“Valentino Rossi ha detto più e più volte che nel 2021, dopo l’esperienza deludente in Ducati, ha seriamente preso in considerazione l’ipotesi di smettere con le corse in moto per dedicarsi a quelle in auto. In Yamaha ha trovato una opportunità anche grazie a me che non mi sono opposto” – E’ la versione di Jorge Lorenzo e, al netto del tifo, delle simpatie o delle antipatie, potrebbe anche non fare una piega. Perché nel 2012 era davvero lui il punto di riferimento per Yamaha, aveva appena vinto un mondiale e se avesse posto un veto sul ritorno di Valentino probabilmente l’avrebbe anche spuntata.
“Se avessi imposto una clausola per evitare il ritorno di Vale come compagno di squadra, Valentino Rossi si sarebbe ritirato... e ora forse sarei ancora il pilota numero uno della Yamaha" – ha aggiunto Lorenzo. Quella clausola, però, non l’ha chiesta o non l’ha fatta valere e con il senno di poi diventa sterile ogni analisi sulle possibilità del futuro. Di certo, invece, c’è qualcosa che somiglia molto a una insoddisfazione del presente o, se vogliamo, ad una nostalgia del passato. Perché non basta l’hastag #duralavida condito di lusso e vacanze – anche in questo periodo si trova in un mega hotel di Dubai – per mascherare il dubbio di un errore: quello di aver appeso il casco al chiodo troppo presto, pur sentendo di avere ancora qualcosa da dare. E Valentino Rossi c’entra poco, anche perché non è così scontata, visto il peso anche mediatico del personaggio, che se avesse trovato le porte chiuse in Yamaha non avrebbe potuto trovarle aperte, o spalancate, altrove.
Non solo Valentino Rossi, però, nelle parole di Jorge Lorenzo, ma anche l’altro suo grande rivale, a completare un trio - lui, Valentino e Marc Marquez - che, inutile negarlo, ha scritto la storia recente del motociclismo, lasciando spazio nullo a tutti gli altri. “L’infortunio di Marc Marquez – ha affermato il maiorchino – è stato davvero serio. A posteriori non avrebbero mai dovuto permettergli di correre a Jerez così pochi giorni dopo l’intervento. E lo dico io che credo di aver fatto la più grossa forzatura in questo senso”. Il riferimento è ad Assen 2013, quando tornò in sella pochissime ore dopo essersi infortunato e sottoposto ad una operazione per ridurre le conseguenze di una frattura alla clavicola. “Non avrebbero dovuto far correre neanche me quella volta – ha ammesso - Ci lasciamo ingannare dal fatto che siamo su una moto, che il nostro sport non è il contatto, ma se cadi le conseguenze possono essere davvero gravi”.
Il ricordo di Assen 2013, pur nella consapevolezza di aver preso un grosso rischio, rappresenta un orgoglio per il cinque volte campione del mondo: una impresa che vale molto più del quinto posto ottenuto in quel gran premio di Olanda. I rimpianti, relativamente agli infortuni, sono altri, come si legge dalle righe dell’intervista a ElMundo. E, in particolare, quelli legati all’esperienza terribile, e sfortunata, vissuta in Honda, che forse ha fatto maturare una scelta che in verità matura non lo era affatto. Una scelta fatta probabilmente in fretta, come quella di andare via da Ducati: “Ci siamo salutati quando le cose cominciavano a funzionare” – ha ammesso.
Tra i ricordi che lo fanno sorridere, invece, c’è quella volta in cui per fargli fare pace con Dani Pedrosa è dovuto addirittura intervenire il re di Spagna. “Era inutile l’ostilità tra di noi – ha raccontato – Alla fine ci siamo stretti la mano perché c'erano molte persone, compreso il re, che ci chiedevano di farlo. Ma ci sono voluti un paio d'anni, in verità, prima che tornassimo a parlarci davvero".