"Le Olimpiadi di Tokyo 2020 sono state il fallimento dello sport" a parlare è il sociologo Paolo Crepet che ha fortemente criticato come l'eccessiva voglia di vincere spinga gli allenatori degli atleti, spesso giovanissimi, a durissime prove fisiche e soprattutto mentali. Simone Biles, Benedetta Pilato e Naomi Osaka hanno avuto il coraggio di dire basta. Gestire così tanto stress per ragazzi così giovani è una cosa tremenda che porta chiunque sia vicino a loro a trattarli "come bestie da allevamento" è il frutto di "un sistema marcio basato su televisioni e soldi". Il potenziale degli atleti va coltivato, vanno incentivati a migliorare. Invece vengono spremuti con oltre dieci ore di allenamenti quotidiani. Il rischio di subire conseguenze anche irreversibili sulla propria mente è molto alto, ma pochi hanno la forza di smettere. Loro sì. Ecco cosa ci ha detto Paolo Crepet.
Crepet, cosa ne pensa di quello che è successo con Simone Biles?
Lo stress a quei livelli lì c’è sempre stato, soprattutto in certi sport come la ginnastica che è massacrante. È tutta colpa degli allenatori e della competitività esasperata. Stiamo parlando di ragazzini che sono adolescenti, lo trovo molto brutto, non c’è nulla di olimpico in questo. È la più orrenda delle Olimpiadi mai fatte.
Secondo lei la colpa è dei social sempre più opprimenti?
Ma quali social! Questa ragazza l’hanno massacrata, fossi i genitori denuncerei tutto. Il sistema l’ha schiacciata. È inutile fare De Cubertin, capisco che dietro ci sono i soldi e un business incredibile, chi vince una medaglia poi ha inviti, sponsor, gran gala e tutte queste cose qua. Ecco perché la famiglia se ne sta zitta, pensa che attraverso i propri figli possono ricevere denaro. Il meccanismo è semplice.
La maggior parte di questi ragazzi è super accudita però…
Sono super sfruttati direi. La Biles ha messo in risalto nella maniera più eclatante tutto il marcio di questo sistema. Questi atleti sono come delle bestie da allevamento, dieci ore al giorno di allenamenti. Poi secondo me c’è pure il doping, per superare quello sforzo, quella quotidianità terribile.
Quindi le Olimpiadi sono state il fallimento dello sport?
Sì, almeno per il momento. Questa cosa degli atleti bambini che era un’eccezione, adesso è un’esasperazione terrificante. Nadia Comaneci è stato un esempio, vai però a vedere poi a cinquanta anni le sue condizioni fisiche. Un corpo così esasperato a 14 anni quando sei nel pieno dello sviluppo, arrivi a una certa età che hai la schiena spezzata, non cammini più. A me piace vedere una finale di basket dove ci sono ragazzi grandi che faticano, non i bambini in gara che vengono sfruttati.
Peraltro il successo olimpico dura un mese, poi si finisce nel dimenticatoio.
Lo sport è un’attività graduale, è sempre stato così. Non puoi prendere il pallone d’oro a 18 anni, ci vuole talento, fisico e soprattutto esperienza. Devi saper reggere lo stress, essere maturo anche se hai cominciato da ragazzino. Purtroppo soffriranno in silenzio senza riflettori e con i giornalisti che non gli chiederanno più niente. È molto triste come cosa.
La soluzione potrebbe essere fissare limiti di età?
Sì, ma qualcuno ci dirà, la leggerezza del corpo del bambino come nella ginnastica e altre cose. È una storia anche di dolore lo sport, c’è una soglia di stress che devi gestire. E non puoi farlo a 14 anni. Queste regole sono un’esasperazione mediatica perché nessuno lo vede, sappiamo soltanto che è stato fatto. Pur di arrivare a un determinato salto si rovina la vita di una persona.
In America borbottano di già per la decisione del ritiro…
Io credo che quella ragazza quando torna la raccattano con il cucchiaino, una che doveva vincere 5 medaglie che arriva a casa con la testa china sarà dura per lei. Ma non è colpa della Biles, ma del sistema a partire da l’allenatore e la complicità familiare, a quell’età devi avere il permesso dei genitori. Io non glielo avrei mai dato.
Ci sono comunque casi di chi non molla mai come Valentino Rossi e Federica Pellegrini…
Sono dei fenomeni dal punto di vista mentale, Rossi ancora più della Pellegrini. Lei se ci mette un secondo in più semplicemente perde la gara, se Valentino si distrae un secondo muore. È una cosa un po’ diversa. Anche se non lotta per vincere devi fare cose che il tuo fisico non ti permette più. A 40 anni andare a 300 km/h su una motocicletta è pazzesca. Mi piace più parlare della vulnerabilità di queste persone…
Cioè?
Non ci sono solo i record, ma i limiti di un fisico che più di tanto non può dare. Guardi Marquez, è un ragazzo che ha avuto operazioni pazzesche, riabilitazioni che normalmente ci metterebbe anni e adesso tornerà a essere il migliore, pur sapendo che ci sono ragazzi più giovani e spericolati.
Possiamo dire che lo sport non è più sano?
Deve uscire da questa retorica di rappresentare chissà quale purezza, guarda il calcio. È un business spaventoso, infischiandosi dei tifosi e con quattro presidenti che si incontrano di nascosto in un albergo. Con Giovanni Agnelli, Moratti e Berlusconi non sarebbe mai successa. Questi guardano ai quattrini, è gente che vende qualsiasi cosa.
E le società sono pure piene di buchi nel bilancio…
Tutto questo non porta nessun vantaggio per lo sport, chi comanda sono sempre gli allenatori piuttosto che gli atleti, non è più la società. È chi gestisce il cartellino di un atleta e se vuole ti manda all’inferno. Messi o Ronaldo ammazzano qualsiasi bilancio e non necessariamente sono ripagati con chissà quale vittoria come nel caso del portoghese. Hanno pagato per un non risultato. Quando era molto molto bravo e decisivo non costava così tanto, c’è una sorta di contraddizione negli ingaggi che obbliga le squadre a investire da qualche altra parte ecco che arrivano televisioni e pubblicità.
Il Covid c’entra qualcosa con tutto questo?
Ha allontanato il pubblico da stadi e palazzetti ed è chiaro che ha sofferto. Questa però è una mentalità abbastanza vecchia negli sport più popolari. Il Judo ne sentiamo parlare una volta ogni quattro anni, non so chi segue il campionato italiano, ma neanche la Gazzetta. Questa è un’altra cosa che non è facile da spiegare a quel ragazzo. È come far cantare una ragazzina di quattordici anni, è un affronto. In pochissimi sanno gestire lo stress e la frustrazione.
Quindi siamo arrivati a trattare semplici ragazzi come supereroi?
Abbiamo pensato che l’adolescenza dovesse partire a 13 invece che a 16 anni, abbiamo fatto tutti questi crimini. Abbiamo tolto il gioco e la spensieratezza ai bambini. I settori giovanili del ciclismo sono spaventosi, c’è gente che si riempie di anabolizzanti per vincere la competizione degli scapoli e ammogliati. Fa ridere. Poi è normale finire come Pantani. Se ti metti il catrame delle vene magari vinci tutto però poi la cosa la paghi in termini psicologici. E poi ci sono i soldi, si pensa che siano la chimera che risolva tutto in realtà è la vera rovina.
Secondo lei chi è che si salva da questi circoli viziosi?
Quelli che hanno una famiglia integra dietro, chi ha il papà da una parte la mamma da un’altra. Ronaldo è un esempio, ha messo a posto tutta la famiglia, ha chi lo consiglia dove investire, probabilmente non delega neanche più di tanto. Ci sono persone che si sono rovinate. Guardi Baresi. I calciatori e le loro mogli hanno combinato grandi guai. Quando hai vent’anni e i milioni li spendi in un attimo. I soldi attirano i malavitosi, si nutrono di quelli degli altri.
In pochi sanno gestire il successo…
Nereo Rocco mandava i massaggiatori ad aspettarli e vedere a che ore tornavano. Se arrivavi tardi non giocavi. Pochi e solo i più grandi, Ronaldo il fenomeno e Muhammad Alì potevano reggere quel tipo di pressioni. Lui ha combattuto fino a una certa età e la malattia l’ha avuta per gli incontri finali, quando la mente e il fisico hanno dei limiti. E lo sport è qui per questo, li descrive. Per fortuna, altrimenti saremmo delle macchine e delle marionette. Detto ciò, queste olimpiadi sarà meglio scordarcele.
Lei vede una via d’uscita?
Non lo so, questa cosa della ginnasta mi pare un grande segnale. Come quando beccarono Ben Johnson nel 1988 pieno di droga come uno spacciatore di Secondigliano. Ma bastava poco, si vedeva palesemente. Credo che quella squalifica fu sana per lo sport, perché ci furono maggiori controlli. Un po’ come la morte di Pantani, il pensiero su quello che stiamo facendo. I soldi continueranno a essere fondamentali, non credo che domani tutto cambierà, però è successo qualcosa su cui dovremmo ragionare.