Ma chi se ne frega del senno di poi? Phillip Island 2025 si potrebbe raccontare partendo da tutto quello che avrebbe potuto essere e non è stato (magari con Marc Marquez in pista e un Marco Bezzecchi senza due long lap penalty da scontare), oppure si può raccontare per ciò che è stato: uno spettacolo vero, probabilmente il migliore di questo 2025. Con l’assenza di Marc Marquez e la doppia penalità per il pilota ufficiale di Aprilia che hanno contribuito a rendere tutto più avvincente, su quel filo tra gli uomini e gli eroi che ha richiamato la MotoGP del passato. Una MotoGP che, adesso, può contare un nome in più nella lista d’onore di quelli che sono riusciti a vincere almeno una volta nella loro carriera: Raul Fernandez.

Lo spagnolo, pupillo di Massimo Rivola (che non ha mai voluto che fosse in discussione neanche quando nessuno si spiegava perché Fernandez fosse ancora in MotoGP), s’è regalato la realizzazione del sogno di tutta una vita e contestualmente h regalato a Aprilia la trecentesima vittoria e al Team Trackhouse una vittoria in MotoGP già al secondo anno dall’esordio (oggi gode pure Liberty Media, ndr). “Ringrazio tutte le persone che mi hanno sostenuto – è stato tutto ciò che Fernandez è riuscito a dire al parco chiuso, sopraffatto dall’emozione - è il risultato di un duro lavoro. Sappiamo che qui il difficile sarebbe stata la gestione e è quello che sono riuscito a fare, soprattutto negli ultimi cinque giri".
Dietro allo spagnolo di Trackhouse, che ha così confermato anche la crescita tecnica di una Aprilia che ormai ha nulla da invidiare alla Ducati, s’è piazzato Fabio Di Giannantonio. Con una gara normale? No, neanche la sua è stata una gara normale, visto che il Diggia è scattato dalla decima casella in griglia, costruendo la rimonta giro su gir, con un paio di sorpassi da straccio di licenza su Pedro Acosta prima e Alex Marquez poi, e salvando il fine settimana di una Ducati letteralmente assente con i suoi piloti ufficiali (Pecco Bagnaia è caduto con la sua Desmosedici ballerina mentre era a caccia della decima posizione). “Sono a pezzi, oggi ho pure la febbre – ha confidato il pilota romano del Team Pertamina Enduro VR46 nel retropodio, dopo aver raccontato tutta la sua gioia nell’intervista a caldo nel parco chiuso - Ogni volta che veniamo qui è sempre un weekend magico e in questo modo è ancora più dolce. Resta una parte più agrodolce: abbiamo perso la possibilità di vincere sbagliando la qualifica. Noi però non molliamo e andiamo avanti”.
Detto di Raul Fernandez e di Fabio Di Giannantonio e rispettato, quindi, il dovere della cronaca di andare per ordine, sul gradino più basso del podio, ma più in alto di tutti per come è riuscito a salirci, c’è Marco Bezzecchi. E’ partito davanti, ha accumulato in tre giri un vantaggio di oltre un secondo e poi ha scontato il primo dei due long lap penalty rimediati per l’incidente con Marc Marquez a Mandalika. Il Bez è rientrato terzo e ha spinto ancora per un altro paio di giri prima di osservare anche la seconda penalità, ritrovandosi in pista settimo e con tutta la rabbia che può avere nell’anima uno consapevole che oggi sarebbe stata una passeggiata andare a vincere. Non ha perso la testa, è rimasto lucido conservando anche quello pneumatico posteriore a cui aveva già chiesto di tutto e, poi, ha messo in piedi il miracolo. Piega su piega, frenata su frenata, macinando tempi pazzeschi e liberandosi di Fabio Quartararo (con cui ha anche perso un bel po’ di tempo), di Pedro Acosta e, sul finale, anche di Alex Marquez. “E’ stata una gara difficilissima – ha raccontato il Bez nel parco chiuso - con le penalità si è complicato tutto, ma la mia strategia ha funzionato. Ho spinto all'inizio e ho preso un po' di vantaggio, è fantastico essere sul podio. Non potevo immaginarmi con le penalità di riuscirci e voglio ringraziare tutti. Adesso, però, devo recuperare fisicamente per la Malesia”.
E dietro? Proprio Alex Marquez, che ha dovuto questa volta accontentarsi di restare giù dal podio, ma comunque vicino ai primi, mentre dietro di lui Pedro Acosta con la KTM e Luca Marini con la Honda hanno chiuso quinto e sesto con quattro secondi circa dal pilota del Team Gresini. Solo due Ducati, quindi, in top 10, con Alex Rins settimo, Brad Binder ottavo, Enea Bastianini nono e Pol Espargarò decimo. Solo quattordicesimo e quindicesimo gli altri due di Ducati, Fermin Aldeguer e Franco Morbidelli, mentre Michele Pirro ha chiuso ultimo con la Desmosedici campione del mondo di quell’immenso Marc Marquez che fino a ora aveva quasi reso noiosa la MotoGP (e lasciato credere che Ducati fosse ancora la moto imbattibile).
