Fino al giugno del 2013 era una promessa del motociclismo in rosa, una delle pilotesse che dava sistematicamente paga ad una buona parte dei piloti maschi. Poi, in quel maledetto giorno di giugno, l’incidente che l’ha costretta prima a lottare per giorni tra la vita e la morte e, poi, a tornare alla vita su una sedia a rotelle. Roba che spezzerebbe l’anima di tutti, ma che non l’ha spezzata a Alessia che, con la solita grinta, ha scelto di affrontare il nuovo capitolo che il destino le aveva riservato con la stessa audacia e la stessa grinta di quando correva in moto. Dandosi da fare anche per sensibilizzare quanti non si rendono ancora conto di che cosa significhi vivere su una carrozzina. Comprese quelle istituzioni che dovrebbero aiutare e che, invece, a volte sono rappresentate da persone che non conoscono il buon senso.
Così, dopo l’ennesimo episodio di cui è stata protagonista suo malgrado nei giorni scorsi, Alessia Polita ha deciso di dare libero sfogo alla rabbia, raccontando di una multa presa nella sua Jesi (la città che è anche del CT della Nazionale, Roberto Mancini). Una multa che non è solo una multa, ma che rappresenta molto di più per chi ogni giorno si trova ad affrontare criticità di ogni tipo e, ancora di più, si trova a dover chiudere più di un occhio per non dare troppo peso alle ingiustizie con cui deve rapportarsi. Oggi sono andata in centro.
“Un disabile in carrozzina – scrive Alessia - è ben diverso da un disabile che deambula, trovare un parcheggio è peggio di cercare un ago in fondo all’oceano. C’è bisogno di spazio per l’apertura della portiera, devi controllare che quando apri la porta non ci sia una buca più grande di te, ecc. Oltretutto quei pochi parcheggi che ci sono, sono occupati da macchine con le quattro frecce o come sempre da gente che non ha il cartellino o se ha il cartellino è della nonna, dello zio, del cugino di secondo grado, della nuora. Ma se non li cogli sul fatto … tutto è concesso. Ogni volta, becco gente senza cartellino e non capisco perché i vigili non li beccano mai. Che poi un giorno che io ho segnalato ad un rappresentante delle forze dell’ordine una macchina che era parcheggiata senza cartellino, questo ha praticamente girato la testa sbattendosene. Oppure quando sono andata al supermercato e ho visto due signori che risalivano in macchina, ovviamente nel parcheggio disabili senza cartellino, li ho ripersi e mi hanno risposto: Tu non sai chi sono io! Io sono un finanziere”.
Esempi, solo alcuni, per spiegare la rabbia che si può provare davanti a reazioni così, ad una tale mancanza di buon senso, con la Polita che, poi, racconta quanto le accaduto nei giorni scorsi: “Come sempre mi reco verso il solito parcheggio, perché è l’unica zona meno pericolosa per scendere con la sedia senza rompermi l’osso del collo. Gli stalli erano tutti occupati e non avendo alternative ho messo l’auto dove non c’erano le righe e mi sono presa una bella multa. Ok mi sta bene, anche voi mi risponderete: le leggi sono uguali per tutti. D’accordo. Ma se vedi un cartellino disabili, ci vorrebbe un minimo di buon senso. Ok, non avete idea di cosa vuol dire stare in sedia, ma spero avrete un minimo di cervello per capire che se non blocco strade, se non mi metto sui marciapiedi se non ingombro strisce pedonali, se non mi metto in uno scivolo, si potrebbe chiudere un occhio, perché sono una persona in sedia con le sue difficoltà. Lo stesso occhio che devo chiudere io quando vado al cinema e mi mettono in un angolo sotto lo schermo perché non conto un cazzo. Lo stesso occhio che chiudo quando prenoto un biglietto al teatro e mi esiliano in ultima fila, a non vedere una minchia. Lo stesso occhio che chiudo quando vado in centro e, nonostante la bellissima e nuovissima pavimentazione, non entro ancora in metà dei negozi. E potrei mettermi qui a fare un elenco lungo un kilometro. Pensate. Chiudo anche gli occhi se devo andare in bagno e mi metto dietro un cespuglio perché nessun bar in centro è accessibile ad una persona in sedia. Non sono le 40 euro di multa, perché non mi cambiano la vita, ma quello che vorrei si capisse è che una persona in sedia non ha alternative di parcheggio: abbiamo una sedia con le complicazioni che ci portiamo dietro. Qui non è un discorso di pandemia che ha rincoglionito la gente. Il problema è che non c’è più buon senso e non c’è comprensione. La società certe volte ti fa sentire in colpa ad essere disabile. Vergogna!!”