Quando all’alba di questa stagione del Wec Ferrari ha annunciato che tra i piloti schierati sulla vettura #83 gestita dal team AF Corse ci fosse anche Robert Kubica, è innegabile come nella mente e nel cuore degli appassionati, e certamente anche dello stesso pilota polacco, vi fosse un sogno da realizzare: vincere, per la prima volta, con i colori della squadra di Maranello. Colori che Kubica ha sognato più volte e che, per via di un destino beffardo, ha potuto vestire solo quest’anno, grazie all’opportunità di salire su una delle 499P schierate nel mondiale endurance.
Una stagione dalle grandi aspettative, complice anche una vettura competitiva e una squadra di altissimo livello, con il polacco affiancato dai giovanissimi Yifei Ye e Robert Shwartzman, eppure, sino ad ora, i dolori avevano di gran lunga eclissato la gioia del tanto atteso esordio in rosso: tra errori e sfortune, il potenziale dell’equipaggio non era mai stato del tutto espresso, così come i risultati ottenuti non avevano mai rispettato i lampi mostrati in pista. Kubica dal canto suo, sin dalla prima uscita con la nuova vettura, ha saputo dimostrare come le doti e il talento che anni addietro avevano fatto innamorare gli appassionati di tutto il mondo erano più vivi che mai: una partenza a fuoco a Imola, a casa della Ferrari, così come degli stint da capogiro a Le Mans che lo avevano portato ad essere il leader della corsa finché, prima un contatto con una Bmw e poi un problema tecnico ai box quando al volante c’era Shwartzman, avevano annullato tutti gli sforzi fatti. Quella di Le Mans sembrava essere una maledizione, dopo che già nel 2021 il polacco aveva dovuto fare i conti con un ritiro doloroso, arrivato a causa di un problema tecnico quando, a 5 minuti dal termine e in testa alla corsa, la propria vettura si è fermata lungo la pista, sgretolando i sogni di un intero box quando ormai la felicità sembrava concretizzarsi avanti agli occhi.
Sfortune, queste, che rappresentano solo una piccola parte di ciò che Robert ha dovuto affrontare a partite da febbraio 2011, quando, al volante di una vettura di WRC2 in Andorra, ha impattato violentemente contro le barriere, procurandosi conseguenze che in un primo momento sembravano poter mettere fine alla propria carriera. Solo la forza di un pilota che non si è mai arreso e che ha sempre dovuto lottare per conquistarsi un posto tra i grandi potevano salvarlo dall’incubo che, in un batter d’occhio, era stato costretto ad affrontare: passo dopo passo il polacco si riavvicina ai motori, con la solita caparbietà che da sempre lo ha caratterizzato. Una scalata che, seppur inimmaginabile in un primo momento, lo ha perfino riportato al volante di una Formula 1, nel 2019, una stagione che nonostante sia stata deludente dal punto di vista dei risultati, ha riempito di gioia il cuore di tutti coloro che da sempre lo hanno seguito.
Poi l’avventura nell’endurance che, tra una categoria e l’altra, ha saputo dare nuova vita al polacco. Campione di classe LMP2 al termine del 2021, l’anno del ritiro a Le Mans e la fiducia concessagli poi da Ferrari a fine 2023: Kubica sa che è la chance della vita, il coronamento di un sogno che per lunghi anni ha rincorso in monoposto, salvo poi, sul più bello, essere costretto a rinunciarci.
Ad Austin poi, finalmente tutto fila liscio: secondo posto in qualifica alle spalle della gemella #51 e una gara condotta in maniera magistrale dall’inizio alla fine, dove peraltro nelle prime fasi è lo stesso Kubica a indirizzare il team AF Corse verso una strategia diversa da quella inizialmente prevista, rivelatasi poi vincente: al traguardo la “giallona” numero #83 è prima, tra la gioia dei piloti e le lacrime di una squadra che finalmente si gode quanto finora non era riuscita a concretizzare.
“Dopo Le Mans, dove ci siamo sentiti come se la vittoria ci fosse sfuggita di mano a causa del ritiro, questa è speciale, ed è stata una gara dura", commenta Kubica, visibilmente emozionato e consapevole di aver conquistato non solo una vittoria, ma soprattutto una rivincita tanto meritata, frutto di una forza che, anche dinanzi agli incubi vissuti, non gli ha mai concesso di smettere di credere nei propri sogni.