Pecco non rischia. Pecco non è uno che butta il cuore oltre l’ostacolo. Pecco, quando cade, non corre mai a rialzare la moto e riprovarci accecato dalla frustrazione. Pecco, insomma, è uno che molla. E’ uno che crolla. E’ quello che dicono tutti, da sempre e soprattutto in questa stagione, rimproverando al campione di Chivasso d’essere fatto d’una pasta differente rispetto a quei piloti che invece danno l’idea di avere in testa solo i verbi “correre” e “vincere”. Sì, Pecco Bagnaia è probabilmente fatto davvero di una pasta differente, ma questo non significa che tutte le affermazioni fatte prima siano vere. Nessuno, nessuno davvero che viva portando motociclette a 350 km/h, ha in testa verbi differenti rispetto a “correre” e “vincere”. E nemmeno Pecco Bagnaia. Anzi, soprattutto Pecco Bagnaia che non è solo un pilota, ma è pure un campione che quel gusto lì - che dà assuefazione - di mettere gli stivali in testa al mondo l’ha già provato per ben tre volte.

Sì, non alza la voce. Sì, ha bisogno che sia tutto perfetto (e quando lo è, come l’anno scorso, ha pure la colpa di non accontentarsi). Sì, non sembra uno a cui si tappa la vena nella maniera più nota agli appassionati. Sì, non sta a rialzare la moto quando cade perché riesce sempre a essere abbastanza lucido da capire che quasi sempre non serve a niente. E ha pure un po’ quella “spocchia” del nobile che non necessariamente è un difetto e che, piuttosto, è tipica di chi non ha dovuto vendersi un rene per inseguire il sogno di fare il pilota e a scuola, magari, c’è andato un pochino di più e meglio di altri suoi colleghi. Tutta roba che nelle corse è vista quasi come una colpa, con Bagnaia che, diciamolo chiaramente, è sempre stato additato come uno che non arriva. Che non emoziona. Che non parla alla pancia. Come se gli si chiedesse, ma senza chiederglielo veramente, di dover essere pronto pure a farsi pur di non passare per un perfettino.
Il tempo e le vittorie hanno aiutato un po’ a smorzare tutto questo, ma adesso che è arrivata la stagione terribile è ritornato tutto prepotentemente, con tanto di referti da luminari della psicologia e della psichiatria, sul tavolo degli argomenti. E persino sul tavolo delle motivazioni con cui alcuni arrivano a giustificare una annata così difficile. Certo, Marc Marquez nel box non ha aiutato, così come non aiutano frasi tipo quella pronunciata recentemente da Dall’Igna (“Marc mi ha semplificato la vita”), ma discutere il talento di un tre volte campione del mondo è roba per chi non vuole vedere la realtà, così come mettere in discussione la fame - di un pilota che prima correva per vincere e oggi correrebbe per fare polemica – è pretestuoso oltre che superficiale. Quella moto, tra le sue mani, su alcuni circuiti non sta ferma e lo dice anche un video di questa mattina che circola sui social. C’è qualcosa di anomalo raccontato dai dati stessi e nessuno, Pecco per primo, ha mai creduto davvero alle tante boiate che si leggono sui presunti complotti di Ducati.

Non c’è alcun complotto, non c’è alcuna malizia. Semplicemente qualcosa non funziona più, tra il pilota e la moto, tra il pilota e la squadra. E capire che cosa è - e perché - è l’unica cosa che interessa sia a Ducati che a Pecco Bagnaia. Con quest’ultimo che, però, nella domenica di Phillip Island ha pure in qualche modo lanciato un messaggio: se volete un Pecco che preferisce la sabbia alla ragione, eccolo. Non la rabbia, ma proprio la sabbia. Quella che c’è sulle vie di fuga. Quella in cui, secondo molti, dovrebbe finire ogni pilota che non sta vincendo nel tentativo di vincere, magari per essere più vicino all’ideale di eroe che si spezza ma non si piega. “Meglio oggi con una caduta mentre spingevo a caccia di qualche punto che ieri quando ero penultimo” – sì, l’ha detto esattamente Pecco Bagnaia. Quello che si pensava non avrebbe mai detto una frase così. E’ stato bello sentirglielo dire, ma è davvero quello che si può chiedere a un pilota? E’ da matti. Anche perché il risultato è che il feeling con la moto manca lo stesso, ma in più c’è pure il rischio di farsi male veramente. Ma magari è servito da dimostrazione per tappare la bocca anche ai soliti degli “eh, ma Pecco è moscio e molla e non c’ha fame”. Ce l’ha, ma, almeno fino a oggi a Phillip Island, l’ha fatta pesare solo quando è stato consapevole di poterla trasformare in un, anche minimo, senso di sazietà.
Forse la domenica di Phillip Island è servita a raccontare il Pecco che in troppi davano per scontato non esistesse. E ‘ un po’ anche quello che lui stesso ha detto in sala stampa. “Dobbiamo prendere quello che abbiamo, quello che possiamo, e cercare di cogliere gli aspetti positivi – ha detto nei suoi nuovi panni (che forse vi piaceranno di più) da pilota di una volta - Non ci sono molti aspetti positivi, ma alla fine essere stati veloci in alcuni momenti della gara è buono. Ho visto che stavo sorpassando rapidamente i piloti davanti, ma ero molto al limite fin dall'inizio . È stato difficile per me mantenere questo ritmo e alla fine sono caduto perché stavo spingendo. Alla fine, quando ti spingi così oltre può succedere. Penso che alla fine avremmo potuto finire settimi e dopo un weekend così difficile non è poi così male. Abbiamo provato qualcosa con l'assetto stamattina, ma è andata malissimo (il video qui sotto dice tutto da solo), mentre questo pomeriggio abbiamo fatto il contrario e è andata meglio. Ma si muoveva tanto lo stesso e ho dovuto guidarla di forza: dobbiamo capire perché”. Il futuro sta in quel “perché” e in nessuna altra narrazione o ipotesi, fosse anche suggestiva o da sguazzarci.