo in entrambi i casi solo ai rigori non ha significato essere i migliori - ma i più forti psicologicamente senz’altro sì - anche se poi ce la siamo raccontata così. Allo stesso modo, uguale e contrario, se l’Italia oggi è fuori dal mondo lo deve a due rigori sbagliati nelle partite conclusive del girone, e ciò significa che se Jorginho almeno uno dei due l’avesse mandato dentro non ci sarebbe alcuno dei discorsi odierni perché la Nazionale sarebbe in Qatar già da novembre. I rigori danno, i rigori tolgono, in fondo si tratta di episodi, ma l’Italia non era una squadra di fenomeni prima né un’accozzaglia di pippe oggi.
Certo non è nulla di straordinario però e non è all’altezza della Nazionale di un passato anche recente, ed è evidente che quando, tra alcuni anni, si andrà ad analizzare la rosa dell’Italia che ha vinto l’Europeo bisognerà pur dire che averlo vinto con Emerson, Insigne, Immobile, Belotti, Cristante e Bernardeschi fa a pugni con un passato nel quale quella coppa al cielo l’avevano alzata al cielo solo i Facchetti e gli Anastasi, non Nesta, Totti, Del Piero e Pirlo i quali però al Mondiale ci sono sempre andati e l’hanno pure vinto, e il Mondiale è un altro mondo. Talmente un altro mondo che la generazione di senatori attuale (Bonucci-Chiellini-Verratti-Insigne-Immobile) ai Mondiali è uscita malissimo nel girone in Brasile, quando non tutti erano titolari inamovibili, ma da quando questi della Nazionale hanno rappresentato la spina dorsale alla rassegna iridata non ci si è nemmeno mai qualificati.
Poi si può parlare di tutto: delle assenze di Bonucci e Chiellini, i leader emotivi di questa Nazionale come si è visto all’Europeo, ma è lecito altresì supporre che non sarebbe cambiato nulla nemmeno con loro in piena forza, perché se i gol non li sai fare, semplicemente, non vinci, e allora tanto vale mandare a stendere i discorsi sullo stile di gioco, sulle occasioni create, sull’onanismo degli expected goals, gli xG insomma, e persino su chi assolutizza il trionfo all’Europeo. Bagno di umiltà, altro che pastasciutta, e sapete perché? Perché l’ultima vittoria dell’Italia a un Mondiale è del 15 giugno 2014, in Brasile, contro l’Inghilterra, quell’Inghilterra che allora fu eliminata subito come gli azzurri, ma poi nel 2018 arrivò terza in Russia e nel 2022 sarà in Qatar. L’Italia no, e a forza di rimpinzarsi della sua storia il prossimo Mondiale lo vedrà solo nel 2026 negli Stati Uniti (e Messico e Canada), ma solo perché le squadre ammesse saranno 48, un terzo in più rispetto alle 32 attuali, e per non qualificarsi servirà un talento fuori scala.