Vent'anni fa, sugli spalti del circuito di Shanghai, un bambino guarda le macchine passare sull'asfalto della pista a una velocità impressionante. Sulla testa un cappellino Ferrari, in mano una bandiera rossa di Maranello e addosso l'espressione incantata di chi non può credere ai propri occhi. Quel bambino con la bocca aperta e gli occhi attenti si chiama Zhou Guanyu, nella fotografia in questione ha solo cinque anni, ma conosce già la sua più grande passione, il motore che lo accompagnerà per tutta la vita: la Formula 1.
La sua storia sembra una delle tante, quella di un bambino che dall'altra parte del mondo rispetto alla culla della massima serie del motorsport si innamora, si appassiona, si convince di potercela fare. È una storia che passa dai sacrifici e dalle opportunità - che tanti al posto suo non hanno avuto e non avranno in futuro - ma anche quella di chi per farcela ha fatto rinunce e compromessi, chi ha accettato un'accoglienza tiepida al suo arrivo in Formula 1, chi ogni anno si ritrova in bilico nell'attesa di un rinnovo, un sedile, una risposta sul suo futuro. Perché mentre tutti gli occhi degli appassionati guardano alle prime posizioni, al centro della pista si consumano le storie di piloti e uomini, di ragazzi che per avere un'occasione in più, uno sguardo più attento, e una macchina in grado di farli lottare per qualcosa che conta davvero, sarebbero disposti a fare qualsiasi cosa.
Ed è allora che, vent'anni dopo quella fotografia rubata a un bambino sugli spalti di Shanghai, Zhou Guanyu torna a casa sua come pilota di Formula 1 per correre il suo primo weekend di casa nella massima serie. Lui che ha fatto il suo esordio in Sauber nel 2022 e che per rivedere il tracciato cinese nel calendario stagionale ha dovuto aspettare fino a quest'anno, in un'attesa che vedeva il Gran Premio di Cina assente - causa Covid - dal 2019, cinque anni fa. Lo fa cercando di ottenere il meglio dalla sua monoposto mentre, ad ogni suo passaggio in pista, la folla grida il suo nome e scalpita, mostrando cartelloni e magliette, cappellini e gigantografie del suo volto. I bambini lo cercano, entusiasti come un giorno, vent'anni fa, lo era lui, forse increduli all'idea di avere un eroe di casa, un pilota cinese da tifare e sostenere.
C'è lo sport e l'orgoglio, nel tifo di Shanghai per Zhou. Ma c'è anche tutta l'emozione di un ragazzo di ventiquattro anni che non siamo abituati a guardare con attenzione, con l'occhio che riserviamo solo a chi - in Formula 1 come altrove - sta davanti agli altri. Al termine di una gara dominata ancora una volta da Max Verstappen però è proprio il pilota cinese a regalarci l'emozione più grande, quando gli viene concesso di parcheggiare la sua monoposto sul rettilineo, così da poter salutare i migliaia di tifosi arrivati per lui. Il rumore è assordante, gli applausi e le grida sono quelli solitamente riservati ai campioni del mondo, e Zhou si emoziona, sedendosi a terra con le mani sul volto. Un onore e un privilegio, una risposta a tutte le domande e a ogni sacrificio, un momento che vale l'intero weekend di gara. Mentre davanti si festeggia, l'ennesima vittoria Red Bull e il podio di Lando Norris, sul rettilineo si gode di ciò che più grande ci può regalare la Formula 1.