Provate a immaginare questa scena: lavorate in un'azienda solida, siete benvisti dai colleghi e quel giorno il vostro direttore (o direttrice), vi chiama al cospetto. Vi fa accomodare con una bella stretta di mano, anzi no perché non si può, vi fa sedere e inizia un discorso che pressappoco è così: “Caro X (non me ne vogliano le donne, ma lo faccio solo per maggior semplicità di scrittura, il tutto può esser letto per generi diversi). Sai benissimo di esser il fiore all'occhiello della nostra ditta, la punta di diamante, il non plus ultra nel tuo lavoro. Abbiamo deciso quindi che tu ci rappresenterai in varie competizioni nel Mondo. Da oggi, i tuoi ritmi di lavoro aumenteranno a 10-14 ore giornaliere, sabati e domeniche inclusi. Dovrai sacrificare vari affetti e dovrai spostarti in vari Continenti secondo calendario. Li ti sfiderai con altri tuoi pari di ogni nazione, e dovrai far in modo che la Nostra Ditta sia prima in classifica. Se ci riesci, soldi, onore e gloria. Se non ci riesci, andrai nel dimenticatoio. Accetti?”
La proposta è allettante, ma i sacrifici sono messi lì in bella vista. È un discorso che vale per il mondo lavorativo? Certamente! Conoscerete sicuramente qualcuno che per far carriera attraversa queste situazioni. Provate anche a immaginare quanto la psiche sia messa sotto pressione, tant'è che le classiche trame di alcuni film natalizi americani di Serie B, di solito narrano “la scelta di un professionista che, stanco della vita stressante di tutti i giorni, decide di mollare tutto e trasferirsi in campagna”. E noi guardiamo questi film e pensiamo “Beh, c'ha ragione! Ma chi te lo fa fare di soffrire così?” Bene, per gli sportivi è ancora peggio. Prendiamo il caso della Simone Biles e non dissimile anche quello che accadde alla Pellegrini dopo il 2008, quando le fu diagnosticata una forte allergia alle muffe dell'acqua che le provocavano broncospasmi, trattata efficacemente con due puff prima delle gare, ma che lasciavano il pesante ricordo delle sensazioni vissute nel riflesso ansiogeno. Lei stessa nel 2016 subì attacchi per un quarto posto cuccandosi un “DELUSIONE PELLEGRINI”. Lei, che ha talmente tante medaglie appese in casa da far cadere un muro portante per il peso dei nobili metalli, non si è arresa e ha continuato.
Se è vero che “mens sana, corpore sano”, il peso di essere tra i primi al mondo, dove sai che il mondo vuole la prestazione perfetta. Dove i tuoi avversari sperano in grazia in un tuo errore e l'occhio implacabile della telecamera è lì, pronto a lodarti di Eurovisione o a trasformare la tua performance in “Bruttissima prestazione di … ai giochi”. Per spiegare cosa avviene a uno sportivo in queste situazioni, dobbiamo far riferimento alla Flow Scheme di Csikszentmihalyi
Quando la sfida è alta e io ritengo di aver basse capacità, subentra l'ansia. Quando la sfida è alta e io ritengo di aver grandi capacità, entro nel Flusso competitivo. Il flusso è quello stato mentale che mi porta a vincere e realizzare i record. Nel caso della Biles, per esempio, il Flusso competitivo (alta difficoltà/alte competenze) era presente ma si è spostato nell'ansia subito dopo l'errore al volteggio (alta difficoltà/basse competenze). Il livello mentale, da Ansia è sceso a Preoccupazione dove nella sua percezione, la sfida era non più ad alto livello e affrontabile, ma l'idea da parte sua di non aver competenze per poter fronteggiare, ha aperto le porte alle preoccupazioni fisiche e mentali.
Situazione diversa l'ha vissuta la nuotatrice Margherita Panziera, dove “Era salita sul blocco senza forze”. In quel contesto, la salita sul blocco ha portato immediatamente lo stato mentale da Flow a Worry (“non mi sento in gara”) per poi slittare in Apathy (“non vedo l'ora di concludere”).
Ultimo esempio quello di Vito Dell'Aquila, medaglia d'oro nel Taekwondo. Durante la sfida è rimasto nella condizione di Control (capacità alte e sfida medio-alta) nonostante stesse perdendo nei primi due round. Nel terzo, lo spostamento mentale ha fatto salire la percezione del livello di sfida, accentuando le sue capacità globali e vincendo negli ultimi 20 secondi. Il diagramma di Csikszentmihalyi mostra infatti come le capacità fisiche e mentali sono molto volatili e cambiano anche in pochissimi secondi, da record a disastro.
Nonostante un noto sociologo imputi la scelta della Biles all'ipersfruttamento subito da famiglia e sistema, lei ha risposto che: “Ogni volta che sei in una situazione di stress, vai fuori di testa. La terapia mi ha aiutato molto. Ho combattuto tutti quei demoni, ora devo concentrarmi sulla mia salute mentale e non mettere a repentaglio la mia salute e il mio benessere. Dobbiamo proteggere il nostro corpo e la nostra mente. Nella mia testa ci sono solo io [..] a volte mi sento davvero come se avessi il peso del mondo sulle spalle. So che lo spazzo via e faccio sembrare come se la pressione non mi influenzasse, ma dannazione a volte è difficile! Le Olimpiadi non sono uno scherzo!" Queste sono le parole di una campionessa che ha vinto tutto quello che poteva vincere, cresciuta in un ambiente famigliare inesistente e adottata dai nonni perché i genitori tossicodipendenti, tutt'ora non vogliono riconoscerla. La Biles ha creato quattro volteggi che portano il suo nome. Lei, afroamericana in una competizione che è sempre stata appannaggio delle Europee e Asiatiche, rappresenta l'eccellenza. Questa vicenda ci insegna che anche le eccellenze sono esseri umani, con i sogni e i demoni nella testa. Lei preferisce rinunciare a una sicura medaglia, per evitare un probabile infortunio anche gravissimo. Si, i motociclisti rischiano la vita a 300 all'ora, le ginnaste e i ginnasti se non sono perfettamente concentrati, non rischiano meno, anzi. Vale anche per i nuotatori, i runner con il cuore che esplode sotto il sole cocente, i tuffatori che sfiorano al pelo il trampolino con la testa, la boxe e il taekwondo. Insomma, ogni sport ha la sua difficoltà fisica e mentale.
Lo sport è un mondo di sacrifici e illusioni, di delusioni e riscatti, di scelte e stress fisico e mentale, dove un adolescente inizia a sentirsi addosso una strada tracciata e cerca di far il possibile per poter emergere. Forse tra tutti è proprio il calcio a creare false illusioni. Ci sono tonnellate di ragazzini che spinti da allenatori e procuratori ad insistere in quel mondo, che li alimentano le illusioni dipingendo mondi di stadi pieni e pubblicità per note marche sportive, ma nel momento in cui si verifica il primo infortunio o non si arriva agli accordi con gli “squali”, si ritrovano da futuri Totti, Buffon e Ronaldo, a eliminare i sogni di gloria per far altro.
Lo stesso sociologo aggiunge che “C’è una soglia di stress che devi gestire. E non puoi farlo a 14 anni. Queste regole sono un’esasperazione mediatica perché nessuno lo vede, sappiamo soltanto che è stato fatto. Pur di arrivare a un determinato salto si rovina la vita di una persona”. Questo è vero! Anzi verissimo! I sacrifici a cui sono sottoposti gli adolescenti competitivi, per riprendere il concetto, sono tanti. Lo stress psicologico che ne deriva è ampissimo. Può rovinare la salute mentale e fisica di un ragazzo o ragazza che iniziano il proprio percorso di vita. Mi viene in mente, visto che è stato citato, anche Valentino Rossi, che se non erro, ha iniziato proprio a 14 anni o giù di lì il suo percorso sportivo, correndo come un folle su una motocicletta e vedendo scene di straziante dolore, sentendosi dire anche di mollare tutto e vivendo la delusione. Quale dovrebbe essere la giusta ricetta per uno sport sano e competitivo? La presenza di un Team funzionale, la presenza anche degli psicologi dello sport e soprattutto una famiglia che non ostacola le scelte dell'adolescente, ma le affronta con criterio e non con fanatismo.