Dai tuffi nel porto di Montecarlo per festeggiare una vittoria, alle lacrime salatissime di Montreal ci passano circa due settimane. Tanto è bastato alla Ferrari per trovare conferme per poi tornare a brancolare nel buio. “Non c’è paura di sbagliare” aveva dichiarato Charles Leclerc alla vigilia del Gran Premio, e da buoni italiani non possiamo fare a meno di pensare che un po’ se la sia chiamata. Sul circuito dedicato a Gilles Villeneuve alla Scuderia va storto tutto quello che si può immaginare: meteo avverso, scarsa aderenza e passo gara assente sin dalle prove libere sull’asciutto e sul bagnato, problemi a un motore e doppio ritiro forzato. “Un Gran Premio che ha portato al nulla”, volendo citare Carlos Sainz. Eppure, le prerogative per far bene c’erano tutte. Dopo la vittoria di Monaco le simulazioni di gara sul circuito dell’isola di Notre Dame vedevano la Ferrari favorita e in corsa per la vittoria assieme alla McLaren, mentre la RB20 ancora in grossa difficoltà per via dei cordoli alti. I risultati della domenica hanno raccontato ben altro, confermando una MLC38 solidissima ed efficace in ogni situazione, una Red Bull graziata dal talento di Verstappen, e una Mercedes che contro ogni pronostico si batte e sale sul podio.
Quindi tutto da rifare per la Rossa? Non proprio. Il problema al motore accusato da Leclerc è ammissibile in un campionato così lungo, persino la Red Bull ha dovuto fare i conti con l’affidabilità con il ritiro di Verstappen dopo pochi giri del Gran Premio di Melbourne. Anche se le dichiarazioni post ritiro del pilota monegasco sul frequente cambio di motore accendono una spia di allarme in casa Ferrari. In una gara disastrosa il vero metro della situazione è la monoposto di Sainz, che senza problemi al motore non è riuscita a farsi valere in pista, ha arrancato nel centro griglia ed è stata superata dalla Williams di Albon come se fosse un birillo. Nel post gara il team principal Vasseur, e non il pilota spagnolo, ha dichiarato che la vettura aveva un danno al fondo e all’ala posteriore, ma i problemi erano iniziati già sabato. Il dubbio è che i famigerati aggiornamenti che avrebbero garantito un vantaggio di tre decimi, tanto esaltati prima del Gran Premio di Imola e osannati dopo il trionfo nel Principato, in realtà non funzionano come dovrebbero.
A prevalere è però la sensazione che si sia arrivata in Canada impreparata, che a Maranello si siano sbagliati i calcoli per il setup delle due SF24. Che la paura di cui parlava Leclerc si sia fatta strada all’interno del team? Che la sensazione di poter competere realmente per uno dei due titoli abbia messo sotto pressione i tecnici della scuderia italiana? Per forza di cose negli anni la Ferrari si è disabituata al successo, e la scalata verso una posizione di rilievo è sempre più difficile della discesa accidentata. Negli ultimi campionati sono stati commessi errori grossolani anche quando c’era l’opportunità di far male agli avversari, lasciando per strada punti importanti. La gara di Montreal è stata un revival di una Ferrari che avremmo più voluto vedere: disorganizzata e confusa. Le decisioni importanti prese al momento giusto sono quelle che fanno la differenza in una competizione come quella della Formula 1. Lo sanno bene i tecnici di Milton Keynes, capaci di trarre il massimo risultato da una monoposto non al 100% (e grazie a un fondamentale Verstappen). Lo sanno bene anche in casa McLaren, che per un pitstop mancato hanno invece visto sfumare il secondo successo della stagione sul circuito Villeneuve. La gara di Barcellona potrà dare un quadro più completo della situazione, facendo pendere l’ago della bilancia da un lato o dall’altro: se la Ferrari vista in scena nell’ultimo weekend è stata una triste eccezione in un campionato finora positivo, oppure a Maranello non si è mai smesso di vedere i fantasmi.