Senza ali. E’ quello che è successo alla Honda a Sepang e è un po’ anche la metafora di un Marc Marquez che, nonostante il solito sorriso ostentato, è apparso decisamente contrariato dopo i tre giorni di test in Malesia. Come se tra quello che dicevano gli occhi e quello che diceva la sua bocca, ci fosse un infinito di parole taciute. Le ha provate tutte, persino guidare senza le ormai immancabili alette aerodinamiche per provare a riavere tra le mani una moto che somigliasse anche lontanamente a quella che guidava nel 2019, quando l’infortunio non aveva ancora condizionato la sua carriera e quanto il feeling con la RC213V era totale e assoluto.
Adesso, invece, negli occhi di Marquez sembra esserci la delusione di chi si sente in qualche modo tradito. Perché lui ha mantenuto la promessa, la Honda, invece, non la ha fatto. La sua, di promessa, era quella di lavorare senza sosta durante l’inverno per trovare la migliore condizione fisica possibile. La promessa di Honda, invece, era quella di mettergli a disposizione già a Sepang una moto capace di competere con le Ducati. Invece le Ducati sono scappate via sin dal primo giro del primo giorno di test, mentre la Honda è rimasta lì a lottare nelle retrovie e con il solo Marc Marquez che è riuscito a piazzarsi tra i primi dieci.
E’ abbastanza per riconoscere che, infortunio o no, simpatico o no, il ragazzo di Cervera è un fenomeno capace di guidare anche sopra i problemi. Ma non è abbastanza per pensare di poter lottare per la conquista del titolo, che invece è tutto ciò che interessa proprio a Marc Marquez. “Non ci siamo – ha detto, tradendo proprio tutta la sua delusione – così siamo troppo lontani”. Lontani, ora, anche nei rapporti, che probabilmente non sono più quelli di una volta, perché non poter vincere è qualcosa che ti logora da dentro quando fai il pilota e è qualcosa che ti genera ancora più rabbia quando sai perfettamente di aver dato tanto, probabilmente anche di più di quanto avrebbero dato altri, ma non vedi quella stessa fame e quella stessa ferocia in chi dovrebbe restituirti qualcosa. Che poi non è un restituire, ma un condividere per provare a agguantare un sogno che dovrebbe essere di entrambi: di Marc Marquez (ma non ci sono dubbi che lo sia) e di chi fa la moto (e qui i dubbi cominciano invece a venire).
Sono più contento della mia condizione fisica che della moto – ha detto laconico Marc Marquez -Da pilota vuoi sempre di più. Però devo fare i complimenti alla squadra, perché hanno organizzato molto bene il test. Fisicamente mi sento molto bene, per me era la cosa più importante. Ora posso scegliere quando andare piano e quando andare forte, è una cosa che due anni fa mi era impossibile per via delle mie condizioni fisiche. Quando riuscivo a guidare bene, i tempi sul giro non sono stati male, ma siamo troppo lontani dai migliori. Complimenti fatti alla squadra, non a chi, invece, lavora dietro la squadra: quegli ingegneri giapponesi con cui sembra essersela presa anche Alberto Puig (come vi abbiamo raccontato qui). Perché l’impressione è che si vada per tentativi, senza una direzione precisa. Tanto che lo stesso Marquez è rimasto sorpreso quando gli hanno detto di togliere le ali. “Mi hanno chiesto di fare qualche giro senza ali – ha spiegato l’otto volte campione del mondo – Non sono stato tanto a domandarmi, l’ho fatto e basta. La moto aveva un bilanciamento diverso, era molto più fisica, si muoveva ovunque”.
Insomma, non si è trattato di una soluzione, ma solo dell’ennesimo esperimento per capire come ritrovare la giusta direzione. Di tempo, però, non ce ne è più, perche Portimao è vicina e i test che si faranno in Portogallo saranno decisivi, con Marc Marquez che continua a ripeterlo usando parole che ormai hanno quasi il sapore della minaccia: “Abbiamo iniziato i test di Sepang con quattro moto, poi siamo passati a tre e poi ho lavorato con due moto. Nel pomeriggio del terzo giorno solo con una. Sarà la base su cui lavorare, ma non è una moto per vincere il mondiale. Dobbiamo fare un altro passo. Dobbiamo risolvere gli stessi problemi dell'anno scorso. Il motore è buono, la velocità massima è buona, ma ci abbiamo messo troppo tempo per raggiungerla, e sui circuiti europei, con rettilinei più corti, si complica tutto. Dobbiamo anche migliorare la moto in frenata. A Portimao non ci sarà tempo per girare con tre moto diverse. Sarà importante scegliere una direzione, una moto sola e in fondo è sempre la stessa moto di Valencia, la stesso concetto, con gli stessi problemi. Ora è il momento di risolverli”. Perché se la Honda è pronta a rinunciare alle ali, Marc Marquez non ci pensa nemmeno: l’aerodinamica non c’entra, c’entra il mercato e c’entra la certezza che gli altri marchi farebbero carte false per accontentarlo.