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Luca Cadalora: “Con Loris Reggiani è stato odio vero. Valentino Rossi? Fantastico, ma sembrava un lavoro normale”

  • di Emanuele Pieroni Emanuele Pieroni

23 marzo 2023

Luca Cadalora: “Con Loris Reggiani è stato odio vero. Valentino Rossi? Fantastico, ma sembrava un lavoro normale”
Paolone Beltramo ha incontrato Luca Cadalora e la chiacchierata tra il “vecchio” giornalista (ma sarebbe meglio dire “giornalista vecchio stampo”) e l’ex campione del mondo della 125 e della 250 ha attraversato la storia delle corse in moto. Partendo dal “dopo Agostini” e arrivando a oggi, “che è tutto diverso e solo la passione è la stessa”

di Emanuele Pieroni Emanuele Pieroni

E’ un’intervista, ma suona un po’ come quelle storie che ti raccontava lo zio simpaticaccio e con la barba quando eri bambino. Uno zio simpaticaccio e con la barba che per tutti quelli che sono cresciuti a pane e corse di moto ha un nome e un cognome: Paolo Beltramo. Questa volta ha intervistato per Sky un altro “grande vecchio” del motomondiale: Luca Cadalora. Una chiacchierata trasformata in neretti e corsivi, come un’intervista, appunto, ma che ha quel tocco lì di due che possono permettersi di ripercorrere la storia, visto che in qualche modo ne hanno fatto parte e l’hanno pure un po’ scritta.

Figli, entrambi, di quel tempo delle corse in moto che somiglia un po’ a quello di adesso. Oggi a smettere è stato Valentino Rossi, all’epoca, invece, era stato Giacomo Agostini. “Io ho cominciato a correre negli Juniores nel 1981, cioè proprio quando Lucchinelli, Uncini, Ferrari vincevano, erano competitivi – ha raccontato Cadalora - Si giocavano il mondiale. Ero appassionatissimo, mi ricordo bene loro, Kenny Roberts, un po' prima Barry Sheene. Io allora avevo 16 anni e avevo già quella passione per le moto, seguivo anche per cercare di capire come si faceva. Mi ricordo che presi il treno per andare a vedere la '200 Miglia' di Imola, perchè c'era Roberts con quella Yamaha giallonera bellissima. Avevo i jeans con sopra scritto 'Kenny Roberts'. Scritto da me con la penna...".

Luca Cadalora Yamaha 500 1993

Storie di un motociclismo che è andato, ma che in qualche modo ha conservato la stessa identica passione. Perché, come dice Cadalora, non ci si può opporre al tempo che passa e non ha senso restare ancorati a modelli che oggi non possono più avere lo stesso valore. Anche se quelle rivalità di una volta, forse, mancano un po’. Perché erano feroci, ma allo stesso tempo sane, tanto che poi, appesi i caschi al chiodo, i rapporti sono tornati ottimi con tutti. “All'inizio della due e mezzo ricordo una bella schermaglia con Loris Reggiani, forse più da parte sua nei miei confronti. Allora non ci potevamo vedere, adesso però abbiamo capito che siamo molto simili in tante cose, anche nella nostra storia. C'era una competizione che ti portava ad avere delle emozioni importanti, accese. Se poi, come me, correvi soltanto per vincere. Pensa che io non ero contento neanche se vincevo, figurati quando arrivavo secondo, terzo o peggio. Adesso invece ci sentiamo spesso, anche qualche giorno fa abbiamo riso del fatto che entrambi non sappiamo più dove mettere i cimeli di tanti anni nelle corse”.

cadalora

Uno, Loris Reggiani, c’è poi rimasto per molti anni anche come commentatore in TV. L’altro, Luca Cadalora, lo ha fatto invece in altri ruoli, fino a tornare nel motomondiale anche a fianco di Valentino Rossi. “Con Vale è stato bellissimo – ha raccontato ancora Cadalora - Bellissimo. Sai, è un po' come quando vai in soffitta e trovi un cappotto dimenticato e quel cappotto ero io. Una bella avventura, nella quale ho cercato di dare il massimo, ma che mi ha anche dato moltissimo, sono stati tre anni intensi. Adesso lo fanno in tanti, ma noi l'abbiamo fatto a modo nostro ed è stata una cosa un po' inattesa. Ma c'è stata della sintonia, anche se prima non eravamo amici. Non era sicuro che funzionasse, invece mi è sembrato di tornare a correre, mi sentivo come se fossi in moto con lui. È stato intenso. Dopo tre anni ho smesso perchè era un impegno gravoso e stava diventando una cosa un po' ripetitiva e io sono così: quando una cosa diventa come un lavoro normale, non mi emoziona più e quindi ho smesso prima che diventasse un obbligo. E poi avevo le mie figlie che diventavano grandi e volevo essere a casa a fare il papà, accompagnandole nella loro crescita".

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