“Tanti auguri testadica*zo!”. La telefonata è cominciata così e subito ne approfittiamo per estendere il Buon Natale a tutti. Le parole, però, le abbiamo prese in prestito da Carlo Pernat e dalla classica telefonata di auguri che s’è trasformata nella solita chiacchierata tutt’altro che natalizia sulla MotoGP, sul domani che arriva lo stesso, sui rischi delle ambizioni troppo grosse e pure sull’obiettivo del 2026. “Il mio? Sicuramente riuscire a esserci per due o tre gare l’anno prossimo – dice – Senti? Sto meglio. Parlo meglio. Non ho il solito fiato corto. Quindi questa volta ci credo veramente d’essere riuscito a far stare buono questo cavolo di enfisema. Belin, il paddock mi manca un po’. Oh, è stato il primo anno, dopo una vita intera, senza esserci mai”.
Ma come stai?
Meglio, te l’ho detto. Certo, con l’enfisema dovrò farci i conti sempre, non è una roba che guarisce. Però ho dato una sistemata alla mia vita e i risultati cominciano a vedersi tutti. Se non mi fai passare per tenerone ti confesso una cosa: sono quasi più contento per le persone che mi vogliono bene e a cui voglio un gran bene che per me, perché mica è facile vedere la preoccupazione negli occhi degli affetti più cari. Comunque dai, sto meglio e l’anno prossimo voglio provare a farmi le trasferte possibili, magari le due in Italia e qualcosa in Spagna. Sono un quarantesettenne che non si lamenta dei suoi 77 anni.
L’anno prossimo ci sarà anche il Brasile…
Eh lo so, ma lì la vedo dura. Non farmi parlare del Brasile, dai, altrimenti ti tocca censurare tutto. Di questi tempi è pericoloso dire ogni cosa, quindi mi tengo i miei ricordi: chi c’era c’era, chi non c’era non saprà mai quante ne abbiamo fatte negli anni della MotoGP in Brasile. Magari vedere che è cambiato tutto mi metterebbe pure nostalgia.
In Europa oltre Misano, Mugello e una spagnola dove ti piacerebbe essere?
Me lo chiedi pure? Le Mans. La gente non ha idea di cosa è un GP a Le Mans. Arrivavi una settimana prima e già era festa ovunque. Ma no quelle feste di adesso tutte infiocchettate, robe da squilibrati veri che entravano in una sorta di delirio collettivo scandito solo e esclusivamente dai turni di prove, dalle gare, dai passaggi dei piloti che finivano quasi sempre per diventare pezzi delle feste. Ancora oggi, tutto sommato, è un po’ così. Tipo il Mugello, come spirito di chi c’è, ma con in più il pieno sostegno di chi organizza. Un anno, non mi ricordo se il 1995, ma mi pare di sì visto che Vale ancora non c’era e ho in mente che lo portammo al Mondiale poco dopo, dentro la tre giorni del Motomondiale al Le Mans ci fu il concerto di Joe Cocker. Ti rendi conto? Cioè, andavi a vedere le corse e nel biglietto c’era pure il concerto di Joe Cocker. Non la banda del paese o un dj a caso o un complessino della zona: il concerto di Joe Cocker.
Magari adesso, con Liberty Media, si tornerà a pensare in grande…
Magari sì, ma io ho un po’ paura.
Perché?
Perché i grandi sogni bisogna farli, ma poi bisogna pure inseguirli col criterio dei piccoli passi possibili. Ho l’impressione che Liberty Media voglia puntare tutto sull’America, ma lì non esiste la cultura della velocità. La moto è una roba per turisti ribelli: l’arte della curva, la filosofia delle piega, del sorpasso, della manovra al limite è qualcosa che non emoziona gli americani. Paradossalmente si gasano di più con il cross. Io, in passato, ho seguito anche quel mondiale lì e vedevi che l’hype tutto sommato c’era. Un americano qualunque, magari, sapeva dirti chi era il campioncino di cross del momento, ma se gli parlavi di Kevin Schwantz, che qui è stato letteralmente Dio, ti rispondeva “Kevin chi?”
Sto per svenire…
E lo capisco, gli appassionati di oggi di MotoGP di una certa generazione sono cresciuti a pane e Schwantz, ma appunto negli USA non era così. Nella velocità, l’America era un po’ solo la narrazione che se ne faceva in Europa. C’erano grandi campioni americani, ma la verità è che non se li filava nessuno perché lì la velocità in moto non attecchisce: andavamo sempre tutti a dormire in strutture distanti quattro o cinque chilometri dai circuiti e già lì, nonostante fossero appunto solo cinque chilometri, te ne andavi in giro con Schwantz, Roberts, Lawson e erano dei perfetti sconosciuti. Paradossalmente la gente si girava di più a guardare le belle ragazze che ci accompagnavano che i piloti. Figurati poi quando i piloti americani sono scomparsi dalla scena quanto quella passione che già era impercettibile sia diventata praticamente zero.
Quindi?
Ti dico solo che negli anni d’oro dei piloti americani, l’ufficio stampa dei GP negli USA era un furgone Ford su cui qualcuno, ogni tanto, andava a attaccare i fogli dei risultati. Quindi ben venga Liberty Media, ma occhio con troppe ambizioni americane perché si rischia di scottarsi e bruciare tutto come solo negli USA succede.
Ti preoccupa di più questo o il rischio di “formulaunizzazione” della MotoGP?
La MotoGP non sarà mai come la Formula 1. Potranno provarci sul piano della comunicazione, del marketing e di alcune scelte, ma sarebbero gli stessi protagonisti della MotoGP a evitare la deriva di essere semplicemente una F1 con due ruote, perché è totalmente diverso proprio lo spirito dei piloti e, soprattutto, lo spirito degli appassionati. Io, come ho detto altre volte, sono sempre aperto al futuro, ho solo esposto quelle che per me potrebbero essere le criticità, ma non ho nulla contro Liberty Media e, anzi, sono convinto e spero che faranno un bel lavoro. Anche perché Carmelo Espeleta continuerà a esserci e questa sua presenza sarà una garanzia per tutti.
L’Europa, però, comincia a soffrire e non da adesso. Se dici che negli USA sarà impossibile sfondare cosa resta?
Oh, ma l’Asia è enorme. E il terreno giusto per appassionarsi alle corse lì c’è e è fertilissimo. Anche il mercato, in Asia, ha già dato tutti i segnali che doveva dare.
A proposito di mercato, quello dei piloti?
L’ho già detto tempo fa: i telefoni prendono fuoco già da mesi. E’ iniziato da un pezzo e secondo me qualcuno può anche aver messo qualche firma su un precontratto, ma staremo a vedere. Di sicuro il nodo Marquez e Ducati è di quelli grossi, perché Ducati vuole sicuramente tenerlo, ma non avrà mai la forza economica di Honda. Se la RC213V dovesse rivelarsi una buona moto potrebbe essere un gran problema. Anche su Pecco il discorso è aperto, ma secondo me nel giro dei primi quattro o cinque GP si definirà tutto per l’anno successivo.
Hai visto Maverick Vinales che lavorone sta facendo con Jorge Lorenzo?
Vedo sui social che si danno un gran da fare. Da una parte penso che quei sue sono pericolosi, perché hanno caratteri molto particolari entrambi e può nascere qualcosa di grandioso come anche una scazzottata epica. Di sicuro Maverick Vinales è uno dei più grandi talenti degli ultimi anni, ma ha sempre peccato in costanza e in atteggiamenti verso il lavoro, la squadra, la comunicazione con i tecnici. Esattamente in ciò, quindi, in cui Jorge Lorenzo non ha mai avuto rivali.
Quindi pendi più per “qualcosa di grandioso” piuttosto che per la “scazzottata epica”?
Io non ho mai creduto più di tanto al beneficio di un pilota già formato che si fa adottare da un altro pilota. Perché ogni pilota ha il suo modo e il rischio di snaturarsi per guidare come vorrebbe che guidassi il pilota che ti ha adottato c’è sempre. Faccio, in piccolo e sperando di non essere frainteso, un esempio: Tony Arbolino con Fabio Quartararo. Non dico che allenarsi con Quartararo gli abbia fatto male, non mi permetterei mai, ma qualcosa è cambiato nello stile, nella tecnica di Tony e questo, forse casualmente sia inteso, è coinciso con un calo anche delle prestazioni. Cioè, non è detto che ciò che rende speciale un campione possa rendere altrettanto speciale anche un altro campione. Quindi se il lavoro di Jorge Lorenzo riguarderà il metodo, la costanza, lo stile di vita di Vinales ok, ma se riguarderà la tecnica non so come può andare a finire. Di sicuro Lorenzo, da un certo punto di vista, ha tanto da dare.
Di sicuro è una strana coppia…
Penso pure, proprio per come ha inteso lui lo sport, che Jorge abbia continuamente bisogno di una ossessione: è una persona che ha sacrificato tutto per vincere, credo sia un ragazzo anche molto solo e quelle poche volte che l’ho visto in compagnia era con “compagnie” che conoscevo bene pure io. Capisci a me…(ride, ndr). A Jorge interessa una cosa alla volta e su quella si concentra come una forza di volontà disumana. Se un po’ di quel suo modo di essere ossessionato riesce a traferirlo a Vinales, sicuramente l’anno prossimo ne avremo uno in più da tenere d’occhio e ci annoieremo un po’ di meno rispetto al 2025. Sperando, e lo dico anche per Enea Bastianini, che però KTM riesca a mandare in pista una moto competitiva, altrimenti del talento o degli allenamenti con Jorge Lorenzo te ne fai poco.
L’ultimissima: Sky ha rinnovato con Dorna, significa anche che ti vedremo ancora?
Penso di sì, mi fa sempre piacere esserci. In ogni caso sono molto contento di questo rinnovo, dopo le voci che giravano. In verità non ho mai avuto grossi dubbi sul fatto che alla fine si sarebbe arrivati a un accordo, anche perché, parliamoci chiaro, chi altro riuscirebbe, in pochissimo tempo, a mettere in piedi una struttura all’altezza? Ciò che funziona può e deve sempre essere migliorato, ma cambiarlo spesso significa andare a finire peggio e Dorna questo lo ha sempre saputo.