Loris Capirossi è il motomondiale fatto a persona da quando, da ragazzo prodigio, ha cominciato a vincere con l’Aprilia, portando a Noale due mondiali in 125 (1990 e 1991) e uno in 250 (1998). Correre gli piaceva da matti e probabilmente gli piace ancora, d’altronde ci ha sempre messo il cuore: con la prima Ducati Desmosedici, quella di Filippo Preziosi, ha rischiato di vincere un mondiale, poi le cose sono andate diversamente ma poco importa. Capirossi oggi guida le BMW M della Safety Commission e ha una storia che si intreccia con quella dei più grandi: Carlo Pernat che gli ha fatto da manager, Valentino Rossi che gli ha fatto da avversario, Marco Simoncelli che era come un nipote. E la cabina di commento, quando ha raccontato le gare con cuffie e microfono. In un’intervista di Suzy Perry per gli inglesi di BT Sport, Loris racconta di Valentino Rossi, a partire da quando l’ha conosciuto: “Il primissimo ricordo che ho di Valentino è del 1990, quando sono diventato campione del mondo e abbiamo fatto una festa a Cattolica, in un piccolo circuito per le minimoto. Lì ho visto questo ragazzino, avrà avuto 11 anni, mi ha detto ‘hey Capirossi, sei campione del mondo! Dammi il tuo casco, dammi i guanti!’ E questo è il mio primo ricordo di lui. L’ho visto guidare quel giorno, aveva una tartaruga sul casco ed era molto giovane ma già velocissimo”.
Quando gli vengono chieste le differenze tra Valentino e buona parte degli altri piloti, Capirossi non deve rifletterci molto: “Come piloti siamo tutti simili - spiega Loris - La grande differenza la fa la testa. Io ero molto più aggressivo rispetto a lui: o vinco, o cado. Del resto non mi è mai importato. Lui invece pensava molto, questa è la più grande differenza. Oltretutto Valentino ha sempre voluto avere il meglio per sé. Sempre. Non ha mai pensato agli altri. Io ho sempre preferito avere qualcosa di non così perfetto ma di vedere tutti contenti. E questa è la differenza tra un campione normale ed un fuoriclasse. Il fuoriclasse può controllare tutto”. Loris non è stato l’unico a raccontare questo lato del carattere di Valentino. Nello stesso speciale anche Casey Stoner lo ha definito “un killer, un tagliagole”. Ma la verità è che è lo stesso per tutti i vincitori seriali, da Marc Marquez a Mick Doohan.