C'è un'immagine che oggi, nel pieno del caos del caso Binotto-Ferrari, ha i contorni definiti di un segno premonitore. Una fotografia allora minimizzata, messa all'angolo dai rispettivi protagonisti. Silverstone 2022, giorno della prima, e unica, vittoria in carriera di Carlos Sainz. Charles Leclerc, a quel punto della stagione ancora in lotta per il mondiale contro l'agguerrito Max Verstappen, insegue la vetta con le unghie e con i denti.
Un errore del muretto del Cavallino, l'ennesimo, lo trasforma in vittima sacrificale: per lui, che sogna il successo, solo un quarto posto. Dal box aria di festa per lo spagnolo e scuse sommesse cariche di giustificazioni per Leclerc: "Non c'era tempo di una doppia sosta anche per lui". Charles va a congratularsi con Carlos ma l'aria dello sconfitto per un ragazzo a cui le emozioni si leggono in faccia è impossibile da nascondere. Davanti alle telecamere dei giornalisti dirà solo: "Io non sono nessuno per chiedere giustificazioni alla Ferrari". Una risposta che non piace a chi lo vorrebbe più leader, più prima guida, più indiavolato davanti alle cose che non vanno della sua squadra.
Dall'altra parte però c'è chi lo vorrebbe ancora più tranquillo, solo felice per il risultato del suo compagno di squadra, concentrato "sul team" e non su un insuccesso che lo allontana, ancora di più, dalla lotta mondiale contro Verstappen. Quel qualcuno è il team principal Mattia Binotto che, incontrando lo sguardo spento di Leclerc, lo ferma e gli punta un dito contro. Eccola, la fotografia.
Si parlerà per mesi e mesi di quell'immagine, dandogli sempre significati diversi, chiedendosi cosa - in quel giorno, in quell'atteggiamento, in quella decisione di non avere un primo e un secondo pilota - si sia definitivamente rotto tra Charles Leclerc, e il suo entourage, e Mattia Binotto. Considerazioni che oggi si fanno più forti che mai nei concitati giorni dell'imminente addio del team principal, di cui si aspetta da Maranello solo l'ufficialità. Con ogni probabilità arriverà Vasseur, team principal dell'Alfa Romeo Sauber che per anni ha adottato la via del "gerarchie chiare nella squadra", una scuola di pensiero che lo stesso francese ha ribadito nel corso di un'intervista solo un anno fa: "Negli ultimi 25 anni tutti i buoni progetti in Formula 1 sono stati costruiti attorno a un pilota di riferimento".
Un indizio chiaro su quella che sarà la scuola di pensiero nel box della scuderia Ferrari a partire dal prossimo anno: Charles Leclerc, vicino alla presidenza Elkann e all'AD Vigna, avrà il tanto desiderato ruolo di prima guida nella scuderia del Cavallino, una posizione certamente meritata dopo i risultati di questi anni, il secondo posto alle spalle di Verstappen nel 2022, e la crescita in Ferrari che parte dai giorni nella Ferrari Driver Academy.
Sarà lui "l'accentratore" della nuova Ferrari, il cardine su cui puntare dopo il lasciato di Binotto che - in 28 anni a Maranello - è diventato il perno di tutta la squadra e che dal 2023 si ritroverà così senza un leader nel box. Sarà dura per Charles, senza dubbio, e la pressione su di lui sarà tanta, aumentata da chi oggi tra giornali e rumors lo descrive come "il motivo" dell'addio di Binotto. Esagerazioni di una posizione, quella del monegasco, che certo ha contribuito a far venire a galla gli evidenti problemi del team ma che non può essere considerata come il capro espiatorio di un addio dalle radici lontane.
Alla base ci sono le decisioni della presidenza Elkann e dell'amministratore delegato Vigna, non felici dei risultati della Ferrari, della gestione piloti vista nel 2022 e dei due sedili persi - in soli due anni - tra i team motorizzati Ferrari: quello di Antonio Giovinazzi e quello di Mick Schumacher. Un mix di malcontento che si traduce in un cambiamento necessario, seppur arrivato in un momento non ideale per la Ferrari, che peserà sulle spalle di un monegasco chiamato, finalmente, ad essere leader.