Ha gli occhi che in iniettano fuoco, la mascella contrita, le labbra serrate, una luna stortissima che gli si conficca tra capo e collo. È veramente molto arrabbiato Marco Bezzecchi dopo il quarto posto di Motegi, anche se la sua ira non è diretta a nessuno in particolare. Non ce l’ha con il compagno di squadra Jorge Martín, che ieri nella Sprint ha battezzato male la prima staccata in partenza, carambolando su Marco. Lo spagnolo si è scusato all’istante e, fratturandosi la clavicola, ha avuto evidentemente la peggio. Non ce l’ha con la squadra - figurarsi - che ha lavorato sodo per ottenere il massimo da un weekend tribolatissimo (due scivolate al venerdì e il disastro del sabato, le cui conseguenze si sono riverberate in maniera inevitabile sulla giornata di oggi). Non ce l’ha con se stesso, perché tagliata la bandiera a scacchi si è accorto di essere sfinito, di non poter spremere oltremodo il proprio fisico, che ha cominciato a presentare il doloroso conto non appena l’adrenalina in circolo nelle vene è scemata.
Un mix di sensazioni negative che comprensibilmente - a caldo - hanno reso Marco impulsivo e suscettibile, con la rispostaccia pronta nel pallottoliere nel caso le domande ricevute dai giornalisti non fossero di suo gradimento. In maniera fulminea, prima di combinare sconvenienti frittate mediatiche, è venuta in soccorso la sua spiccata sensibilità: il Bez ha fatto un respirone, si è ricomposto, e da qualche parte ha trovato la pazienza per spiegare agli altri le origini del suo cattivo umore. Un compito antipatico, specialmente quando è il dolore fisico a trascinare il morale sotto gli stivali: “Allora - ha esordito - se non si era capito, sì, sono abbastanza acciaccato, perché ieri chiaramente è stata una brutta botta. La gamba destra è un macello, tra il ginocchio e la coscia mi fa molto male. Però ho anche la schiena, il collo e le mani che mi fanno male, perché sono atterrato — non ho neanche capito come ho fatto — ma sono atterrato tipo di schiena, ho fatto una mezza capriola all’indietro. Quindi diciamo che sono acciaccato un po’ in tutto il corpo, ma la parte peggiore è la gamba destra. Se sono anche arrabbiato? No, sono un po’ triste, perché secondo me si poteva fare un po’ di più questo weekend. Mi scoccia, come sapete non è che sia un grande fenomeno nel nascondere queste cose, però secondo me si poteva fare un po’ di più. È comunque un’ottima gara, considerato il tutto, però mi spiace. Questo non toglie il fatto che, secondo me, visto come sono andate le cose oggi, abbiamo fatto — ho fatto — il massimo. Anche i ragazzi hanno dato veramente il massimo. Anzi, ci tengo a ringraziarli per questo weekend; abbiamo avuto un sacco di danni e loro hanno lavorato veramente come dei matti. Li voglio ringraziare col cuore. Però comunque si poteva fare un po’ di meglio”.
Mentre Marco sbolle e ribolle, nella sua testa devono avvicendarsi un paio di domande fastidiose, sostanziali. La prima: che weekend darebbe stato senza l’incidente iellato nella Sprint? La seconda, più importante: perché sempre io? Non è la prima e neanche la seconda volta che il Bez, senza alcuna responsabilità, viene coinvolto in pericolosi incidenti alla prima curva, o in carambole generate da manovre imprudenti di alcuni suoi colleghi. Di certo c’è che il 72 in questi casi è sempre la vittima, e stavolta paga un conto sportivamente salato: si sta giocando la terza posizione in campionato contro Bagnaia e, nel weekend in cui l’amico dell’Academy rinasce, a lui sembra andare tutto storto. Se fosse stato in salute, visto il passo mostrato al venerdì, probabilmente sarebbe salito sul podio. Vedere scappare Joan Mir negli ultimi dieci giri per colpa di contingenze estranee al suo controllo (il dolore fisico innescato dalla cilindrata subita nelle Sprint), deve avergli fatto saltare i nervi.
