L’incidente di Taka Nakagami al via del GP di Barcellona è stato il centro della discussione post gara. Per le conseguenze tattiche, con Pecco Bagnaia ormai lontanissimo dal titolo, ma anche per quelle fisiche, specialmente per Alex Rins che ha rimediato una frattura al polso sinistro dopo essere stato colpito per il secondo GP consecutivo dal giapponese. A muovere più di ogni altra cosa il dibattito però, è stata la scelta della Direzione Gara di non prendere provvedimenti in merito alla manovera. In Moto3, ha detto più di qualcuno, una manovra del genere avrebbe fatto scattare una penalità. Qualcuno ha detto che in MotoGP si pagano solo le conseguenze e mai le azioni, ma in questo caso nemmeno un mondiale compromesso, un osso rotto e un’esperienza pre-morte (per il giapponese) hanno convinto gli Stewards a intervenire.
Si torna sempre lì: la Direzione Gara prende decisioni del tutto arbitrarie, adotta un metro di giudizio diverso a seconda della categoria coinvolta e (pare) anche sulla base dei piloti da sanzionare. Alex Rins dopo il GP è stato lapidario: “L'unica soluzione è mandarli a casa”. Se i piloti chiedono un approccio più drastico da parte dello Steward Panel, Dorna vuole regalare spettacolo, d’altronde lavora per quello ogni giorno. E la Direzione Gara, che dovrebbe essere un organo della FIM, è spesso assoggettata da decisioni volte a premiare lo spettacolo.
Il problema? Il problema è che la MotoGP non è - e non deve diventare - la Nascar. Una corsa che la gente va a vedere per gli incidenti, il più possibile violenti e irripetibili mentre le auto corrono su di un ovale senza una vera curva in tutto il circuito. Si spingono, si speronano e a volte si ribaltano. Ma quando Taka Nakagami si schianta col casco sulla ruota posteriore di Pecco Bagnaia rischiando di rompersi l’osso del collo quella clip viene riprodotta in tutte le possibili angolature per decine e decine di volte aumentando i click, le interazioni, le vendite. Semplificando, è la scelta editoriale di Dorna che vuole spettacolarizzare il più possibile gli incidenti. In un certo senso ha ragione, basta dare un’occhiata veloce al feed Instagram della MotoGP: i video che superano il milione di riproduzioni sono, nella maggior parte dei casi, quelli con le cadute.
Lo sa bene Franco Morbidelli, che nel 2020 - quando Johann Zarco l’ha centrato in Austria rischiando di uccidere Valentino Rossi e Maverick Vinales - ha rivisto le immagini girare su ogni genere di piattaforma centinaia di volte. “Per lo spettacolo è un bene, per i piloti no”, ha fatto notare a Simon Patterson di The Race. “Questo video, questa enorme bomba in curva 1 a 250 km/h, sarà visto da migliaia, milioni di persone. Questo è il nostro lavoro”.
Non solo correre quindi, ma correre sapendo che se ti farai male starai regalando spettacolo, che farsi male è compreso nell’ingaggio che percepisci e quindi è parte tuo lavoro. Come le bestie al Colosseo. Franco, che dagli inglesi è battezzato ‘il filosofo della MotoGP’ sa che è così e l’ha già accettato da tempo: “Alla fine è così e bisogna prenderne atto - ha concluso - Sono cinico, ma la vita è cinica e la MotoGP a volte è cinica. Lo sport è cinico. Se fossimo qui a prenderci cura l'uno dell'altro correre sarebbe molto più bello, ma sono coinvolte molte cose. La colpa secondo me è del capitalismo”. E va bene così, aggiungiamo, basta saperlo. Saperlo per ricordarsene prima di insultare un pilota, di imbastire processi contro questo o quell'altro, di applaudire una caduta. Che sì, è spettacolare ed è giusto che venga mostrata, analizzata e commentata, ma la MotoGP non è la Nascar e non deve diventarlo.